Intervenendo in tema di responsabilità da reato degli enti, la Corte di Cassazione (Sez. 2 pen.), con la
Sentenza n. 52470/18, ha affermato che è affetta da nullità insanabile la sentenza resa nel giudizio penale in cui la Società si è costituita mediante un difensore nominato dal proprio rappresentante legale, imputato del reato da cui dipende l'illecito amministrativo.
Il Decreto Legislativo 08/06/2001, n. 231, disciplina la responsabilità degli enti (persone giuridiche, Società e Associazioni anche prive di personalità giuridica) per gli illeciti amministrativi dipendenti da reato commessi nel suo
interesse o a suo vantaggio da:
- persone che rivestono funzioni di rappresentanza;
- persone che rivestono funzioni di amministrazione;
- persone che rivestono funzioni di direzione della Società o di sua unità organizzativa dotata di autonomia finanziaria e funzionale;
- persone che esercitano, anche di fatto, la gestione e il controllo dell'ente o di sua unità organizzativa autonoma;
- persone sottoposte alla direzione o alla vigilanza di uno dei soggetti di cui ai punti precedenti.
Pertanto, nel caso in cui vengano commessi determinati reati (cc.dd. reati presupposto) da parte di figure apicali o dipendenti, oltre alla condanna penale della persona fisica che ha commesso l’illecito, vi può essere anche la condanna amministrativa dell’ente cui il reo appartiene, con applicazione di una sanzione pecuniaria ed eventuali pene accessorie limitative o interdittive dell'attività, che possono arrivare anche alla confisca.
Nel caso sottoposto all’esame della Suprema Corte, una S.r.l. è stata condannata dal Giudice d’Appello al pagamento della sanzione pecuniaria di 250 quote azionarie, oppure alla sanzione di 60.000 euro, poiché riconosciuta responsabile dell'illecito amministrativo a lei ascritto in conseguenza del
reato commesso dal legale rappresentante.
La Società ha lamentato, con successo, la nullità assoluta della sentenza di secondo per violazione di legge e mancanza assoluta della motivazione in merito alla violazione del diritto di difesa.
Ha evidenziato, a tal proposito, di essere stata assistita nel giudizio di primo grado da un difensore di fiducia
invalidamente nominato dal legale rappresentante
imputato, e che soltanto nel processo di appello la costituzione era avvenuta con il ministero di difensore nominato dal
nuovo rappresentante legale
non imputato e, quindi, nel rispetto dell’articolo 39 del Decreto Legislativo 231/2001
1.
Da quanto sopra la ricorrente Società ha fatto discendere l’eccezione,
accolta dai Giudici di legittimità, di nullità del verdetto di responsabilità emesso a suo carico,
per violazione del diritto di difesa.
Nell’accogliere il ricorso, la Suprema Corte, in particolare, ha osservato che il rappresentante legale indagato o imputato del reato presupposto non può provvedere alla nomina del difensore dell'ente,
per il generale e assoluto divieto di rappresentanza posto dall’art. 39 del D.Lgs. n. 231 del 2001 (così Cass. pen. S.U. n. 33041/2015).
Il suddetto divieto di rappresentanza, secondo il Collegio di legittimità, è assoluto e non ammette deroghe,
in quanto funzionale ad assicurare la piena garanzia del diritto di difesa al soggetto collettivo, diritto che risulterebbe del tutto compromesso se l'ente partecipasse al procedimento attraverso la rappresentanza di un soggetto
portatore di interessi confliggenti da un punto di vista sostanziale e processuale (v. Cass. pen. Sez. 6, n. 41398/2009).
Per questa ragione – scrivono gli Ermellini -
«l'esistenza del "conflitto" è presunta iuris et de iure e la sua sussistenza non deve essere accertata in concreto, con l'ulteriore conseguenza che il divieto scatta in presenza della situazione contemplata dalla norma, cioè quando il rappresentante legale risulta essere imputato del reato da cui dipende l'illecito amministrativo, sicché il giudice deve solo accertare che ricorra tale presupposto. Se dunque, come affermato dalle Sezioni Unite nella pronunzia su richiamata, il rappresentante dell'ente che versi nella condizione descritta dal succitato art. 39, comma 1, ciò nonostante procedesse alla nomina del difensore di fiducia dell'ente indagato, si tratterebbe di un atto sospettato - per definizione legislativa - di essere produttivo di effetti potenzialmente dannosi sul piano delle scelte strategiche della difesa dell'ente che potrebbero trovarsi in rotta di collisione con divergenti strategie della difesa del legale rappresentante indagato. In altri termini, "il giudice investito dell'atto propulsivo della difesa così officiata non potrebbe esimersi dal sindacare tale condizione sotto il profilo della ammissibilità dell'atto". L'inosservanza del divieto di cui all'art. 39 d.lgs. cit. produce necessariamente conseguenze sul piano processuale, in quanto tutte le attività svolte dal rappresentante "incompatibile" all'interno del procedimento penale che riguarda l'ente devono essere considerate inefficaci» (v. Cass. pen. Sez. 6, n. 41398/2009 già cit., nonché Sez. 6 n. 35219/2017).
Ebbene, nel caso in esame di tali principi la Corte di merito non ha fatto buon governo.
Pertanto i Massimi Giudici hanno disposto
l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata,
nonché della sentenza di primo grado, con conseguente trasmissione degli atti al Tribunale di Salerno
per la celebrazione del nuovo giudizio poiché, a dispetto di quanto sostenuto dalla ricorrente, l'illecito amministrativo non è ancora estinto.
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1Decreto Legislativo 08/06/2001 n. 231
Disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica.
Art. 39. Rappresentanza dell'ente
In vigore dal 4 luglio 2001
«1. L'ente partecipa al procedimento penale con il proprio rappresentante legale, salvo che questi sia imputato del reato da cui dipende l'illecito amministrativo.
2. L'ente che intende partecipare al procedimento si costituisce depositando nella cancelleria dell'autorità giudiziaria procedente una dichiarazione contenente a pena di inammissibilità:
-
a) la denominazione dell'ente e le generalità del suo legale rappresentante;
-
b) il nome ed il cognome del difensore e l'indicazione della procura;
-
c) la sottoscrizione del difensore;
-
d) la dichiarazione o l'elezione di domicilio.
3. La procura, conferita nelle forme previste dall’art. 100, comma 1, del codice di procedura civile è depositata nella segreteria del pubblico ministero o nella cancelleria del giudice ovvero è presentata in udienza unitamente alla dichiarazione di cui al comma 2.
4. Quando non compare il legale rappresentante, l'ente costituito è rappresentato dal difensore».