4 maggio 2018

Natura ed immanenza del principio del contraddittorio preventivo

Autore: Giovambattista Palumbo
L'attivazione del contraddittorio costituisce un principio fondamentale immanente nell'ordinamento, operante anche in difetto di una espressa e specifica previsione normativa, a pena di nullità dell'atto finale del procedimento, senza alcuna differenza tra tributi armonizzati e tributi non armonizzati.

Il caso – La CTP di Firenze, con la sentenza n. 322/2/18 del 06.04.2018, ha affermato rilevanti principi in tema di contraddittorio preventivo.

Nella specie, la contribuente proponeva ricorso avverso l’avviso di accertamento, ai fini Irpef ed Iva, eccependo violazione dell'art. 12 della L. 212/2000, essendo l'atto impugnato stato emanato prima del decorso di sessanta giorni dalla consegna dei documenti richiesti dall'Ufficio, con violazione del diritto del contribuente al contraddittorio.

La decisione – La CTP accoglieva il ricorso sull’eccezione pregiudiziale relativa alla mancata instaurazione del preventivo contraddittorio, che, a suo avviso, rendeva nullo l'avviso di accertamento.

Precisano infatti i giudici di primo grado che “costituisce principio fondamentale della nostra civiltà giuridica la regola per cui il soggetto destinatario di un provvedimento autoritativo, produttivo di effetti sfavorevoli nella sua sfera giuridica, deve avere il diritto di manifestare, prima dell'emissione del provvedimento stesso, le proprie ragioni dopo aver preso visione di tutti i dati contro di lui raccolti. Per cui attraverso il contraddittorio viene data pratica attuazione sia al diritto di difesa dell'interessato garantito dall'art. 24 della Costituzione, sia ai principi di imparzialità e buon andamento della Pubblica Amministrazione di cui all'art. 97 della Costituzione, nonché, non da ultimo, dell'art. 10 L. 212/2000 che pur essendo norma ordinaria, risulta di rango costituzionale”.

La CTP richiama poi anche i precedenti della Corte di Giustizia Europea e l'art. 41 della Carta dei diritti Fondamentali dell'Unione Europea, dove si prevede che il diritto ad una buona amministrazione comprende il diritto di ogni individuo di essere ascoltato prima che nei suoi confronti venga adottato un provvedimento individuale che gli rechi pregiudizio.

Il principio del contraddittorio, pertanto, secondo la CTP, “deve trovare applicazione non solo nei casi in cui esso non sia espressamente previsto dalla legge, ma anche nei casi in cui la legge lo escluda, dovendo, in tale ipotesi, il giudice disapplicare la legge, in quanto contrastante con il diritto comunitario, al quale la legge dello Stato deve conformarsi ex art. 117 Costituzione, nonché con i principi enunciati negli artt. 24 e 97 della Costituzione, e ciò senza l'obbligo di richiedere l'intervento della Corte Costituzionale”.

I giudici di merito evidenziano infine anche che il contraddittorio deve essere esercitato effettivamente, non essendo sufficiente il semplice invio di questionari e/o verbali di constatazione.

In conclusione, afferma la CTP, l'attivazione del contraddittorio costituisce un principio fondamentale immanente nell'ordinamento, operante anche in difetto di una espressa e specifica previsione normativa, a pena di nullità dell'atto finale del procedimento, “senza alcuna differenza tra tributi armonizzati e tributi non armonizzati”.

Conclusioni – Anche la Corte di Cassazione ha, in passato, fatto rilevare che il diritto al preventivo contraddittorio è un principio fondamentale del diritto comunitario, che deve ritenersi applicabile anche alle fattispecie interne che non riguardino, specificamente, materie di origine comunitaria.

I giudici di legittimità (sentenza 21 settembre 2006, n. 21221 e 21 aprile 2008. n. 10257, entrambe in materia di imposizione diretta), hanno, infatti, stabilito che, pur non esistendo una corrispondente enunciazione nelle fonti normative nazionali, la sua applicazione s'impone per essere la stessa di formazione comunitaria. Con la conseguenza che la stessa opererebbe anche al di fuori dei tributi ''armonizzati" o "comunitari' quali l’IVA, le accise e i diritti doganali.

Le Sezioni Unite della Corte hanno però poi smentito tale linea (almeno per i casi di verifiche a tavolino, senza accesso presso la sede del contribuente), affermando (Cass. 24823/2015, seguita poi da numerose pronunce conformi: per tutte Corte di Cassazione, Ordinanza n. 17160 del 17.08.2016) il seguente principio di diritto: “Differentemente dal diritto dell'Unione europea, il diritto nazionale, allo stato della legislazione, non pone in capo all'Amministrazione fiscale che si accinga ad adottare un provvedimento lesivo dei diritti del contribuente, in assenza di specifica prescrizione, un generalizzato obbligo di contraddittorio endoprocedimentale, comportante, in caso di violazione, l'invalidità dell'atto. Ne consegue che, in tema di tributi "non armonizzati", l’obbligo dell'Amministrazione di attivare il contraddittorio endoprocedimentale, pena l'invalidità dell'atto, sussiste esclusivamente in relazione alle ipotesi, per le quali siffatto obbligo risulti specificamente sancito; mentre in tema di tributi armonizzati, avendo luogo la diretta applicazione del diritto dell'Unione, la violazione dell'obbligo del contraddittorio endoprocedimentale da parte dell'Amministrazione comporta in ogni caso, anche in campo tributario, l'invalidità dell'atto, purché, in giudizio, il contribuente assolva l'onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere, qualora il contraddittorio fosse stato tempestivamente attivato, e che l'opposizione di dette ragioni (valutate con riferimento al momento del mancato contraddittorio), si riveli non puramente pretestuosa e tale da configurare, in relazione al canone generale di correttezza e buona fede ed al principio di lealtà processuale, sviamento dello strumento difensivo rispetto alla finalità di corretta tutela dell'interesse sostanziale, per le quali è stato predisposto".

Nonostante l’intervento delle sezioni Unite, tuttavia, la questione è ancora controversa.
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