25 giugno 2018

Il giudicato esterno non fa “stato" in un successivo o precedente processo

Quando le prove si riferiscono ad annualità diverse non si applica il giudicato

Autore: Giovambattista Palumbo
Il vincolo del giudicato esterno è operante nel caso in cui due giudizi tra le stesse parti si riferiscano al medesimo rapporto giuridico ed uno di essi costituisca la premessa logica indispensabile per la statuizione relativa all'altro. Nell'ipotesi di valutazione delle prove in ordine a diverse annualità non è però possibile applicare il giudicato, non potendo essere precluso ad ogni giudice il potere di valutare in modo autonomo e discrezionale le prove, offerte dalle parti, che, in periodi (e processi) temporalmente distinti, possono presupporre fatti differenti.

Il caso - La Corte di Cassazione, con l’Ordinanza n. 16241 del 20/06/2018, ha chiarito la disciplina e l’efficacia del giudicato esterno nel processo tributario.

Nel caso di specie, a seguito di una verifica della Guardia di Finanza e dell'Ispettorato del Lavoro, veniva emesso un avviso di accertamento nei confronti di una società, con il quale veniva rettificato ai fini Ilor ed Irpef, in relazione all'anno d'imposta 1992, il reddito imponibile, con conseguente maggior reddito di partecipazione in capo ai soci.

La società contribuente ed i soci proponevano distinti ricorsi dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale, che, previa riunione, li riteneva parzialmente fondati.

Avverso la suddetta decisione l'Ufficio proponeva appello, chiedendo la conferma integrale degli accertamenti, mentre la società contribuente proponeva appello incidentale, chiedendo, in via preliminare, che venisse dichiarata l’inammissibilità dell'appello principale, perché non notificato ai soci e contestando, nel merito, i rilievi non annullati dal giudice di primo grado.

La Commissione Tributaria Regionale accoglieva parzialmente l'appello dell'Ufficio e la sentenza veniva quindi, infine, impugnata con ricorso per cassazione dalla società, la quale ribadiva l’eccezione di nullità dell'atto di appello per omessa notificazione ai soci.
La Corte di Cassazione, rilevando che, in effetti, l'atto di appello non era stato notificato a tutti i contribuenti che avevano partecipato al giudizio di primo grado, cassava la sentenza, con rinvio dinanzi ad altra Sezione della Commissione Tributaria Regionale.
Riassunto il giudizio, la CTR respingeva l'appello dell'Ufficio ed accoglieva parzialmente l'appello incidentale della società, rideterminando i recuperi a tassazione dei costi non deducibili.

L'Agenzia delle Entrate proponeva ancora ricorso per Cassazione, denunciando violazione dell'art. 324 c.p.c.

L’Agenzia delle Entrate, premettendo che per l'anno di imposta 1993 la società contribuente aveva promosso autonomo giudizio avverso altro avviso di accertamento, fondato sui medesimi elementi posti a base dell'accertamento relativo all'anno di imposta in contestazione (1992), eccepiva che tra le parti era intervenuto un "giudicato" per effetto della sentenza della Cassazione che aveva respinto la impugnazione proposta dalla società, decidendo in senso sfavorevole alla contribuente, e confermando, nel merito, l'avviso di accertamento.

Nel sottolineare che con la richiamata sentenza era stato acclarato che gli elementi rilevati in sede di verifica erano idonei a giustificare il maggior reddito accertato a carico della società e che tale accertamento poggiava su elementi identici a quelli dedotti nel giudizio in esame, l’Amministrazione invocava pertanto l’efficacia del giudicato esterno, rilevabile nel giudizio di legittimità, anche d'ufficio.

La decisione - La censura, secondo la Suprema Corte, era infondata.

I giudici di legittimità evidenziano infatti che dall'esame della sentenza, di cui si invocava l’effetto di giudicato, emergeva che la Corte aveva ritenuto fondato l'accertamento induttivo operato dall'Ufficio, sulla base degli elementi fattuali ritenuti probatoriamente rilevanti dal giudice di appello, e della inidoneità della prova offerta dalla contribuente.

Il vincolo del giudicato esterno, ricorda la Corte, è ordinariamente operante nel caso in cui due giudizi tra le stesse parti si riferiscano al medesimo rapporto giuridico ed uno di essi costituisca la premessa logica indispensabile per la statuizione relativa all'altro, per cui la situazione già accertata nel precedente giudizio non può formare oggetto di valutazione diversa, ove permangano immutati gli elementi di fatto e di diritto preesistenti, mentre non può chiedersene l'ultrattività per una annualità diversa quando questa postula l'accertamento di ulteriori presupposti di fatto.

Nell'ipotesi di valutazione delle prove in ordine a diverse annualità non è peraltro possibile applicare il giudicato, non potendo essere precluso ad ogni giudice il potere di valutare in modo autonomo e discrezionale le prove, offerte dalle parti, che, in periodi (e processi) temporalmente distinti, possono presupporre fatti differenti.

Conclusioni - Il giudicato relativo ad un singolo periodo di imposta non è dunque idoneo a fare stato per i successivi o i precedenti in via generalizzata ed aspecifica. Simile efficacia va infatti riconosciuta solo a quelle situazioni relative a "qualificazioni giuridiche", o ad altri eventuali "elementi preliminari" rispetto ai quali possa dirsi sussistente un interesse protetto, avente carattere di durevolezza nel tempo, non estendendosi a tutti i punti che costituiscono antecedente logico della decisione ed in particolare alla valutazione delle prove ed alla ricostruzione dei fatti.

La valutazione di materiale probatorio inerente annualità diversa da quella oggetto di impugnazione, non è quindi in grado di "fare stato" in un successivo processo, dovendosi ribadire che la sentenza con la quale si accertano il contenuto e l'entità degli obblighi del contribuente per un determinato anno d'imposta fa stato, nei giudizi relativi ad imposte dello stesso tipo dovute per gli anni successivi e pendenti tra le stesse parti, solo per quanto attiene agli elementi costitutivi delle fattispecie, che, estendendosi ad una pluralità di periodi di imposta, assumano carattere tendenzialmente permanente.

Si sottolinea, infine, che, per quanto riguarda l'IVA, le controversie sono soggette a norme comunitarie imperative, la cui applicazione non può essere ostacolata neppure dal carattere vincolante del giudicato nazionale, previsto dall'art. 2909 c.c., e ancor meno dalla sua eventuale proiezione oltre il periodo di imposta che ne costituisce specifico oggetto, atteso che, secondo quanto stabilito dalla Corte di Giustizia, la certezza del diritto non può comunque tradursi in una violazione dell'effettività del diritto comunitario.
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