Versa in una situazione di incompatibilità l’iscritto all’Ordine, socio amministratore di società che svolga attività di impresa agricola, soltanto laddove questi abbia la qualifica di imprenditore agricolo professionale (IAP). Tale qualifica può essere acquisita anche dalle società di persone e società di capitali, qualora lo statuto preveda, quale oggetto sociale, l’esercizio esclusivo delle attività agricole e siano presenti determinati requisiti.
È quanto emerge dal
Pronto Ordini n. 134/2020 pubblicato nei giorni scorsi dal Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili (CNDCEC), il quale ha fornito chiarimenti circa l’incompatibilità o meno con l’esercizio della professione di un’iscritta.
Il quesito– Un Ordine territoriale ha formulato un quesito rivolgendosi al CNDCEC per sapere se possa versare in una situazione di incompatibilità con l’esercizio della professione l’iscritta, già socia di società agricola, che assuma in tale società anche la carica di presidente del consiglio di amministrazione. Nello specifico, il quesito precisa che:
- tutte le attività agricole e connesse (compresa l’attività di riabilitazione – c.d. ippoterapia) vengono svolte da personale con qualifica di IAP facente parte del consiglio di amministrazione;
- l’iscritta, in qualità di presidente del consiglio di amministrazione, svolgerebbe un ruolo di direzione e gestione del management, nonché di rappresentanza della società.
La risposta del CNDCEC– Il Consiglio Nazionale specifica, anzitutto, che si forniscono considerazioni generali alla luce delle disposizioni di legge in tema di incompatibilità, nonché degli orientamenti interpretativi forniti dallo stesso in materia.
Successivamente richiama l’
articolo 4, comma 1, del D. Lgs. n. 139/2005, il quale stabilisce una specifica ipotesi di incompatibilità tra l’esercizio della professione e lo svolgimento di attività di impresa agricola, qualora questa sia esercitata dall’iscritto per conto proprio (in nome proprio o altrui). In linea di principio, quindi, il CNDCEC ritiene preclusa la possibilità per l’iscritto di esercitare la suddetta attività.
L’incompatibilità è, tuttavia, esclusa, così come dispone l’articolo 4, comma 2, del sopra citato decreto, se
“l'attività, svolta per conto proprio, è diretta alla gestione patrimoniale, ad attività di mero godimento o conservative, nonché in presenza di società di servizi strumentali o ausiliari all'esercizio della professione, ovvero qualora il professionista riveste la carica di amministratore sulla base di uno specifico incarico professionale e per il perseguimento dell'interesse di colui che conferisce l'incarico”.
Come evidenzia il CNDCEC, tale disposizione delinea i limiti entro i quali ricorre l’ipotesi di incompatibilità tra l’esercizio della professione e quello dell’attività d’impresa (compresa quella agricola), stabilendo che, l’incompatibilità, viene meno qualora l’attività d’impresa sia diretta:
- alla gestione patrimoniale;
- allo svolgimento di attività di mero godimento o conservative;
- allo svolgimento di attività strumentali o ausiliari all’esercizio della professione (cd “società di servizi”),
ovvero qualora l’iscritto svolga l’incarico di amministratore in base a specifico mandato professionale.
In virtù di quanto sopra esposto, quindi, l’esercizio in conto proprio di attività di impresa agricola è ammesso laddove tale attività si configuri come di mero godimento, ovvero meramente conservativa del fondo agricolo (ad esempio, nel caso in cui i prodotti agricoli siano rivenduti esclusivamente per rientrare delle spese sostenute per la manutenzione e la conservazione dello stesso).
Vista, però, la difficoltà di individuare concretamente le ipotesi in cui tale attività possa configurarsi di mero godimento o meramente conservativa, il Consiglio Nazionale richiama le Note interpretative della disciplina delle incompatibilità da esso stesso diramate. Queste ultime, infatti, hanno chiarito che, l’esercizio di attività di impresa agricola, è incompatibile con l’esercizio della professione solo nel caso in cui l’iscritto-imprenditore agricolo rivesta la qualifica di IAP.
Sul punto, il
D.Lgs. n. 99/2004 ha fissato i parametri ai fini dell’assunzione della qualifica di IAP, individuando come tale l’imprenditore che dedica la maggior parte delle proprie risorse economiche e del proprio tempo all’attività agricola.
Considerando tutto quanto esposto, il CNDCEC precisa che, la qualifica di IAP, può essere acquisita anche dalle società di persone e società di capitali, qualora lo statuto preveda quale oggetto sociale l’esercizio esclusivo delle attività agricole e in presenza determinati requisiti (articolo 1, comma 3, D.Lgs. n. 99/2004). In virtù di ciò - specifica il Consiglio Nazionale - versa in una situazione di incompatibilità l’iscritto, socio-amministratore di società che svolga attività di impresa agricola, che sia in possesso della qualifica di IAP.
Infine, il CNDCEC effettua un’ulteriore precisazione, in quanto occorrerà verificare che, le molteplici attività svolte dalla società, siano realmente connesse all’esercizio di attività agricola e non configurino in alcun modo esercizio di attività d’impresa propriamente commerciale.
In tal caso, infatti, ai fini di escludere la sussistenza dell’incompatibilità in capo all’iscritta - afferma il Consiglio Nazionale - non rileverebbe l’assenza della qualifica di IAP, ma occorrerebbe verificare se questa detenga un interesse economico prevalente nella società in cui fosse nominata presidente del consiglio di amministrazione.