30 luglio 2018

La valorizzazione dell’avviamento

Autore: Giovambattista Palumbo
L'avviamento consiste nella capacità di generare utili in funzione di elementi che caratterizzano l'azienda, identificando il maggior valore attribuito nel complesso dei fattori di cui l’azienda si compone. Nel determinare tale valore, l'Ufficio può prendere in considerazione la tempistica degli atti e gli investimenti, effettuati dal cedente per aumentarne l’appetibilità sul mercato, e quindi l’avviamento.

Il caso - La Commissione Tributaria Provinciale di Firenze, con la sentenza n. 651/1/18 del 18.07.2018, ha risolto un complesso contenzioso in tema di avviamento.

Nel caso di specie, una famosa società di moda ricorreva avverso l'avviso di liquidazione, emesso dalla Agenzia delle Entrate in materia di imposta di registro.

La contribuente aveva trasferito, con atto del 20 luglio 2015, ad altra società un ramo di azienda commerciale ad un prezzo di € 2.000.000,00 di cui € 72.000,00 per impianti macchinari, attrezzature e arredamenti ed € 1.928.000,00 a titolo di avviamento.

L'Ufficio, rilevato che nel 2013 lo stesso ramo di azienda era stato ceduto per la somma di € 3.000.000,00, di cui sempre 72.000 ,00 per attrezzature ed € 2.928.000,00 per avviamento, richiedeva documentazione alle parti.

A seguito dell'esame della stessa, non emergeva però un valido motivo per la minor valutazione dell'avviamento, per cui l'Ufficio emetteva l'avviso di liquidazione, ritenendo congruo il valore di avviamento già dichiarato nel 2013.

La società, nell’impugnare l’accertamento davanti alla Commissione Tributaria Provinciale, eccepiva, tra le altre, che aveva acquistato in origine il ramo di azienda, senza però mai svolgere, a causa di diversi orientamenti e strategie commerciali, alcuna attività, con la conseguenza che il valore di avviamento non poteva che essere quello dichiarato.

L'Agenzia delle Entrate, costituitasi in giudizio, sottolineava però che nell'accertamento erano indicati tutti gli elementi di fatto e di diritto che avevano portato all’emissione dello stesso, evidenziando anche che, per l'imposta di registro, non viene dettato alcun metodo obbligatorio di valutazione del bene ceduto, ed in particolare dell'avviamento, dovendo la registrazione dell'atto avvenire sulla base dell'effettivo valore di mercato, prescindendo quindi da elementi di tipo soggettivo, come appunto l’inattività eccepita dalla parte, che rispondeva solo ad una scelta aziendale e non era dovuta a motivi di mercato, che ne diminuissero la potenzialità reddituale.

Peraltro, rilevava ancora l’Amministrazione finanziaria, oltre al prezzo pagato, erano stati investiti ulteriori notevoli capitali (fino ad € 3.500.000,00), il che dimostra la sicura potenzialità reddituale del bene ceduto.

Infine, altro elemento da prendere in considerazione era anche il fatto che il medesimo ramo di azienda era stato poi rivenduto, subito dopo la stipula del contratto, ad altra importante società del settore della moda, al valore di € 2.900.000,00, con un incremento di avviamento di € 900.000 in soli 17 giorni.

La decisione - La CTP riteneva il ricorso infondato.

Evidenziano infatti i giudici di merito che l'avviamento consiste nella capacità di generare utili in funzione di elementi che caratterizzano la soggettività e la individualità dell'azienda, identificando il maggior valore attribuito alla stessa nel suo complesso e derivante da un insieme di fattori oggettivi, quali la posizione, o soggettivi, come la qualità dell'imprenditore.

Tali elementi, secondo i giudici, erano inequivocabilmente riscontrabili nel caso in esame, anche considerato che il ramo di azienda era ubicato in una via centralissima di Firenze e conteso da firme di prestigio.

L'attività dell'Ufficio si era peraltro basata su un preciso procedimento logico, che aveva preso in considerazione la tempistica degli atti posti in essere e i notevoli investimenti effettuati, che, infatti, come ammesso anche dalla ricorrente, avevano “portato al maggior interesse da parte dell'acquirente”.

Dopo i rilevanti investimenti adottati per aumentare l’appetibilità del ramo di azienda, la tesi per cui il valore venale dello stesso ramo doveva considerarsi inferiore a quello dichiarato nel 2013 appariva, dunque, illogica e contraddittoria.

Né, infine, era sostenibile che la diminuzione del valore di avviamento fosse dovuta alla inattività dell’azienda, dato che questa non era stata causata da fattori di mercato o esterni alla volontà dell’azienda stessa, bensì da specifiche e precise scelte gestionali per effettuare investimenti volti ad aumentarne l’appetibilità sul mercato, cioè la capacita di generare reddito, e quindi il suo avviamento.

Anzi, conclude la CTP, “alla luce dei fatti la valutazione effettuata dall'Ufficio appare alquanto contenuta”.

Conclusioni – Ai sensi dell’art. 51 D.P.R. 26 aprile 1986 n. 131, il valore dell'azienda deve essere «quello venale di comune commercio».

Nell’ambito dei giudizi instaurati avverso avvisi di rettifica, relativi alla maggiore imposta di registro accertata sul valore di avviamento di un’azienda oggetto di cessione, viene spesso imputata agli Uffici dell’Amministrazione la “colpa” di non adottare criteri idonei ad una sua oggettiva valorizzazione.

In tal caso, però, viene lasciata piena libertà agli Uffici nell’adottare i criteri più idonei alla rappresentazione del veritiero valore di avviamento (sempre comunque soggetti al vaglio di ragionevolezza delle Commissioni Tributarie), laddove, peraltro, l’avviamento non deve corrispondere alla redditività effettiva, ma alla redditività attesa dell’azienda.

Il concetto di avviamento è dunque un concetto oggettivo, legato alle caratteristiche dell’azienda ceduta e non legato invece a eventuali giustificazioni soggettive del cedente.

Non esiste, del resto, una precisa disposizione normativa che fornisca criteri oggettivi per un’esatta quantificazione del valore di avviamento.

Ciò in quanto la valutazione dell’avviamento, che prevede un’analisi approfondita del sistema interno ed esterno in cui s’incardina la realtà aziendale, difficilmente potrebbe essere dal legislatore aprioristicamente definita con criteri immutabili.

Una volta, però, che l’Agenzia giustifichi il metodo di valorizzazione adottato in base a ragionamenti logici ed oggettivi, spetterà al contribuente addurre, altrettanto logici ed oggettivi elementi contrari.
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