10 marzo 2025

Il licenziamento durante il periodo di prova: tra limiti e tutele

Autore: Angela Taverna
Il licenziamento durante il periodo di prova è un tema che spesso suscita fraintendimenti. Sebbene in teoria si tratti di un periodo in cui il datore di lavoro ha la facoltà di risolvere il contratto senza l’obbligo di fornire una motivazione specifica, ciò non implica l’esistenza di una “zona anarchica”. La giurisprudenza di legittimità ha chiarito che esistono precise circostanze in cui il licenziamento può risultare nullo o illecito, anche durante la fase di “prova” offrendo così una tutela al lavoratore.

Il patto di prova, che deve essere necessariamente formalizzato per iscritto, costituisce un elemento imprescindibile del contratto di lavoro subordinato. Esso stabilisce un periodo durante il quale le parti hanno la possibilità di verificare la reciproca convenienza alla prosecuzione del rapporto lavorativo. La mancanza di tale accordo scritto o la presenza di vizi nella sua formulazione può determinare la nullità del patto stesso. Come evidenziato da Francesco Rotondi, fondatore dello studio giuslavorista Lablaw, in presenza di vizi formali o di una funzionalità illegittima del patto, si possono verificare problematiche significative.

Contestualmente al diritto del datore di lavoro di licenziare durante il periodo di prova, vige il diritto per il lavoratore di impugnare tale licenziamento, qualora ritenga che esso sia stato ingiustificato o nullo. La Corte di Cassazione ha ribadito che il lavoratore può contestare la validità del licenziamento anche durante il periodo di prova, qualora esso violi le normative previste.

Il licenziamento durante il periodo di prova può risultare nullo in specifici casi, tra cui: l’assenza di un accordo scritto, l’intimazione durante una malattia o un infortunio del lavoratore, oppure quando è motivato da discriminazioni di qualsiasi tipo. Può essere considerato illecito anche se avviene per ritorsione, per l’esercizio di un diritto spettante al lavoratore, o se è basato su motivi falsi o inesistenti.

In conclusione, la giurisprudenza ha chiarito che, pur concedendo alla parte datoriale una certa discrezionalità, il licenziamento in questo periodo deve comunque rispettare i diritti fondamentali del lavoratore.

Anche il Collegato Lavoro ha provveduto a regolamentare il “patto di prova” e in maniera più specifica la durata dello stesso, stabilendo una distinzione tra contratti a termine di durata inferiore e superiore ai sei mesi. Nei contratti fino a sei mesi, il periodo di prova può variare tra due e quindici giorni, mentre nei contratti superiori ai sei mesi la durata massima è fissata a trenta giorni.
 © FISCAL FOCUS Informati S.r.l. – Riproduzione Riservata
Iscriviti alla newsletter
Fiscal Focus Today

Rimani aggiornato!

Iscriviti gratuitamente alla nostra newsletter, e ricevi quotidianamente le notizie che la redazione ha preparato per te.

Per favore, inserisci un indirizzo email valido
Per proseguire è necessario accettare la privacy policy