5 aprile 2025

Dirigenti, prorogabile il patto di prova prima del termine

Autore: Marilena Rota
La proroga del patto di prova nel rapporto di lavorodirigenziale è legittima, purché venga concordata prima della scadenza del termine originario e resti entro il limite massimo previsto dalla contrattazione collettiva. Questo è il principio affermato dalla Corte di Appello di Venezia con la…

Il caso e la questione giuridica

La vicenda trae origine dall’impugnazione di un licenziamento – formalmente configurato come recesso per mancato superamento del periodo di prova – da parte di un dirigente che contestava la validità della proroga del patto di prova, regolarmente pattuita per iscritto con il datore di lavoro.

Secondo il ricorrente, la modifica dell’accordo avrebbe leso i suoi diritti, rendendo il licenziamento illegittimo. Il nodo giuridico centrale riguardava quindi la possibilità di prorogare il periodo di prova e le eventuali limitazioni a tale facoltà.

La decisione della Corte di Appello di Venezia

La Corte ha confermato la legittimità della proroga, evidenziando che non vi è alcuna rinuncia a diritti indisponibili ai sensi dell’articolo 2113 c.c., poiché, al momento della proroga, il lavoratore non ha ancora maturato un diritto alla stabilizzazione del rapporto, trovandosi in una fase in cui il recesso è ancora libero.

La regola della contestualità del patto di prova riguarda solo la sua stipulazione iniziale, e non le eventuali modifiche della durata, che possono essere concordate successivamente a patto che rispettino il limite massimo previsto dal CCNL.
L’inderogabilità si riferisce esclusivamente alla durata massima stabilita dal contratto collettivo, non alla possibilità di modificarne la durata entro tale limite.

La sentenza richiama, a sostegno della decisione, anche la pronuncia della Corte di Cassazione n. 3083/1992, la quale conferma che la proroga è censurabile solo nel caso in cui superi il limite massimo contrattuale.

L’equilibrio tra esigenze datoriali e tutela del lavoratore

La Corte ha inoltre respinto l’argomentazione secondo cui il lavoratore, trovandosi in una condizione di precarietà, sarebbe indotto a sottoscrivere la proroga contro la sua volontà. Al contrario, ha sottolineato come l’alternativa sarebbe ancora più svantaggiosa per il dipendente: se la proroga fosse vietata, il datore di lavoro potrebbe essere incentivato a interrompere subito il rapporto senza concedere un’ulteriore possibilità al lavoratore.

Questa interpretazione è in linea con la giurisprudenza della Cassazione, in particolare con quanto previsto dall’ordinanza n. 9789/2020, che ribadisce come il prolungamento del periodo di prova entro il limite massimo contrattuale non violi alcuna norma imperativa, essendo tale limite posto a tutela del lavoratore stesso.

Conclusione

La sentenza della Corte di Appello di Venezia offre un principio chiaro: entro il limite massimo previsto dal CCNL, le parti hanno libertà contrattuale nel determinare la durata del periodo di prova.

In quest’ottica, la proroga rappresenta non solo uno strumento di flessibilità per il datore di lavoro, ma anche un’opportunità per il lavoratore, che può dimostrare le proprie capacità ed evitare un’interruzione prematura del rapporto.
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