10 ottobre 2018

Doppio mandato: il ministero della Giustizia archivia il commissariamento degli ordini

Autore: Ester Annetta
La vicenda del c.d. “doppio mandato” che, nelle scorse settimane, era tornata alla ribalta negli ambienti di categoria, dopo che il CNDCEC, nella seduta in Camera di Consiglio dello scorso 11 settembre, aveva dichiarato l’ineleggibilità del Presidente dell’ODCEC di Roma Mario Civetta, si completa con un’ultima tessera che va a definire le sorti di quegli altri Ordini sui quali pendeva la spada di una possibile estensione analogica di siffatta decisione.

Come si ricorderà (cfr. Fiscal Focus del 15 settembre: “Il CN esprime parere negativo alla richiesta di scioglimento e commissariamento di altri Ordini”), lo scorso agosto alcuni iscritti degli Ordini di Crotone, Parma e Verona avevano presentato un esposto con il quale – sulla scorta delle decisione assunta dalla Corte di Cassazione (con le ordinanze n. 12461 e n. 12462 del 21 maggio scorso, con cui, era stato chiarito che l’ineleggibilità a seguito di doppio mandato trova applicazione qualora uno stesso soggetto presenti ulteriore candidatura sia per la medesima carica già ricoperta per due mandati consecutivi che nel caso in cui, avendo ricoperto cariche diverse per due mandati consecutivi, presenti nuova candidatura per una delle due) – avevano evidenziato il sussistere di analoga situazione dell’Ordine di Roma anche nei loro Ordini d’appartenenza, sostenendo, di conseguenza, che pur non essendo stati presentati reclami avverso le elezioni dei rispettivi Presidenti, l’ineleggibilità degli stessi sarebbe stata “rilevabile d’ufficio ed attualmente non sanabile”, ed avevano perciò richiesto lo scioglimento dei relativi Consigli ed il loro commissariamento.

In risconto alle note (aventi ad oggetto “Istanza di decadenza Consiglio dell’Ordine dei dottori commercialisti e degli esperti contabili di Crotone”, “istanza di annullamento elezioni 2017-2010 del Consiglio dell’Ordine dei Dottori commercialisti e degli esperti contabili di Verona” ed “esposto sulle elezioni 2017-2020 di n. 54 Consigli dell’Ordine dei dottori commercialisti e degli esperti Contabili”) con cui il Ministero della Giustizia aveva richiesto, a riguardo, che fosse espresso il parere di cui all’art. 17 del D.Lgs. 139/2005, lo scorso 13 settembre il CNDCEC si era espresso negativamente, rilevando, anzitutto, la tardività delle richieste dei citati Ordini rispetto alla previsione contenuta nell’art. 22 del D. Lgs. 139/2005, che consente la reclamabilità avverso i risultati delle elezioni “entro il termine perentorio di quindici giorni successivi alla proclamazione”, aggiungendo, altresì, l’ulteriore rilievo che né le sopra richiamate ordinanze della Cassazione né la propria decisione dell’11 settembre u.s. potessero avere effetti sugli altri Ordini, trattandosi di pronunce formulate unicamente nei confronti del reclamo presentato da alcuni iscritti dell’Ordine di Roma e, pertanto, efficaci solo tra le parti del relativo giudizio in virtù del principio di relatività degli effetti del giudicato ex art. 2909 c.c., con conseguente esclusione di qualsiasi automatismo nei confronti di terzi (e, dunque, di altri Ordini), anche in ossequio alla clausola di salvaguardia volta ad assicurare stabilità all’organo neoeletto.

Tali argomentazioni sono state condivise dal Ministero della Giustizia che, pertanto, con decreto del 5 ottobre u.s. (prot. DAG n. 0004757.ID), richiamandole interamente, ha disposto l’archiviazione dei procedimenti relativi alla proposta di scioglimento degli Ordini per i quali si è contestata la sussistenza di una condizione analoga a quella dell’Ordine di Roma ma tardivamente reclamata.

A supporto della propria decisione il Ministero ha ulteriormente precisato – come si legge nel citato documento – che l’art. 22 del D.Lgs. n. 139/2005 “nell’assegnare agli iscritti un termine perentorio entro cui contestare il risultato elettorale” assicura “un bilanciamento tra il rispetto del principio dell’affidamento, la continuità e l’efficienza dell’azione amministrativa dell’Ordine”, e che la fattispecie in esame non ricade sotto l’egida dell’art. 17 del citato D. Lgs., che prevede ulteriori casi di scioglimento del Consiglio laddove lo stesso non sia stato integrato, non sia in grado di funzionare o ricorrano altri gravi motivi: “sotto tale ultimo aspetto, infatti, va posta la dovuta attenzione alla circostanza che le elezioni in esame si sono svolte sulla base di una linea interpretativa del tutto plausibile (oltre che vallata da questa Amministrazione con nota prot. DAG n. 625310. U del 13 febbraio 2015) secondo la quale la clausola di ineleggibilità introdotta dall’art. 9 comma 9 del D.Lgs. n. 139/2005, avendo “caratteristiche di tassatività e di eccezionalità” non può essere applicata in via analogica “a fattispecie non espressamente regolate””.
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