11 ottobre 2018

Le dichiarazioni alla G.d.F. smascherano il finto condominio

Autore: Paola Mauro
Fermo restando il divieto di prova testimoniale, l'Amministrazione finanziaria ha il potere di introdurre nel processo tributario le dichiarazioni rese da terzi in sede extraprocessuale, che sono utilizzabili quali elementi di prova dei fatti costitutivi della pretesa impositiva.
È il principio affermato dalla Corte di Cassazione (Sez. 5) con l’ordinanza n. 22349/2018.

Il giudizio nasce dall’impugnazione di un avviso di accertamento con cui sono stati recuperati a tassazione redditi d'impresa non dichiarati derivanti da prestazione di servizi, per conto terzi, consistente nella gestione di beni immobili, dissimulata dalla gestione di un "normale" condominio.

L’Ufficio ha qualificato il condominio come Consorzio (tra i proprietari degli immobili) che, quale ente esercente attività d'impresa, è soggetto passivo d'imposta.

L’atto impositivo è scaturito da una verifica della Guardia di finanza ed è stato annullato dalla Commissione Tributaria Regionale della Calabria, che ha ritenuto inammissibili, nel processo tributario, le "testimonianze" assunte dai militari nella fase amministrativa.
La C.T.R. ha escluso che il condominio svolgesse attività d'impresa o commerciale e ha qualificato i versamenti dei condomini come meri contributi alle spese di gestione, ripartite in base alle tabelle millesimali.

Il Collegio regionale ha pure rimarcato che eventuali abusi, irregolarità ed evasioni fiscali dovessero essere ascritti alla persona fisica che amministrava.

Ebbene, l’Agenzia delle Entrate si è rivolta ai giudici di legittimità e ha lamentato la violazione dell'articolo 7, comma 4, del D.Lgs. n. 546/1992, in quanto la norma stabilisce che, nel giudizio tributario, non è ammessa la prova testimoniale, il che non comporta, però, l'inutilizzabilità delle dichiarazioni rese da terzi nel corso della fase amministrativa. Nel caso di specie, quindi, secondo la difesa erariale, l’espunzione di tali dichiarazioni non avrebbe consentito al Giudice regionale la corretta valutazione dei fatti costitutivi della pretesa tributaria.

Per la Suprema Corte il motivo di ricorso è fondato.

Gli Ermellini hanno affermato che la C.T.R. calabrese, nel negare ingresso alle dichiarazioni rese da terzi in fase amministrativa, ha contra legem disatteso il costante e condivisibile indirizzo giurisprudenziale, in virtù del quale:
  • «Nel processo tributario, il divieto di prova testimoniale posto dall'art. 7 del d.lgs. n. 546 del 1992 si riferisce alla prova testimoniale da assumere con le garanzie del contraddittorio e non implica, pertanto, l'impossibilità di utilizzare, ai fini della decisione, le dichiarazioni che gli organi dell'amministrazione finanziaria sono autorizzati a richiedere anche ai privati nella fase amministrativa di accertamento e che, proprio perché assunte in sede extraprocessuale, rilevano quali elementi indiziari che possono concorrere a formare, unitamente ad altri elementi, il convincimento del giudice» (Cass. trib. n. 9080/2017).

Nella specie, osservano i Massimi giudici, la verifica, da parte del Giudice di merito, della riconducibilità o meno dell'attività del condominio all'esercizio di un’impresa, con le relative ricadute sul piano dell'imposizione tributaria, diversamente da quanto affermato dalla sentenza impugnata, «non poteva prescindere dall'apprezzamento della rilevanza indiziaria delle dichiarazioni rese, nella fase amministrativa, dai privati agli organi accertatori».

Pertanto la sentenza impugnata è stata cassata, con rinvio alla C.T.R. della Calabria, in diversa composizione, per il nuovo esame della vicenda, nel rispetto del principio di diritto sopra enunciato.
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