10 aprile 2025

Concordato semplificato e concordato liquidatorio: strumenti alternativi per l’impresa in uscita

Autore: Redazione Fiscal Focus
Il Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza ha introdotto, accanto al tradizionale concordato liquidatorio, un nuovo strumento pensato per i casi in cui nessuna soluzione di continuità o composizione negoziata si dimostri praticabile: il concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio (art. 25-sexies CCII).

I due istituti, pur avendo come obiettivo comune la dismissione ordinata dell’attivo, presentano differenze sostanziali in termini di accesso, procedura e ruolo dei creditori. Il professionista incaricato dell’assistenza all’imprenditore deve saper orientare correttamente la scelta, anche in chiave strategica.

Due logiche, due momenti

Il concordato liquidatorio ordinario può essere presentato in via autonoma, ogni volta che il debitore ritenga opportuno ricorrere a una proposta liquidatoria per soddisfare i creditori in misura non inferiore rispetto alla liquidazione giudiziale.

Al contrario, il concordato semplificato è attivabile solo dopo il fallimento della composizione negoziata, con attestazione dell’esperto che certifichi la non praticabilità di soluzioni diverse dalla liquidazione.
Non si tratta, dunque, di uno strumento alternativo, ma di una soluzione residuale, pensata per salvaguardare un minimo di valore a favore dei creditori, in mancanza di altre vie.

Procedura: l’impatto operativo

Dal punto di vista operativo, la differenza è netta:
  • il concordato liquidatorio ordinario richiede la presentazione di un piano, la nomina del commissario giudiziale, la formazione di classi e l’approvazione da parte dei creditori, con successiva omologa del tribunale;
  • il concordato semplificato, invece, si basa su una proposta unilaterale che non è sottoposta al voto dei creditori, né prevede la nomina di organi ausiliari. L’omologa è affidata al giudice, che valuta la convenienza della proposta rispetto alla liquidazione giudiziale, anche in assenza di consenso.
Ciò implica, da un lato, una maggiore rapidità e contenimento dei costi, ma dall’altro una minore articolazione nella costruzione della proposta, che deve essere chiara, documentata e sostenibile fin da subito.

Ruolo dei creditori e del tribunale

Nel modello ordinario, il consenso dei creditori è il perno dell’intera procedura. Il piano deve essere approvato a maggioranza nelle varie classi, pena l’impossibilità di omologa, salvo eccezioni specifiche.

Nel concordato semplificato, invece, il giudice supplisce al voto, esercitando un controllo più incisivo. È essenziale che la proposta consenta comunque un risultato migliore per i creditori rispetto alla liquidazione giudiziale, anche se non sono previste classi, quorum o maggioranze.

Quando conviene l’uno, quando l’altro

  • Il concordato liquidatorio ordinario è lo strumento da preferire in presenza di creditori collaborativi, quando vi sia il tempo e la struttura per costruire un piano articolato e negoziato;
  • il concordato semplificato rappresenta invece una via d’uscita di emergenza, da percorrere quando le condizioni di mercato, la rigidità dei creditori o la mancanza di liquidità impediscano la costruzione di una proposta ordinaria.
In entrambi i casi, il professionista deve porre massima attenzione alla sostenibilità economica della proposta e alla documentazione probatoria allegata, soprattutto in relazione alla valutazione di convenienza per i creditori.

Conclusione

Gli strumenti non si sovrappongono, ma si completano. Il concordato semplificato non sostituisce quello ordinario, ma offre una risposta pragmatica nei casi più critici, in cui il rischio concreto è la liquidazione giudiziale immediata. Conoscere bene le differenze – e le conseguenze operative – consente al professionista di offrire al cliente una consulenza realmente efficace, anche nei passaggi più delicati della vita d’impresa.
 © FISCAL FOCUS Informati S.r.l. – Riproduzione Riservata
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