12 maggio 2020

Rinegoziazione del mutuo con effetto di esdebitazione nell’ambito del processo esecutivo

Lo studio del Notariato si sofferma sull’abitazione principale del debitore

Autore: Pietro Mosella
È stato pubblicato il 6 maggio scorso lo Studio n. 21-2020/E del Notariato, relativo alla rinegoziazione del mutuo con effetto di esdebitazione nell’ambito del processo esecutivo avente ad oggetto l’abitazione principale del debitore. Tale studio esamina l’articolo 41-bis del D.L. n. 124/2019 (aggiunto dalla Legge di conversione n. 157/2019), norma di carattere eccezionale e di stretta interpretazione, che s’inserisce nel solco della recente tendenza legislativa a salvaguardare la posizione del debitore, ove l’immobile oggetto di espropriazione immobiliare sia costituito dalla sua abitazione principale. Nello studio si affrontano numerose problematiche interpretative aperte da tale disposizione.

Le fattispecie previste dall’articolo 41-bis - Anzitutto si ricorda che, il richiamato articolo 41-bis introdotto dal D.L. n. 124/2019, offre al debitore-consumatore, in possesso di determinati e stringenti requisiti, un’ulteriore possibilità per salvare il bene immobile che costituisca la sua abitazione principale, dalla vendita forzata, con inevitabili risvolti nella sfera sostanziale e in quella processuale.

I notai evidenziano la natura eccezionale del suddetto articolo 41-bis, una norma di stretta interpretazione e ciò si desume oltre che dal modo in cui la stessa è strutturata, dalla lettera della stessa, avendo cura il legislatore di precisare espressamente come si tratti di norma applicabile «in via eccezionale, temporanea e non ripetibile», esclusivamente «nei casi più gravi di crisi economica dei consumatori». Sul punto nella medesima direzione va anche la limitazione di ordine temporale contenuta nel testo della norma, essendo espressamente prevista l’applicabilità della nuova disciplina introdotta solo con riferimento alle esecuzioni immobiliari sui beni oggetto di ipoteca per il credito «il cui pignoramento sia stato notificato tra la data del 1° gennaio 2010 e quella del 30 giugno 2019».

Il citato articolo 41-bis, convertito con modificazioni dalla Legge n. 157/2019, rubricato “Mutui ipotecari per l’acquisto di beni immobili destinati a prima casa e oggetto di procedura esecutiva”, presenta differenti fattispecie, avvinte dal medesimo scopo di sottrarre alla vendita forzata l’immobile principale del debitore – consumatore.

Al primo comma prevede due fattispecie distinte, conferendo al debitore - consumatore, la cui abitazione principale sia oggetto di procedura esecutiva, la “possibilità” di chiedere:

a) «la rinegoziazione del mutuo in essere», «con assistenza della garanzia del Fondo di garanzia per la prima casa, di cui all’articolo 1, comma 48, lettera c), della Legge 27 dicembre 2013, n. 147, e con il beneficio dell’esdebitazione per il debito residuo»;
b) «un finanziamento, con surroga nella garanzia ipotecaria esistente, a una banca terza, il cui ricavato deve essere utilizzato per estinguere il mutuo in essere, con assistenza della garanzia del Fondo di garanzia per la prima casa, di cui all’articolo 1, comma 48, lettera c), della Legge 27 dicembre 2013, n. 147, e con il beneficio dell’esdebitazione per il debito residuo».


Per essere d’ausilio al debitore, il legislatore ha fatto ricorso a due strumenti: l’assistenza del fondo di garanzia per la prima casa e il beneficio dell’esdebitazione per il debito residuo, cui si affianca la possibilità di chiedere il suddetto finanziamento anche ad una banca terza.

Problematiche ed eventuali posizioni di soggezione - Dopo aver analizzato i presupposti di carattere oggettivo e soggettivo, lo studio in commento si sofferma sulle problematiche scaturenti dalla formulazione della norma, in quanto occorre anzitutto chiedersi se, la “possibilità” concessa al debitore cui la stessa fa riferimento, si concretizza in un diritto potestativo dello stesso oppure se, ed in quale misura, la banca possa valutare il merito creditizio e finanche opporsi alla rinegoziazione o al finanziamento.

Dopo aver elencato una serie di problematiche, i notai osservano che, con riferimento all’ipotesi della rinegoziazione accordata al debitore nei confronti della banca-creditrice procedente, sembrerebbe potersi escludere una posizione di soggezione della banca creditrice. Il creditore, infatti, ai sensi del comma 5, può rifiutare la rinegoziazione laddove valuti negativamente la capacità reddituale del debitore. Più problematico, invece, è stabilire se altrettanto possa ritenersi anche con riferimento all’ipotesi del rifinanziamento del mutuo da una banca terza, con surroga nella garanzia ipotecaria già esistente.

La valutazione del giudice - Lo studio prosegue analizzando gli aspetti relativi alla valutazione del giudice in relazione alle diverse fattispecie ex art. 41-bis e l’estinzione del processo esecutivo, in quanto, in relazione alle diverse fattispecie distinte nel documento, occorre verificare se vi sia un accordo extraprocessuale delle parti che possa oppure debba necessariamente essere calato nel processo esecutivo e, per tale ipotesi, se sia o meno riservato al giudice un margine di valutazione e, se del caso, di che tipo.

Nello specifico, l’ipotesi della rinegoziazione accordata al debitore nei confronti della banca-creditrice procedente, determina una chiusura anticipata del processo esecutivo in forza di un accordo tra le parti. Come si osserva nello studio, non è chiaro, però, se tale accordo si realizzi e si perfezioni al di fuori dal processo, senza richiedere un’evidenza processuale, oppure se esso si perfezioni in forza di un provvedimento del giudice che dia atto della rinuncia del creditore procedente nonché della rinegoziazione, previa valutazione della sussistenza di tutti i requisiti previsti dal comma secondo ai fini della concessione dell’esdebitazione.

Effetto di esdebitazione nell’ambito del processo esecutivo - I notai, dopo aver analizzato i problemi e manifestato alcune perplessità in ordine alle posizioni soggettive in gioco in caso di finanziamento accordato al parente/affine del debitore, si soffermano sull’effetto derivante dalla norma in esame, la quale prevede, appunto, che la rinegoziazione del mutuo produca l’effetto di esdebitazione in merito al residuo debito. Detto effetto, per com’è formulata la norma – affermano i notai - dovrebbe prodursi sia in ipotesi di rinegoziazione concessa dalla banca creditrice originaria, sia in ipotesi di finanziamento concesso da una banca terza con surroga nella garanzia ipotecaria.
Si fa anche presente come parte della dottrina obietti che, il richiamo al beneficio dell’esdebitazione per il debito residuo sia incomprensibile, posto che, ove debitore e istituto di credito ipotecario si accordino direttamente per la rinegoziazione, più correttamente dovrebbe discorrersi di efficacia remissoria della posizione debitoria. Sembrerebbe, però, che il richiamo all’effetto esdebitatorio possa essere compreso in quanto si guardi allo stesso in una prospettiva non negoziale ma processuale, alla luce del credito fatto valere nel processo esecutivo.

Quanto, infine, alla delimitazione dei confini del suddetto effetto esdebitatorio, questo deve ritenersi circoscritto al solo creditore ipotecario, non potendo dunque involgere anche creditori diversi.

Altri aspetti di rilievo nell’analisi all’interno dello studio in commento, sono quelli riguardanti la garanzia del Fondo di garanzia per la prima casa, l’istanza congiunta del debitore e del creditore di sospensione della procedura esecutiva, nonché la valutazione del creditore e il rifiuto/rigetto della richiesta di rinegoziazione.
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