4 ottobre 2018

Retribuzioni: divieto di contanti anche per le ASD

Autore: Pasquale Pirone
Il comma 910 (e successivi) della Legge di Bilancio 2018 (Legge n. 205/2017), come si sa, ha introdotto, a decorrere dal 1° luglio di quest’anno, l’obbligo di pagare gli stipendi ai dipendenti e collaboratori con strumenti di pagamento tracciabili (divieto di contanti). Sul punto l’ispettorato nazionale del lavoro è intervenuto a fornire chiarimenti sia in merito agli strumenti di pagamento ammessi sia rispetto all’aspetto sanzionatorio, senza tralasciare l’ambito applicativo della disposizione.

Le eccezioni - L’obbligo è escluso per le sole pubbliche amministrazioni di cui all’art. 1 comma 2 D.Lgs. n. 165/2001. E’ altresì escluso per i rapporti di lavoro di cui alla legge n. 339/1958 e per quelli riguardanti colf e badanti. Inoltre sono da escludersi tutti quei rapporti di lavoro non qualificati come subordinati o di collaborazione (tirocini formativi, stage, borse di studio, ecc.).
Un dubbio che potrebbe sorgere è, ad esempio, se l’obbligo riguardi anche i rapporti di lavoro instaurati con le Associazioni sportive dilettantistiche (ASD) dotate o meno di partita IVA. Nessuna disposizione normativa o documento di prassi esclude dall’obbligo in esame le predette associazioni e qualsiasi altro ente no profit. Anche tali enti, dunque, sono tenuti ad attenersi alle nuove disposizioni normative ed ai chiarimenti forniti sul tema dall’ispettorato nazionale del lavoro.

Ambito applicativo – Fermo restando le eccezioni indicate in precedenza, l’obbligo riguarda i rapporti di lavoro a tempo indeterminato e quelli a tempo determinato (o contratti a termine); i contratti di collaborazione coordinata e continuativa; i contratti di lavoro intermittente (accessorio o a chiamata); i contratti di lavoro con soci di cooperative e qualsiasi altra forma di contratto di lavoro subordinato.
Ad ogni modo, come precisato dall’INL nella Nota del 10 settembre 2018, l’obbligo di tracciabilità riguarda soltanto le somme erogate a titolo di retribuzione, pertanto l’utilizzo degli strumenti di pagamento ammessi (che di seguito si elencano) non è obbligatorio per la corresponsione di somme dovute a diverso titolo, quali ad esempio quelle imputabili a spese che i lavoratori sostengono nell’interesse del datore di lavoro e nell’esecuzione della prestazione (anticipi e/o rimborso spese di viaggio, vitto, alloggio). Tali somme, dunque, potranno continuarsi a pagare in contanti (poiché hanno natura “restitutoria”).

Discorso diverso è stato fatto, invece, per quanto riguarda l’indennità di trasferta, in considerazione della natura “mista” della stessa, la quale, infatti, può essere risarcitoria e retributiva solo quando superi un determinato importo ed abbia determinate caratteristiche. Ad ogni modo, l’ispettorato del lavoro ha ritenuto ricomprendere tale voce tra quelle per le quali vige l’obbligo di tracciabilità, poiché “rientra nella ratio della disposizione in esame mettere in condizione il personale ispettivo di verificare gli effettivi importi versati al lavoratore “forfettariamente”, anche al fine di verificare il rispetto dei limiti di imponibilità fiscale e contributiva previsti dalla disciplina in materia di trasferte (art. 51, comma 5, del TUIR)”.
Strumenti ammessi – La stessa Legge di Bilancio 2018 ha elencato espressamente quali sono gli strumenti di pagamento (tracciabili) consentiti. In particolare si tratta dei seguenti:
  • a) bonifico sul conto identificato dal codice IBAN indicato dal lavoratore;
  • b) strumenti di pagamento elettronico;
  • c) pagamento in contanti presso lo sportello bancario o postale dove il datore di lavoro abbia aperto un conto corrente di tesoreria con mandato di pagamento;
  • d) emissione di un assegno consegnato direttamente al lavoratore o, in caso di suo comprovato impedimento, a un suo delegato. L'impedimento s'intende comprovato quando il delegato a ricevere il pagamento è il coniuge, il convivente o un familiare, in linea retta o collaterale, del lavoratore, purché di età non inferiore a sedici anni.

Ed anche qui, l’INL è intervenuto con importanti precisazioni. Dapprima nella nota del 4 luglio 2018 è stato indicato che con riferimento agli strumenti di cui al punto b) - pagamento elettronico - si ritiene ammesso anche il versamento degli importi dovuti effettuato su carta di credito prepagata intestata al lavoratore, anche laddove la carta non sia collegata ad un IBAN (si pensi, ad esempio, alla Postpay senza IBAN). Tuttavia, in quest’ultimo caso, il datore di lavoro avrà l’obbligo di conservare le ricevute di versamento anche ai fini della loro esibizione agli organi di vigilanza.
E’ stata ritenuto altresì ammesso il pagamento sul “libretto del prestito” per i soci di cooperative aperto presso la medesima cooperativa, a condizione, tuttavia, che ciò sia stato richiesto per iscritto dallo stesso socio lavoratore “prestatore” e che il versamento sia documentato nella “lista pagamenti sul libretto” a cura dell’Ufficio paghe e sia attestato dall’Ufficio prestito sociale che verifica l’effettivo accreditamento il giorno successivo alla sua effettuazione.
Da ultimo con la Nota del 10 settembre scorso, e con riguardo alla modalità di pagamento di cui al punto c), l’INL ha ritenuto ammissibile anche il pagamento in contanti presso lo sportello bancario ove il datore di lavoro abbia aperto e risulti intestatario di un conto corrente o conto di pagamento ordinario soggetto alle dovute registrazioni. In tal caso, infatti, afferma l’ispettorato, “appare comunque assicurata la finalità antielusiva della norma, tenuto conto che il pagamento è effettuato dalla banca e risulta sempre tracciabile anche ai fini di una possibile verifica da parte degli organi di vigilanza”. Infine, riguardo al punto d) si è ammesso il pagamento con il pagamento con lo strumento del “vaglia postale”, purché siano rispettate le condizioni e le modalità di cui all’art. 49, commi 7 e 8, del D.Lgs. n. 231/2007.

La sanzione – Le ASD, oltre a tutte le citate disposizioni, dovranno fare i conti, ovviamente anche con gli eventuali aspetti sanzionatori legati alla violazione di quanto esposto innanzi. A tal proposito, si ricorda che per il datore di lavoro o committente, la violazione può comportare l’irrogazione di una sanzione amministrativa pecuniaria da 1.000 euro a 5.000 euro (con possibilità di riduzione a 1.667 euro). Tale sanzione si applica tante volte quante sono le mensilità per cui si è protratto l’illecito (Nota Ispettorato Nazionale del Lavoro del 4 luglio 2018).
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