28 marzo 2025

Collegato Lavoro, le novità chiarite dal Ministero del lavoro

La Circolare Ministeriale fornisce le prime indicazioni utili all’applicazione delle nuove disposizioni

Autore: Salvatore Cortese
Con la Circolare n. 6/2025, il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ha fornito le prime indicazioni in merito alle disposizioni di cui al Collegato Lavoro (legge n. 203/2024), soffermandosi, in particolare, sulle novità introdotte in materia di somministrazione di lavoro, lavoro…

Somministrazione di lavoro

In materia di somministrazione, l’articolo 10 comma 1, lettera a, numero 1), del Collegato Lavoro interviene sull’articolo 31, comma 1, del D.lgs. n. 81/2015, andando ad eliminare la disciplina transitoria, in vigore fino al 30 giugno 2025, che consentiva agli utilizzatori di superare il limite complessivo di 24 mesi, anche non continuativi, per le missioni a tempo determinato di un medesimo lavoratore somministrato, laddove l’agenzia di somministrazione avesse comunicato all’utilizzatore di aver assunto detto lavoratore a tempo indeterminato.

Venuta meno la disciplina transitoria, in caso di sforamento del limite temporale di 24 mesi, è nuovamente prevista la costituzione in capo all’utilizzatore di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato con il lavoratore somministrato.

Per i contratti stipulati dal 12 gennaio 2025, il computo dei 24 mesi di lavoro dei lavoratori somministrati deve tenere conto di tutti i periodi di missione a tempo determinato intercorsi tra le parti successivamente alla data considerata. Ai fini del calcolo dei 24 mesi, pertanto, si conteggeranno solo i periodi di missione a termine che il lavoratore abbia effettuato per le missioni avviate successivamente al 12 gennaio 2025, data di entrata in vigore della modifica normativa in esame, senza computare le missioni già svolte in vigenza della precedente disciplina.

Ad esempio, nell’ipotesi di un lavoratore assunto a tempo indeterminato dall’agenzia di somministrazione e inviato presso l’utilizzatore in una missione a termine per un periodo di 30 mesi, cessato prima del 12 gennaio 2025, tale periodo non viene calcolato per il raggiungimento del limite dei 24 mesi. Pertanto, il lavoratore potrà essere inviato in una o più missioni a termine il cui inizio è successivo a detta data, entro il limite massimo di 24 mesi.

Al contempo, le missioni in corso alla data di entrata in vigore della legge n. 203/2024, svolte in ragione di contratti tra agenzia e utilizzatore stipulati antecedentemente al 12 gennaio 2025, potranno giungere alla naturale scadenza, fino alla data del 30 giugno 2025, senza che l’utilizzatore incorra nella sanzione della trasformazione a tempo indeterminato del rapporto di lavoro con il lavoratore somministrato.

In quest’ultima ipotesi, tuttavia, i periodi di missione maturati successivamente alla data del 12 gennaio dovranno essere scomputati dal limite dei complessivi 24 mesi, previsti dall’articolo 19 del decreto legislativo n. 81/2015.

Ulteriori indicazioni sono state, poi, fornite in merito:
  • alle due ulteriori categorie di lavoratori escluse dal limite quantitativo del 30% di lavoratori a termine e di lavoratori somministrati a tempo determinato rispetto al numero dei lavoratori a tempo indeterminato in forza presso l’utilizzatore e che, quindi, sono utilizzabili in somministrazione a tempo determinato anche in sovrannumero (comma 1, lettera a), numero 2) dell’articolo 10);
  • alle disposizioni che modificano l'articolo 34 comma 2, del D.lgs. n. 81/2015, che incentivano le assunzioni di lavoratori in situazioni di particolare svantaggio, che eliminano l’obbligo di indicazione delle causali stabilite per le assunzioni con contratto a tempo determinato di durata superiore a dodici mesi in caso di assunzioni a tempo determinato di tali categorie di lavoratori (comma 1, lettera b), dell’articolo 10).

Attività stagionali

Con riferimento alle attività stagionali, l’articolo 11 del Collegato Lavoro fornisce l’interpretazione autentica dell’articolo 21, comma 2, del D.lgs. n. 81/2015, disponendo che le stesse sono riconducibili – oltre a quelle indicate dal D.P.R. n. 1525/1963 – anche a quelle previste dai contratti collettivi di cui all’articolo 51 del citato decreto n. 81/2015, ossia dai contratti collettivi nazionali, territoriali o aziendali stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e i contratti collettivi aziendali stipulati dalle loro rappresentanze sindacali aziendali ovvero dalla rappresentanza sindacale unitaria.

Avendo natura retroattiva, la disposizione si applica anche per i contratti collettivi firmati prima della sua entrata in vigore.

La norma, inoltre, considera stagionali non solo le tradizionali attività legate a cicli stagionali ben definiti, ma anche quelle indispensabili a far fronte ad intensificazioni produttive in determinati periodi dell’anno o a soddisfare esigenze tecnico-produttive collegate a specifici cicli dei settori produttivi o dei mercati serviti dall'impresa.

A riguardo, affida alla contrattazione collettiva il compito di chiarire specificamente – non limitandosi ad un richiamo formale e generico della nuova disposizione – in che modo, in concreto, quelle caratteristiche si riscontrino nelle singole attività definite come stagionali, al fine di superare eventuali questioni di conformità rispetto al diritto europeo (cfr. direttiva 1999/70/CE sul contratto a tempo determinato).

Durata del periodo di prova

Per quanto riguarda il periodo di prova, le nuove disposizioni introdotte dal Collegato Lavoro prevedono che, fatte salve le disposizioni più favorevoli della contrattazione collettiva, per i contratti di lavoro instaurati a partire dal 12 gennaio 2025, la durata del periodo di prova è fissata in un giorno di effettiva prestazione ogni quindici di calendario a partire dal giorno di inizio del rapporto.

Viene, inoltre, previsto un limite minimo per la prova pari a due giorni di effettiva prestazione e dei limiti massimi, differenziati, per i rapporti a termine di durata non superiore a sei mesi e per quelli compresi fra i sei e i dodici mesi, pari rispettivamente a quindici e trenta giorni di lavoro effettivo.

Nel caso di contratti di lavoro a termine di durata superiore a dodici mesi, fatte salve le più favorevoli previsioni della contrattazione collettiva, il periodo di prova sarà calcolato moltiplicando un giorno di effettiva prestazione per ogni quindici giorni di calendario, anche oltre la durata massima di 30 giorni, stabilita per contratti a termine di durata inferiore a dodici mesi.

Smart working

Intervenendo sull’articolo 23, comma 1, primo periodo, della legge n. 81/2017, il Collegato Lavoro fissa a 5 giorni il termine per la comunicazione dell’avvio e della cessazione delle prestazioni di lavoro in modalità agile e delle eventuali modifiche della durata originariamente prevista, secondo le modalità individuate con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali.
Viene, altresì, previsto che il termine per la comunicazione dell’accordo scritto decorre non dalla data del suddetto accordo, bensì da quello – che potrebbe essere differente – dell’effettivo inizio della prestazione di lavoro in modalità agile.

Così, ad esempio, ove un accordo fosse stipulato in data 15 gennaio 2025 e prevedesse l’avvio del lavoro agile dal 1° febbraio e la sua conclusione al 30 giugno 2025, la comunicazione dovrà essere effettuata entro il 6 febbraio 2025 (e non entro il 20 gennaio).
Per tutti i datori di lavoro privato, il nuovo termine di 5 giorni per la comunicazione obbligatoria di lavoro agile opera a partire dal 12 gennaio 2025.

Dimissioni per fatti concludenti

In materia di risoluzione del rapporto di lavoro per fatti concludenti, si ricorda che, attraverso l’introduzione del comma 7-bis all’articolo 26 del D.lgs. n. 151/2015, il Collegato Lavoro prevede che: “In caso di assenza ingiustificata del lavoratore protratta oltre il termine previsto dal contratto collettivo nazionale di lavoro applicato al rapporto di lavoro o, in mancanza di previsione contrattuale, superiore a quindici giorni, il datore di lavoro ne dà comunicazione alla sede territoriale dell'Ispettorato nazionale del lavoro, che può verificare la veridicità della comunicazione medesima. Il rapporto di lavoro si intende risolto per volontà del lavoratore e non si applica la disciplina prevista dal presente articolo. Le disposizioni del secondo periodo non si applicano se il lavoratore dimostra l'impossibilità, per causa di forza maggiore o per fatto imputabile al datore di lavoro, di comunicare i motivi che giustificano la sua assenza”.

A riguardo, riservandoci di tornare compiutamente sull’argomento, si evidenzia che la Circolare in commento ha, tra l’altro, chiarito che la presentazione di dimissioni per giusta causa tramite il sistema telematico da parte del lavoratore prevale sulla procedura di cessazione per fatti concludenti avviata dal datore di lavoro. Pertanto, la procedura telematica di cessazione a seguito di dimissioni per fatti concludenti, avviata dal datore di lavoro, viene resa inefficace se lo stesso riceva successivamente la notifica da parte del sistema informatico del Ministero dell’avvenuta presentazione delle dimissioni da parte del lavoratore.

Il Ministero chiarisce, inoltre, che la nuova disposizione non è applicabile nei casi previsti dall’articolo 55 del D.lgs. n. 151/2001, che prevede la convalida obbligatoria (con effetto sospensivo dell’efficacia) della risoluzione consensuale del rapporto di lavoro e delle dimissioni presentate:
  • dalla lavoratrice durante il periodo di gravidanza;
  • dalla lavoratrice madre o dal lavoratore padre durante i primi tre anni di vita del bambino o nei primi tre anni di accoglienza del minore adottato o in affidamento, o, in caso di adozione internazionale, nei primi tre anni decorrenti dalle comunicazioni della proposta di incontro con il minore adottando ovvero della comunicazione dell'invito a recarsi all'estero per ricevere la proposta di abbinamento.
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