11 luglio 2018

Produzione documenti in appello ammessa fino a 20 giorni prima della data del ricorso

Autore: Pietro Mosella
Nel processo tributario d’appello le parti possono produrre qualsiasi documento, pur se già loro disponibile nel grado anteriore, purché siano depositati sino a venti giorni liberi prima della data di trattazione del ricorso. Tale principio è stato ribadito dalla Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 17164 depositata il 28 giugno 2018.

Premessa - Preliminarmente è opportuno ricordare che l’articolo 58 del D. Lgs. n. 546/1992, prevede che «il giudice d'appello non può disporre nuove prove, salvo che non le ritenga necessarie ai fini della decisione o che la parte dimostri di non averle potute fornire nel precedente grado di giudizio per causa ad essa non imputabile».
Inoltre, il comma 2 di detto articolo, dispone che «è fatta salva la facoltà delle parti di produrre nuovi documenti».

Il caso – Con sentenza della CTR era stato disposto il “parziale accoglimento dell’appello” dell’Agenzia delle Entrate avverso la sentenza della CTP avente ad oggetto l’impugnazione di avviso di accertamento con cui veniva recuperata una maggiore imposta ai fini Irpef, accertato maggior imponibile ai fini Iva e maggiore Irap, oltre ad addizionale comunale e regionale per l’anno d’imposta 2003.

Nello specifico, l’accertamento traeva origine da processo verbale di constatazione, con cui la Gdf contestava l’omessa dichiarazione di componenti positive di reddito e l’indebita deduzione di componenti negative e veniva impugnato davanti alla CTP.

Principalmente, però, il contribuente, “si doleva della non conoscenza della documentazione, inclusi i questionari ed i processi verbali delle operazioni compiute dai militari, posta a base dell’avviso impugnato”. Il ricorso era stato accolto.

Avverso la sentenza di primo grado, quindi, veniva proposto appello e, l’Agenzia delle Entrate, produceva documentazione integrativa, ex articolo 58, comma 2, del D. Lgs. n. 546/1992, dichiarata inammissibile perché comportante “ulteriori esami e valutazioni” e in violazione del contraddittorio.

L’appello veniva parzialmente accolto dalla CTR con riguardo all’omessa annotazione nel registro Iva vendite di n. 22 fatture attive emesse nei mesi di aprile-maggio 2003, e per la mancata tenuta del registro acquisti e vendite, ex articolo 38 del D.L. n. 41/1995.
Avverso tale sentenza, l’Agenzia delle Entrate, ha proposto ricorso per Cassazione. Il contribuente ha proposto controricorso depositando memoria.

Il motivo di ricorso – L’Agenzia delle Entrate ha affidato il proprio ricorso ad un unico motivo, con il quale si censura, ai fini dell’articolo 360, comma 1, n. 4, c.p.c., la nullità della sentenza e del procedimento per violazione e falsa applicazione degli articoli 57 e 58 del D. Lgs. n. 546/1992, per avere la CTR escluso la facoltà dell’Agenzia di produrre in appello nuovi documenti.

Le ragioni della decisione – I Supremi Giudici hanno dichiarato il motivo di ricorso fondato. Gli Ermellini, hanno dapprima ricordato quanto disposto dal suddetto articolo 58 al comma 2.

Inoltre, hanno richiamato una precedente pronuncia (Cass. 6 novembre 2015, n. 22776) nella quale è stato affermato che, nel processo tributario di appello, le parti possono produrre qualsiasi documento, pur se già loro disponibile in precedenza.

Oltre a ciò, è stata menzionata la Sentenza n. 199/2017 della Corte Costituzionale, la quale era stata chiamata a pronunciarsi in merito alla legittimità costituzionale dell’articolo 58, comma 2, del D. Lgs. n. 546/1992. A tal proposito, la Consulta aveva ritenuto nel merito non fondata la censura di disparità di trattamento tra le parti in giudizio, in quanto tale facoltà è riconosciuta ad entrambe le parti.

Inoltre, la stessa Consulta, aveva ribadito che non esiste un principio costituzionale di necessaria uniformità, del processo tributario e di quello civile.

Tornando al caso in esame, quindi, i Supremi Giudici, hanno posto in evidenza il fatto che, i nuovi documenti prodotti in appello dall’Agenzia delle Entrate (una cinquantina di processi verbali di constatazione) sono a supporto di pretese e considerazioni già svolte e, non a caso, in primo grado, il contribuente “si è doluto della mancata conoscenza dei documenti posti alla base dell’accertamento”.

In sostanza, gli Ermellini, hanno posto in evidenza che l’applicazione dell’articolo 58 va coordinato (in ragione del richiamo operato dall’articolo 61 D. Lgs. n. 546/1992 alle norme sul processo di primo grado) con il combinato disposto degli articoli 22, 23, 24 e 32, dai cui si evince che “il deposito dei documenti nuovi in appello deve avvenire, alternativamente, a pena di decadenza, nel rispetto del principio di difesa e del contraddittorio, o in occasione del deposito di memorie successive e, comunque, sino a venti giorni liberi prima della data di trattazione del ricorso” (Cass. n. 3361/2015; Cass. n. 26741/2013), per consentire al contribuente di replicare e contestare tempestivamente.

Nel caso di specie, la Cassazione, ha osservato che, il deposito della documentazione da parte dell’Agenzia, è avvenuto in data 6.6.2011, mentre, l’udienza di discussione dell’appello, è intervenuta il 28.06.2011. Il termine dei venti giorni liberi, quindi, è stato rispettato ed è, di conseguenza, nulla la sentenza della CTR che aveva dichiarato inammissibile tale documentazione, decisiva per l’esito del processo.

In conclusione, quindi, accogliendo il ricorso, gli Ermellini hanno cassato la sentenza rinviandola alla CTR in diversa composizione per ulteriore esame.
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