19 settembre 2018

L’OMI da solo non basta

Autore: Gianfranco Antico
Con l’ordinanza n.14117 del 1° giugno 2018 la Corte di Cassazione ha confermato che i valori OMI “non costituiscono fonte tipica di prova ma strumento di ausilio ed indirizzo per l’esercizio della potestà di valutazione estimativa”, e quali nozioni di fatto che rientrano nella comune esperienza, utilizzabili dal giudice ai sensi dell’art. 115, comma 2, c.p.c., “idonee solamente a condurre ad indicazioni di valori di larga massima” (Sez. 6-5, n. 25707 del 21/12/2015).

Il caso di specie è approdato davanti alla Corte di Cassazione per effetto del ricorso proposto dal contribuente nei confronti della sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio, che aveva accolto l’appello dell’Agenzia delle Entrate contro la decisione della Commissione tributaria provinciale di Latina. Quest’ultima, a sua volta, aveva accolto l’impugnazione del contribuente avverso un avviso di accertamento imposta ipotecaria e di registro per l’anno 2009.

Per i massimi giudici, “l’obbligo di motivazione dell’avviso di accertamento di maggior valore deve ritenersi adempiuto mediante l’enunciazione del criterio astratto in base al quale è stato rilevato, con le specificazioni in concreto necessarie per consentire al contribuente l’esercizio del diritto di difesa e per delimitare l’ambito delle ragioni deducibili dall’Ufficio nell’eventuale successiva fase contenziosa, nella quale l’Amministrazione ha l’onere di provare l’effettiva sussistenza dei presupposti per l’applicazione del criterio prescelto, ed il contribuente la possibilità di contrapporre altri elementi sulla base del medesimo criterio o di altri parametri (Sez. 6-5, n. 11560 del 06/06/2016; Sez. 6-5, n. 11270 del 09/05/2017); che, nella specie, la CTR ha fatto un generico riferimento “ad immobili similari di prezzo noto” nonché ai valori OMI”.

In pratica, l’OMI ha valore presuntivo ed indiziario, non idoneo da solo a far reggere la rettifica ai fini dell’imposta di registro. Sono queste, sinteticamente, le conclusioni cui era già giunta la Corte di Cassazione con la sentenza n.21569 del 26 ottobre 2016. Secondo i massimi giudici, “le stime dell'OMI, meri valori presuntivi ed indiziari inidonei da soli a determinare un maggior valore non sono idonee a fondare il differente accertamento del valore effettuato dall'Ufficio e dovevano essere integrate da altri elementi probatori, per essere considerate ragionevolmente attendibili. Infatti questa Corte ha precisato al riguardo che (Sez. 6-5, Ordinanza n. 25707 del 21/12/2015) "Le quotazioni OMI, risultanti dal sito web dell'Agenzia delle Entrate, ove sono gratuitamente e liberamente consultabili, non costituiscono fonte tipica di prova ma strumento di ausilio ed indirizzo per l'esercizio della potestà di valutazione estimativa, sicché, quali nozioni di fatto che rientrano nella comune esperienza, utilizzabili dal giudice ai sensi dell'art. 115, comma 2, c.p.c., sono idonee solamente a "condurre ad indicazioni di valori di larga massima".

Ricordiamo che la stessa Amministrazione finanziaria, con la circolare n.16/2016, nell’invitare a prestare particolare attenzione alla fase della selezione degli atti da sottoporre a controllo, rilevava, tra i possibili criteri selettivi, l'importanza dello scostamento esistente tra il valore dichiarato nell'atto e i valori OMI, ricavabile tramite l'apposito applicativo che consente agli uffici di procedere autonomamente all'analisi e selezione degli atti da sottoporre a controllo, previa individuazione di una soglia di scostamento ritenuta critica. Tuttavia, gli estensori del documento citato, sottolineavano “ che le quotazioni OMI - pur costituendo un punto di riferimento importante perché derivanti da puntuali analisi del mercato immobiliare - rappresentano solo il dato iniziale ai fini dell'individuazione del valore venale in comune commercio, per cui dovranno essere necessariamente integrate anche dagli ulteriori elementi in possesso dell'ufficio o acquisiti tramite l'attività istruttoria” ( e quindi richiamano quanto previsto dall’art.51, del D.P.R.n.131/86). Per quanto riguarda le modalità istruttorie, viene sottolineata, anche per tale settore impositivo, pur non essendovi obbligo normativo, “l'inderogabile necessità di utilizzare l'istituto del contraddittorio con il contribuente prima dell'emissione dell'avviso di rettifica, quale efficace metodo per il rafforzamento della quantificazione della pretesa tributaria e la riduzione della conflittualità nel rapporto con il contribuente. Il confronto preventivo, infatti, costituisce la modalità istruttoria più valida, poiché consente al contribuente di fornire chiarimenti e documentazione utili a inquadrare in modo più realistico la fattispecie oggetto di stima e, nello stesso tempo, permette all'Amministrazione finanziaria di pervenire a valutazioni più trasparenti e sostenibili”.

Anche in ordine ai controlli sull'occultamento di corrispettivo, viene evidenziato che “la presenza di una notevole differenza percentuale tra il corrispettivo dichiarato per l'immobile trasferito e il valore OMI di riferimento può costituire solo un indizio di evasione. Pertanto, è necessario individuare ulteriori elementi a sostegno della pretesa, facendo ricorso anche ad altri strumenti istruttori, come le indagini finanziarie con le cautele sopra indicate” (vengono richiamate le istruzioni fornite con la circolare n. 6/E del 6 febbraio 2007).
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