14 marzo 2018

Le presunzioni legittimano le misure cautelari

Autore: Giovambattista Palumbo
Le presunzioni tributarie possono, di per sé, sorreggere il fumus in fase cautelare, laddove, in tema di violazioni finanziarie, l'istituto dell'abuso del diritto, che esclude ormai la rilevanza penale delle condotte ad esso riconducibili, ha applicazione solo residuale rispetto alle disposizioni concernenti comportamenti simulatori.

Il caso - La Corte di Cassazione, Sezione Penale, con la sentenza n. 8047 del 20/02/2018, ha affermato princìpi che meritano di essere evidenziati.
Nel caso di specie, il Tribunale di Sassari, in funzione di giudice del riesame, rigettava l'istanza presentata nell'interesse degli indagati, confermando il decreto di sequestro preventivo emesso dal GIP.

Gli indagati erano sottoposti ad indagini preliminari per il reato di dichiarazione infedele ex art. 4, D.lgs. n. 74 del 2000, in particolare per aver omesso di dichiarare operazioni imponibili a fini IRES per un totale di Euro 1.526.039,00, a cui corrispondeva una maggiore imposta accertata di Euro 419.661,00, corrispondente al profitto conseguito.

Il GIP disponeva il sequestro per equivalente, per un valore corrispondente a tale profitto.

I predetti indagati proponevano infine ricorso per cassazione, deducendo inosservanza o erronea applicazione dell'art. 4, D.lgs. n. 74 del 2000, in particolare deducendo l'inutilizzabilità in sede penale degli accertamenti induttivi compiuti in sede tributaria in assenza di riscontri.

I ricorrenti sostenevano infatti che i giudici avevano erroneamente ritenuto configurabile il fumus del delitto ipotizzato sulla base della presunzione tributaria di indeducibilità degli oneri finanziari relativi all'operazione oggetto di contestazione, laddove, secondo i giudici del riesame, la realizzazione di una minusvalenza detraibile, tale da abbattere una plusvalenza realizzata nello stesso anno d'imposta e con valori pressoché simili, era stata posta a fini elusivi.
Tale conclusione, però, secondo i ricorrenti, si poneva in contrasto con la giurisprudenza della Suprema Corte, in base alla quale sarebbe esclusa la valenza probatoria delle presunzioni legali in sede penale, rivestendo le stesse natura solo indiziaria.

La decisione - Secondo la Suprema Corte il ricorso era infondato.
Rileva infatti il Collegio che le censure dei ricorrenti prospettavano in realtà una critica risolventesi nel mero dissenso rispetto alla valutazione di merito operata dal giudice cautelare, inammissibile in sede di legittimità, laddove, tra le doglianze proponibili quali mezzi di ricorso, ai sensi dell'art. 606 c.p.p., non rientrano quelle relative alla valutazione delle prove, salvo il controllo estrinseco della congruità e logicità della motivazione.

Ma restano comunque escluse da tale controllo sia l'interpretazione e la consistenza degli indizi e delle prove, sia le eventuali incongruenze logiche che non siano manifeste.
I giudici di legittimità evidenziano, del resto, che le presunzioni tributarie possono in ogni caso, di per sé, sorreggere il fumus in fase cautelare.
E dunque i giudici avevano legittimamente ritenuto provato, ai limitati effetti cautelari, il fumus dell'art. 4, D.lgs. n. 74 del 2000.

La simulazione è evasione e non abuso - Infine, “per completezza”, il Collegio aggiunge che non si verteva, nel caso di specie, nell'ambito del c.d. abuso del diritto o elusione fiscale penalmente irrilevante, ex art. 10 bis, Statuto del Contribuente, atteso che, come già affermato dalla Corte, in tema di violazioni finanziarie, l'istituto dell'abuso del diritto di cui all'art. 10-bis l. 27 luglio 2000, n. 212, che, per effetto della modifica introdotta dall'art. 1 del D.lgs. 5 agosto 2015, n. 128, esclude ormai la rilevanza penale delle condotte ad esso riconducibili, ha applicazione solo residuale rispetto alle disposizioni concernenti comportamenti fraudolenti o simulatori, come appunto anche nel caso in esame.

La cessione da parte della società amministrata dagli indagati della quota di partecipazione "dissimulava", infatti, una cessione immobiliare. E proprio tale comportamento escludeva la possibile inquadrabilità dell'operazione nella nozione di abuso del diritto - elusione fiscale, privo di rilevanza penale.
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