20 ottobre 2018

Il decreto dignità e la riforma dei giochi pubblici

Autore: Simone Carunchio
Con il c.d. Decreto Dignità, oltre ad alcune norme in merito all'applicazione del PREU (prelievo unico erariale) e al contrasto della ludopatia, ne sono state recate altre concernenti l'intero sistema dei giochi pubblici. Nell'art. 9, comma 6-bis, infatti, è stato previsto che entro il 14 gennaio 2019 il Governo presenti una proposta di riforma complessiva della materia dei giochi pubblici per assicurare l'eliminazione dei rischi connessi al disturbo del gioco d'azzardo e contrastare il gioco illegale e le frodi a danno dell'erario. La ratio di questa previsione è da ritrovarsi nella superfetazione normativa in proposito. Si indicano, infine, alcune criticità che andrebbero risolte con l'intervento governativo: quella del contrasto del sistema italiano con l'ordinamento comunitario e quella della natura giuridica del tributo PREU.

Il mondo del gioco d'azzardo 'legale' (e 'illegale') è crocevia di una pluralità di interessi: finanziari, di ordine pubblico e sanitari.
Di recente il legislatore è intervenuto su questo complesso sistema attraverso il capo III (artt. da 9 a 9-quinquies) del D. L. n. 87/2018 (L. n. 96/2018) (c.d. Decreto Dignità).

Le direttive principali (art. 9) di questo intervento concernono in primo luogo il divieto di pubblicizzare giochi e scommesse (su cui deve vigilare l'Autorità per le garanzie sulle comunicazioni, che vi provvede ai sensi della L. n. 689/1982) e in secondo luogo un aumento dei prelievi sugli stessi (in particolare attraverso una modifica del Prelievo Erariale Unico di cui al D. L. n. 269/2003 - L. n. 326/2003 -, art. 39).
È stato poi stabilito (art. 9-bis) che i tagliandi delle lotterie istantanee debbano contenere messaggi sui rischi del gioco d'azzardo, i quali devono essere regolamentati, in merito al contenuto, dal Ministero della salute. Medesime disposizioni devono essere applicate in ordine ad etichette da applicare sugli apparecchi da intrattenimento di cui all'articolo 110, comma 6, lettere a) e b), del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, di cui al R. D. n. 773/1931 - ossia su quei dispositivi che erogano vincite in denaro sulle quali deve essere applicato il PREU.
Inoltre è stato previsto (art. 9-ter) che il Ministero dell'economia e delle finanze debba, di concerto con il Ministero della salute, monitorare l'offerta dei giochi e renderne conto annualmente alle camere.

All'art. 9-quater è stata regolata la modalità di accesso agli 'apparecchi PREU', di modo che sia limitata la fruizione degli stessi a minori, stabilendo che essa potrà avvenire esclusivamente attraverso l'inserimento della tessera sanitaria.
In ultimo, con l'art. 9-quinquies è stato previsto che i Comuni possano rilasciare il logo "no slot" [chissà perché in inglese] agli esercenti che si impegnino a non istallare gli 'apparecchi PREU'. La relativa procedura deve essere disciplinata con decreto del Ministro dello sviluppo economico su proposta dell'Osservatorio per il contrasto della diffusione del gioco d'azzardo e il fenomeno della dipendenza grave, di cui art. 1, comma 133, quarto periodo, della L. n. 190/2014.

I cinque articoli appena menzionati mettono in chiaro che la materia è molto complessa (nel testo del decreto sono richiamate due autorità e menzionati tre diversi Ministeri) e che al centro delle politiche statali vi sono i c.d. apparecchi PREU, soprattutto in relazione al contrasto della ludopatia.
In ordine a quest'ultimo problema sociale le norme di riferimento sono recate dall'art. 7 del D. L. n. 158/2012 (L. n. 189/2012) e art. 1, commi da 937 a 940, della L. n. 208/2015 - il primo in ordine agli aspetti sanitari, il secondo sui divieti pubblicitari.
Con la L. n. 289/2002, art. 22, inoltre, sono state introdotte delle norme per il contrasto dell'uso illegale di apparecchi e congegni da divertimento e intrattenimento.

Orbene, è proprio in quest'ultima categoria che rientrano gli 'apparecchi PREU'.
Tale categoria è definita, in generale, nell'art. 110 del R. D. n. 773/1931 (TULPS - Testo Unico Leggi Pubblica Sicurezza), nel quale è stata stabilita la distinzione tra: apparecchi da gioco "d'azzardo" (comma 5), illeciti, e apparecchi "da trattenimento o da gioco di abilità" (commi 6 e 7), leciti. Tra questi ultimi rientrano quelli che erogano vincite in denaro (comma 6) e quelli che non erogano vincite in denaro (comma 7).
Gli 'apparecchi PREU' sono quelli previsti nel comma 6.
I produttori e gli importatori di dette apparecchiature devono richiedere il nulla osta per la loro distribuzione al Ministero dell'economia e delle finanze, ai sensi dell'art. 38 della L. n. 388/2000.
Senza entrare nel merito delle modalità applicative del Prelievo Erariale Unico, si richiama che esso è stato oggetto di una superfetazione normativa considerevole.

L'istituzione dello stesso risale al 2003, attraverso il D. L. n. 269 (L. n. 326/2003), art. 39, con il quale sono state modificate le seguenti norme: il già richiamato art. 22, L. n. 289/2002; il già menzionato art. 110 TULPS e, in ultimo, l'art. 14-bis del D. P. R. n. 640/1972 recante le norme sull'imposta sugli spettacoli (attualmente intrattenimenti) in ordine alla determinazione e al versamento dell'imposta.
L'inserimento di questo nuovo prelievo diede problemi di doppia imposizione con l'imposta sugli intrattenimenti e l'IVA. Rispetto a quest'ultima, ne fu sancita la modalità di esenzione dall'art. 1, comma 495, della L. n. 311/2004; mentre, in ordine alla prima imposta menzionata, l'Agenzia delle entrate, con la circolare n. 21/E/2005, ne sancì il non assoggettamento.
La liquidazione dell'imposta e la relativa riscossione fu poi stabilita attraverso l'art. 24 del D. L. n. 98/2011 (L. n. 111/2011).
In seguito, in ordine all'accertamento dello stesso, è stato previsto, attraverso l'art. 10 del D. L. n. 16/2012 (L. n. 44/2012), che esso fosse affidato all'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato (AAMS) (attualmente Agenzia delle dogane e dei monopoli), la quale avrebbe potuto avvalersi di concessionari.

Anche la prassi è di una mole considerevole. Si richiama: il D.M. 4 dicembre 2003 recante le regole di produzione e verifica degli apparecchi e congegni da divertimento ed intrattenimento di cui all'art. 110, comma 6, TULPS; la circolare AAMS n. 1/COA/DG/2004, sul nulla osta di distribuzione; i DD. MM. nn. 86, 515, 1074, 1118 del 2004 sulle modalità applicative del PREU, e, infine, il Decreto del Ministero dell'economia e delle finanze del 1° luglio 2010, prot. n. 22847, con il quale si è tentato di razionalizzare la materia.

In seguito, il legislatore è nuovamente intervenuto, sul PREU, sporadicamente, attraverso il D.L. n. 50/2017 (L. n. 96/2017), stabilendo un aumento delle relative aliquote e, per altro verso, statuendo una diminuzione degli apparecchi da divertimento presenti sul territorio.
Stante dunque l'importanza della materia, e la complessità del sistema normativo che si è venuta a creare, già nel 2014, con la legge delega n. 23, all'art. 14, comma 1, si era tentato di porre rimedio a questa superfetazione, attraverso la previsione di un riordino delle disposizioni vigenti in materia di giochi pubblici. La delega era in particolare finalizzata a "introdurre e garantire l'applicazione di regole trasparenti e uniformi nell'intero territorio nazionale in materia di titoli abilitativi all'esercizio dell'offerta di gioco, di autorizzazioni e di controlli, garantendo forme vincolanti di partecipazione dei Comuni competenti per territorio al procedimento di autorizzazione e di pianificazione, che tenga conto di parametri di distanza da luoghi sensibili validi per l'intero territorio nazionale, della dislocazione locale di sale da gioco e di punti di vendita in cui si esercita come attività principale l'offerta di scommesse su eventi sportivi e non sportivi, nonché in materia di installazione degli apparecchi idonei per il gioco lecito di cui all'art. 110, comma 6, lett. a) e b), del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, di cui al regio Decreto 18 giugno 1931, n. 773.

Ebbene, anche nel decreto dignità è stato previsto, all'art. 9, comma 6-bis, che "entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, il Governo propone una riforma complessiva in materia di giochi pubblici in modo da assicurare l'eliminazione dei rischi connessi al disturbo del gioco d'azzardo e contrastare il gioco illegale e le frodi a danno dell'erario, e comunque tale da garantire almeno l'invarianza delle corrispondenti entrate, ivi comprese le maggiori entrate derivanti dal comma 6 [il quale prevede l'aumento delle aliquote del PREU]".

Naturalmente una revisione del genere, che dovrebbe essere proposta entro il 14 gennaio del 2019, dovrebbe tener conto dell'ordinamento comunitario e dovrebbe tener da conto la leva fiscale, la quale può essere utilizzata sia per scopi finanziari sia per il perseguimento degli obiettivi di salute pubblica.

In ordine al primo aspetto occorre ricordare che nella raccomandazione della Commissione europea 2014/478/UE, in merito ai principi per la tutela dei consumatori e degli utenti dei servizi di gioco d'azzardo on line e per la prevenzione dell'accesso dei minori ai giochi d'azzardo on line, che può essere interpretata come una raccomandazione generale sul gioco, è indicato che l'obiettivo delle regolamentazioni del mercato è quello della salute dei consumatori e dei giocatori (cfr., rispetto all'Italia, CGE, sentenza Costa e Cifone, 16 feb. 2012, relativa alle cause C-72/10 e C-77/10). In Italia, invece, attualmente, la normativa è ripartita tra l'ordine pubblico e la salute. Ciò comporta anche una concorrenza tra competenze statali e regionali in base all'art. 117 Cost. (cfr. C. Cost. n. 300/2011 e n. 334/2006). Questi profili di criticità dovrebbero essere risolti.

Per quanto attiene al secondo aspetto (la leva fiscale), si ricorda che la Corte costituzionale, con sentenza n. 334/2006, ha riconosciuto al PREU natura di tributo (a seguito di diatribe in proposito), ma si richiama che non è ancora chiaro se il tributo in esame sia un’imposta sui consumi (ossia gravante sul giocatore) o un'imposta che grava sul concessionario. Ciò rende ancora incerta, tra l'altro, la tassazione in capo a quest'ultimo: il tributo deve essere contabilizzato a livello patrimoniale o in conto economico? Se il PREU fosse un'imposta sui consumi, sarebbe corretto il primo corno della domanda; se invece fosse un’imposta sul concessionario, sarebbe corretto il secondo.
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