Il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili (CNDCEC) è stato audito dalla Commissione parlamentare d’inchiesta sul fenomeno delle mafie.
Nel corso dell’audizione, la delegazione dei commercialisti (composta dal Segretario nazionale delegato alle Funzioni giudiziarie e ADR, Giovanna Greco, nonché dal ricercatore della Fondazione nazionale della categoria, Luca d’Amore) ha depositato una serie di proposte di modifica legislativa, volte a migliorare la disciplina dettata dal Codice antimafia.
L’audizione, svolta nell’ambito del “Comitato gestione beni sequestrati e confiscati, misure non ablatorie ed effetti delle informazioni antimafia interdittive”, ha avuto ad oggetto anche la disamina delle criticità concretamente riscontrate dagli operatori del settore - amministratori giudiziari ed esperti nominati dalle Prefetture - nell’ambito della gestione di beni sequestrati e confiscati (in particolare aziende) e d’imprese sottoposte ad interdittiva antimafia.
Le osservazioni del CNDCEC – L’audizione svoltasi il 22 marzo 2024, ha visto le richieste formulate dai commercialisti in cui, in via preliminare, è stata effettuata una breve premessa sulla rappresentatività della categoria degli stessi nel nostro Paese e sulle attività, a vario titolo, svolte dalla medesima categoria.
Successivamente, ci si è soffermati sulle attività svolte dai commercialisti nei settori di riferimento, partendo da quelle riferite alle misure ablative (sequestri e confische di prevenzione e penali), quale amministratore giudiziario e quale coadiutore dell’Agenzia Nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata (ANBSC), per poi proseguire con le Attività svolte nelle misure non ablative.
I commercialisti hanno affrontato anche la tematica delle criticità riscontrate nel corso della gestione dei beni sequestrati e confiscati (immobili ed aziende), riportando, per tipologia di bene, le principali criticità riscontrate nella gestione sia nella fase c.d. “giudiziaria” (dal sequestro alla confisca definitiva), sia nella c.d. “fase amministrativa” (dalla confisca definitiva in poi).
Un altro aspetto su cui i commercialisti si sono soffermati, riguarda l’illustrazione di casi concreti di prassi virtuose e/o negative sulla continuità aziendale, sull’attuazione del programma di prosecuzione o di ripresa dell’attività, nonché sulle ricadute occupazionali.
A tal proposito, gli stessi premettono che, dall’entrata in vigore del Codice antimafia e grazie alle successive modifiche legislative intervenute nel corso degli anni (tra tutte, la riforma di cui alla Legge n. 161/2017), si è assistito, tra l’altro, ad una graduale e compiuta procedimentalizzazione delle misure di prevenzione: si è passati, infatti, da una legislazione estremamente scarna (Legge n. 575/1965) che conteneva pochissime disposizioni in materia di gestione e nessuna sulla continuità aziendale, ad un corpus normativo (D. Lgs n. 159/2011) che dettaglia specificatamente gli adempimenti che è tenuto ad assolvere l’amministratore giudiziario nella logica di garantire la custodia, conservazione e gestione dei beni sequestrati e, laddove possibile, la redditività dei beni medesimi (cfr. articolo 35, comma 5, CAM).
Il lavoro dei commercialisti, successivamente, si è soffermato sulle criticità riscontrate in materia di misure non ablative (articoli 34 e 34-bis, CAM), ovvero una tematica molto sentita dal CNDCEC che, grazie al supporto dei componenti l’Osservatorio Nazionale (che annovera illustri magistrati e professori universitari), ha definito specifiche linee guida in materia di misure non ablative.
Ciò premesso, come fanno notare i commercialisti, le prime applicazioni pretorie degli istituti in commento, hanno fatto emergere una serie di problematiche interpretative che, probabilmente, richiederanno alcuni interventi legislativi chiarificatori. Gli stessi, quindi, hanno riportato in sintesi, le principali criticità applicative riscontrate.
Per quanto concerne gli adempimenti fiscali ed i criteri di redazione dei bilanci delle aziende, invece, i commercialisti hanno osservato che, nonostante l’articolo 51 del CAM sia stato emendato più volte, va rilevato che l’eterogeneità dei beni sottoposti a sequestro (beni mobili, mobili registrati, immobili, compendi aziendali, quote societarie, azioni, universalità di beni, etc.) e la pluralità dei soggetti ai quali, nel medesimo procedimento di prevenzione o penale, possono essere sequestrati i beni, non rendono certamente ancora agevole l’applicazione dell’attuale normativa fiscale che appare ancora lacunosa e probabilmente meritevole di essere specificamente ed integralmente riformata.
Un altro aspetto affrontato è quello dell’adozione dei modelli organizzativi, ai sensi del D. Lgs. n. 231/2001, oltre alla liquidazione dei compensi, in particolare nei casi d’applicazione degli istituti previsti dagli articoli 34, 34-bis e 94-bis, del Codice antimafia.
Infine, in merito ai rapporti con Equitalia Giustizia, in relazione all’alimentazione ed all’utilizzo del Fondo Unico Giustizia (FUG), i commercialisti hanno precisato che, detti rapporti, si sostanziano essenzialmente in due momenti procedimentali:
- a) allorché l’amministratore giudiziario, in costanza di procedura, richiede al Giudice Delegato l’autorizzazione alla messa a disposizione delle somme afferenti al FUG e riferibili al compendio sequestrato o confiscato. In tal caso, inizialmente si registravano delle criticità nelle tempistiche di messa a disposizione delle somme e sulla relativa rendicontazione. Allo stato, non emergono, invece, particolari criticità;
- b) quando, intervenuta l’ANBSC, il coadiutore dell’Agenzia – previa autorizzazione di quest’ultima – richiede la messa a disposizione di somme per la gestione di beni confiscati, anche in via definitiva. Anche in tal caso, ad oggi, non si riscontrano criticità degne di nota.