13 settembre 2018

Pretese del Fisco e termini di decadenza: il punto giurisprudenziale

Autore: Mattia Gigliotti
I crediti vantati dal fisco e dagli altri enti impositori (Inps, Inail, Comuni, Regioni, ecc.) risultanti dalla cartelle esattoriali si prescrivono nel più breve termine di 5 anni (e non 10 anni). In altre parole, in caso di silenzio da parte dell’Amministrazione finanziaria o altri impositori, i crediti (e, quindi, i debiti erariali del contribuente) risultano cancellati. E’ questo uno degli argomenti centrali della giurisprudenza degli ultimi periodi.

Le sezioni unite – In tal senso si era espressa la Corte di Cassazione a Sezioni Unite n. 23397/2016. I giudici di corte in tal caso hanno solo ammesso l’eccezione del caso in cui l’esistenza del credito sia stata accertata a mezzo di decreto ingiuntivo o di sentenza passata in giudicato. In particolare i giudici hanno affermato che “l'atto con cui inizia il procedimento di riscossione forzata, qualunque sia il credito cui si riferisce - quindi, sia che attenga al pagamento di tributi oppure di contributi previdenziali, sia che si riferisca a sanzioni pecuniarie per violazioni tributarie o amministrative e così via - pur avendo natura di atto amministrativo con le caratteristiche del titolo esecutivo (come accade per la cartella de qua), tuttavia è privo di attitudine ad acquistare efficacia di giudicato perché espressione del potere di autoaccertamento e di autotutela della P.A. Pertanto, l'inutile decorso del termine perentorio per proporre l'opposizione, pur determinando la decadenza dell'impugnazione, non produce effetti di ordine processuale, ma solo l'effetto sostanziale dell'irretrattabilità del credito (qualunque ne sia la fonte, di diritto pubblico o privato), con la conseguente inapplicabilità dell'art. 2953 c.c....il diritto alla riscossione delle sanzioni amministrative pecuniarie previste per la violazione di norme tributarie, derivante da sentenza passata in giudicato si prescrive entro il termine di dieci anni, per diretta applicazione dell'art. 2953 c.c., che disciplina specificatamente ed in via generale la cosiddetta actio judicati, mentre se la definitività della sanzione non deriva da un provvedimento giurisdizionale irrevocabile vale il termine di prescrizione di cinque anni, previsto dal D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, art. 20, atteso che il termine di prescrizione entro il quale deve essere fatta valere l'obbligazione tributaria principale e quella accessoria relativa alle sanzioni non può che essere di tipo unitario".

Le conferme della giurisprudenza - In conformità alla citata sentenza si sono espressi anche i giudici della CTR del Lazio con la sentenza n. 1050/17 e della CTR di Avellino (sentenza n. 267/17) in considerazione anche del fatto che l'obbligo posto a carico del concessionario della riscossione di conservare copia delle cartelle esattoriali trasmesse ai contribuenti si riferisca al solo periodo di 5 anni, confermando e sostenendo, quindi, l'applicazione, per i crediti tributari, del termine prescrizionale indicato dall'art. 2948 n. 4 c.c. anziché di quello decennale.

Ancora più recente è stata la sentenza n. 1883 del 23/04/2018 della CTR Lombardia, in cui i giudici uniformandosi ai predetti dettati giurisprudenziali hanno concluso ritenendo che ciascun tributo è dotato di un proprio termine prescrizionale che deve essere rispettato e l'art. 2953 c.c. si applica solo in presenza di titolo giudiziale divenuto definitivo e che nel caso di tributi erariali il termine è da ritenersi quinquennale e non decennale.
 © Informati S.r.l. – Riproduzione Riservata
Iscriviti alla newsletter
Fiscal Focus Today

Rimani aggiornato!

Iscriviti gratuitamente alla nostra newsletter, e ricevi quotidianamente le notizie che la redazione ha preparato per te.

Per favore, inserisci un indirizzo email valido
Per proseguire è necessario accettare la privacy policy