12 aprile 2018

Cassazione: disciplina del margine nella compravendita di veicoli usati

Autore: Giovambattista Palumbo
Qualora l'Amministrazione contesti che il cessionario abbia indebitamente fruito del regime del margine spetta a quest'ultimo dimostrare la sua buona fede e di aver comunque usato la diligenza massima esigibile da un operatore accorto, laddove, con riferimento alla compravendita di veicoli usati, il rispetto del grado di diligenza esige l'individuazione dei precedenti intestatari dei veicoli, nei limiti dei dati risultanti dalla carta di circolazione.

Il caso – La Corte di Cassazione, con l’Ordinanza n. 6301 del 14/03/2018, ha chiarito quali sono i presupposti per potere godere del regime del margine ai fini Iva.

Nel caso di specie, una società proponeva ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Veneto, che aveva respinto sia l'appello incidentale dalla medesima proposto che quello incidentale proposto dall'Agenzia delle Entrate avverso la sentenza di primo grado, che aveva respinto il ricorso per l'annullamento dell'avviso di accertamento emesso per omesso versamento Iva, per l'anno di imposta 2003, in relazione alla asserita indebita applicazione del cd. regime del margine.

Con il primo motivo la ricorrente denunciava quindi la violazione degli artt. 2697 c.c., 36 e ss., decreto legge 23 gennaio 1995, n. 41, conv. con modificazioni con la legge 22 marzo 1995, n. 85, e 22, par. 2, lett. b), e 26,- sta direttiva CE del 17 maggio 1977, n. 77/388/CE, per aver la sentenza impugnata ritenuto che fosse onere della società contribuente provare la sussistenza dei requisiti previsti per l'assolvimento dell'Iva secondo il regime del margine.
Onere che, peraltro, a detta della ricorrente, era stato anche assolto con la specifica annotazione nelle fatture ricevute dell'applicazione del regime del margine da parte del cedente.

Con un secondo motivo la ricorrente si doleva poi dell'insufficiente motivazione su un fatto controverso e decisivo del giudizio, individuato nella rilevanza attribuita all'esame dei libretti di circolazione dei veicoli ceduti, al fine di escludere l'applicabilità del regime del margine.

La decisione – Il ricorso, secondo la Suprema Corte, era infondato.

Evidenziano infatti i giudici di legittimità che la Corte territoriale, confermando, sul punto, la valutazione espressa dal giudice di primo grado, aveva correttamente escluso che ricorressero i presupposti per l'assolvimento dell'Iva secondo il regime del margine, in ragione del fatto che si trattava di operazioni relative ad acquisti di autoveicoli da società di leasing o di autonoleggio e che la società contribuente cessionaria avrebbe agevolmente potuto desumere tale circostanza dall'esame dei libretti di circolazione relativi ai veicoli in oggetto.

In proposito, osservava poi la Corte, l'art. 36 del D.L. n. 41 del 1995, prevede che per il commercio di beni mobili usati, suscettibili di reimpiego nello stato originario, o previa riparazione, ivi inclusi gli autoveicoli aventi determinate caratteristiche, l'Iva può essere assolta secondo il regime del margine, ossia assumendo quale base imponibile la differenza tra il prezzo dovuto dal cessionario del bene e quello relativo all'acquisto, aumentato delle spese di riparazione e di quelle accessorie, laddove però l'applicabilità di tale regime è subordinata al fatto che l'acquisto sia stato effettuato da un privato consumatore, oppure da soggetto che non ha potuto detrarre l'imposta, o che ha agito nel proprio Stato membro in regime di franchigia, o che ha a sua volta assoggettato la cessione al regime del margine.

I giudici evidenziano poi che, come di recente affermato dalle Sezioni Unite (sentenza del 12 settembre 2017, n. 21105), qualora l'Amministrazione contesti, in base ad elementi oggettivi e specifici, che il cessionario abbia indebitamente fruito del regime del margine, spetta a quest'ultimo dimostrare la sua buona fede, e cioè non solo di aver agito in assenza della consapevolezza di partecipare ad un'evasione fiscale, ma anche di aver usato la diligenza massima esigibile da un operatore accorto (secondo criteri di ragionevolezza e di proporzionalità rapportati al caso concreto), al fine di evitare di essere coinvolto in tali situazioni, in presenza di indizi idonei a farne insorgere il sospetto.

La citata pronuncia ha poi anche chiarito, con particolare riferimento alla compravendita di veicoli usati, che il rispetto del grado di diligenza richiesto al cessionario esige l'individuazione da parte di questi dei precedenti intestatari dei veicoli, nei limiti dei dati risultanti dalla carta di circolazione, eventualmente integrati da altri elementi di agevole e rapida reperibilità, al fine di accertare, sia pure solo in via presuntiva, se l'imposta sul valore aggiunto sia già stata assolta a monte da altri senza possibilità di detrazione.

Solo dunque in caso di esito positivo della verifica, il diritto di applicare il regime del margine deve essere riconosciuto, mentre nell'ipotesi inversa, in cui emerge che i precedenti proprietari svolgono tutti attività di rivendita, noleggio o leasing nel settore del mercato dei veicoli, opera la presunzione dell'avvenuto esercizio del diritto alla detrazione dell'imposta sul valore aggiunto, assolta a monte per l'acquisto dei veicoli, in quanto beni destinati ad essere impiegati nell'esercizio dell'attività propria dell'impresa, con conseguente negazione del trattamento fiscale più favorevole.

Conclusioni – Tali conclusioni sono coerenti anche con la giurisprudenza comunitaria, la quale, pur escludendo l'obbligo del cessionario di verificare sistematicamente, per ogni cessione, che il cedente abbia effettivamente applicato il regime del margine, non esclude che sia possibile negare l'applicazione del regime del margine qualora il soggetto passivo non abbia agito in buona fede, ovvero non abbia adottato tutte le misure che gli si possono ragionevolmente richiedere al fine di assicurarsi che l'operazione effettuata non lo coinvolga in un'evasione tributaria (cfr. Corte Giust., 18 maggio 2017, Litdana; Corte Giust., 6 settembre 2012, Mecsek-Gabona).

Spetta, poi, comunque, al giudice di merito valutare, in concreto, se la condotta del contribuente-cessionario sia stata complessivamente tale da rispondere alla diligenza massima ragionevolmente esigibile, in conformità al principio di proporzionalità, in rapporto alle circostanze della singola fattispecie.

Stesse conclusioni sono state infine raggiunte anche dalla Cassazione, con l’Ord. n. 6293 del 14/03/2018, che ha ribadito la necessità di interpretare restrittivamente la disciplina in tema di margine e l’insufficienza del riscontro dei soli requisiti oggettivi, laddove invece, erroneamente, la CTR aveva ritenuto illegittimo il recupero di imposta, in base al rilievo che unico adempimento cui era, a suo avviso, tenuto l'importatore era la verifica che trattavasi di autoveicoli immatricolati da almeno sei mesi e che avessero percorso almeno 6.000 km.
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