13 giugno 2018

Visto di conformità 730. Controlli puntuali per le spese ripartite in più anni

Attenzione rivolta alla posizione assunta dalla Giurisprudenza

Autore: Andrea Amantea
In materia di dichiarazione 730 e apposizione del visto di conformità, in presenza di spese da ripartire in più anni, il controllo da parte del CAF o del professionista abilitato deve essere effettuato ad ogni utilizzo della rata dell’onere; il soggetto che presta l’assistenza fiscale potrà, qualora abbia già verificato la documentazione in relazione ad una precedente rata e ne abbia eventualmente conservato copia, non richiederne di nuovo al contribuente l’esibizione. Tale impostazione è legata all’esigenza di evitare che una spesa, quale ad esempio quelle sostenute per interventi di ristrutturazione o di risparmio energetico, possa essere dedotta/detratta due volte, la prima come onere di cui ha tenuto conto il sostituto d’imposta, la seconda come onere da far valere in sede di dichiarazione dei redditi.

Abbiamo appena richiamato quanto ribadito dall’Agenzia delle Entrate con la circolare n° 7/2018 circa le indicazioni operative da seguire da parte di colui che presta assistenza fiscale per il 730 in presenza di spese da ripartire in più anni.

Il visto di conformità sul modello 730 - Il rilascio del visto di conformità sulla dichiarazione 730, si sostanzia nella verifica (vedi controlli formali art. 36-ter D.P.R. 600/73):
  • della corrispondenza dell’ammontare delle ritenute, anche a titolo di addizionali, con quello delle relative certificazioni esibite;
  • delle detrazioni d’imposta spettanti in base alle risultanze dei dati della dichiarazione e ai documenti presentati dal contribuente;
  • delle deduzioni dal reddito spettanti in base alle risultanze dei dati della dichiarazione e ai documenti presentati dal contribuente;
  • dei crediti d’imposta spettanti in base ai dati risultanti dalla dichiarazione e ai documenti prodotti dal contribuente.

Come specificato nella circolare 7/2018 già citata, per quanto riguarda la documentazione esibita dal contribuente utile ai fini dei controlli diversi da quelli di cui all’art. 36-ter rimane fermo che il CAF o il professionista abilitato sono responsabili per la non corretta verifica: della corrispondenza dell’ammontare degli imponibili con quello delle relative certificazioni esibite (CU); dell’ultima dichiarazione presentata in caso di eccedenza d’imposta per la quale si è richiesto il riporto nella successiva dichiarazione dei redditi; delle detrazioni d’imposta non eccedenti i limiti previsti dalla legge e della corrispondenza con le risultanze dei dati della dichiarazione; delle deduzioni dal reddito non superiori ai limiti previsti dalla legge e della corrispondenza alle risultanze dei dati della dichiarazione; dei crediti d’imposta non eccedenti le misure previste per legge e spettanti sulla base dei dati risultanti dalla dichiarazione; degli attestati degli acconti versati o trattenuti.


Il soggetto che presta assistenza fiscale è dunque chiamato ad apporre il visto di conformità sulle dichiarazioni 730 presentate per il suo tramite esponendosi in caso di visto infedele all’impianto sanzionatorio disposto dall’art. 39 del D.lgs. 241/1997 salvo condotta dolosa o colposa del contribuente e la verifica residuale del possesso dei requisiti soggettivi che danno diritto a detrazioni e deduzioni di diverso tipo.

I termini di accertamento e le spese ripartite in più anni – Come detto in premessa, ai fini dell’apposizione del visto di conformità, in presenza di spese da ripartire in più anni, il controllo da parte del CAF o del professionista abilitato, deve essere effettuato ad ogni utilizzo della rata dell’onere; al netto dell’impianto sanzionatorio e del rapporto definitivo che si instaura tra professionista e contribuente nell’ambito dell’assistenza fiscale sul modello 730, fa da sé che il contribuente è tenuto a conservare tutte le pezze giustificative per mettersi a riparo da eventuali accertamenti successivi posti in essere dall’Amministrazione finanziaria. In caso di dichiarazione fiscale regolare (nei termini o tardiva), prima delle Legge di Stabilità 2016, i termini per l’accertamento erano fissati a 31 dicembre del 4° anno successivo quello di presentazione della dichiarazione (raddoppiabili in caso di violazioni penali), mentre in seguito alle modifiche, si è passati al 31 dicembre del 5° anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione. In caso di dichiarazione omessa, prima della manovra 2016, i termini erano stabiliti al 31° dicembre del 5° anno successivo a quello in cui la dichiarazione sarebbe dovuta essere stata presentata mentre con la Legge di Stabilità 2016 si è passati al 31 dicembre del 7° anno successivo. Per la dichiarazione presentata nei termini ordinari (Modello Redditi/2018 e Modello 730/2018) riferita al 2017, il termine per l’accertamento sarà il 31 dicembre del 5° anno successivo, ossia il 31/12/2023. In pratica, è necessario conservare fatture, ricevute, quietanze di pagamento collegate ad oneri deducibili e detraibili, nonché documenti che danno diritto ad accedere a specifiche agevolazioni (ad esempio il contratto di mutuo per la detrazione degli interessi passivi relativi all’acquisto dell’abitazione principale (relativo contratto di acquisto), fino al 31 dicembre 2023. Per i documenti relativi a spese collegati a benefici fiscali più lunghi è necessario, però, provvedere alla loro conservazione per tempi più lunghi; basti pensare agli interventi di ristrutturazione edilizia la cui detrazione si ha in 10 quote annuali di pari importo.

In merito all’ultima affermazione, però, è da segnalare una recente sentenza della Cassazione (Cass. civ. Sez. V, 24-04-2018, n. 9993) sui termini di decadenza dell’attività di accertamento di costi pluriennali che seppur riferita ai soggetti titolari di reddito di impresa può direttamente essere traslata alla generalità dei costi la cui deducibilità/detraibilità avviene nel tempo come nel caso delle spese di ristrutturazione da ripartire in 10 quote annuali di pari importo. Con la sentenza citata è stato evidenziato come “in ipotesi di costi che danno luogo a diritto a deduzione frazionata in più anni e di quote di ammortamento la decadenza in danno dell'Agenzia deve ritenersi necessariamente maturare con il decorso del 31 dicembre del quarto anno (ora 5°) successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione relativa ai periodi fiscali in cui i costi sono stati concretamente sostenuti e l'ammortamento è stato iscritto a bilancio (salvo errori di calcolo o di ripartizione dei costi negli anni successivi a quello di sostenimento); è alle anzidette annualità che si ricollegano, infatti, i presupposti del diritto alla deduzione e, quindi, il diritto medesimo nel suo definitivo valore (mentre il frazionamento interferisce solo sul relativo mero esercizio) e la predisposizione della documentazione giustificativa”.

Per meglio capirci, supponiamo che un contribuente abbia sostenuto una spesa di ristrutturazione nell’anno 2010; in caso di accertamento 2017, l’Agenzia delle Entrate richiede tutta la documentazione 2010 e in presenza di irregolarità potrebbe recuperare la detrazione delle quote in riferimento alle quali non è spirato il termine di accertamento; in virtù del principio fissato con la sentenza citata, invece, il potere di accertamento non potrebbe andare oltre il 31 dicembre del 2015 (4° anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione riferita all’anno in cui i costi sono stati sostenuti) e le quote di detrazione successive rimarrebbero in essere salvo evidenti errori di calcolo o ripartizione.

Pare però necessario non dare per assunta tale impostazione visto che l’orientamento dell’Agenzia delle Entrate finora è stato quello basato sul criterio di autonomia di ogni periodo d’imposta, secondo quale a ciascun periodo d'imposta corrisponde un'autonoma obbligazione tributaria (D.P.R. n. 917 del 1986, art. 7), che dunque legittimerebbe il controllo delle quote di costi deducibili/detraibili ad ogni loro singolo utilizzo con il decorso dei termini di accertamento a partire dall’anno in cui la singola quota di costo è inserita in dichiarazione.
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