18 dicembre 2024

Caro Direttore…

Autore: Ivano Tarquini
In questi giorni mi sono imbattuto in un contenzioso tributario alquanto singolare. Un cliente riceveva un avviso di accertamento dove le Comunicazioni Uniche depositate dai mandanti, infatti parliamo di agente di commercio, non corrispondevano a quanto dichiarato nella dichiarazione Redditi anno di imposta 2018. Il cliente basito si rivolge al mio studio e mi diceva, e quasi giurava, che tutto quello che aveva percepito era stato dichiarato. Mi forniva appunto le dichiarazioni dei redditi, ed il riscontro dell’Agenzia delle entrate appariva effettivamente veritiero. Mancavano in dichiarazione almeno 20mila euro.

In prima battuta mi ero arreso, dicendo a me stesso che per questa volta conveniva aderire. Ma in realtà vedendo ed approfondendo le dichiarazioni IVA e i prospetti degli studi di settore dell’anno precedente, mi rendevo conto che la questione era ben diversa. Infatti, appariva evidente che la collega che predispose le varie dichiarazioni aveva direttamente compilato il quadro RG immettendo direttamente il risultato reddituale per poi trasporlo parimenti nel quadro RN del reddito complessivo. Anche in questo caso le affrettate conclusioni ci avevano erroneamente portato a pensare ad un lavoro superficiale della collega. Ma fortunatamente l’animo analitico del commercialista ha preso il sopravvento e, unendo i puntini del racconto del cliente, nel controllo dei particolari mi sono accorto che la dichiarazione dei redditi era stata predisposta nella prima decade di dicembre 2018.
La collega era deceduta dopo 15 giorni, e da quello che mi è stato raccontato poi da altri colleghi, la morte è stata causata da una lunga malattia neoplasica. Quindi nella mia mente vi è stata l’immagine della collega che, pur di onorare il proprio impegno con i clienti, e nella sofferenza, ha fatto quel che poteva, non curante delle proprie condizioni di salute che la riguardavano. Ecco perché questo contenzioso oggi ha un senso ed un sapore diverso, che, nella prima e superficiale ricostruzione era apparso come causato dalla solita dichiarazione redatta con i piedi.

Mi sono chiesto allora se un professionista, un commercialista o un avvocato, ha anche il diritto di stare male di curarsi di prendersi una pausa per sé, specie quando il ‘momento’ sta per arrivare. Da quello che ho capito non c’è stata alcuna pietà per una collega che stava per morire, anzi, l’incombenza era lì che l’aspettava, ed eroicamente rispettata. Chissà se anche per noi, caro Direttore, vi sarà un giorno in cui potrà esservi non solo il diritto di vivere serenamente, ma anche quello di poter affrontare la malattia e le cure, gli ultimi momenti di vita, e quella la serenità cui tutti le donne e gli uomini anelano.
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