In tema di bancarotta semplice documentale, l'omessa tenuta, per oltre tre anni consecutivi, del bilancio di una società in liquidazione non fa venir meno l'obbligo del liquidatore di tenere i libri e le scritture contabili, la cui violazione integra il predetto reato. L'obbligo di tenere i libri e…
Il caso
Gli Ermellini hanno reso definitiva la condanna inflitta al ricorrente dalla Corte d’Appello di L’Aquila per il reato di bancarotta semplice documentale ex artt. 217, c. 2, 1 e 224 L. fall. (oggi vedi artt. 323 e 330 CCII).
Il predetto, prima nella veste di amministratore unico e poi in quella di liquidatore, ha omesso la tenuta dei libri e delle scritture contabili prescritte dalla legge nei tre anni antecedenti alla dichiarazione di fallimento.
A sua difesa l’imputato ha obiettato «che, poiché ai sensi all'art. 2490, ultimo comma, cod. civ., se per oltre tre anni consecutivi non è depositato il bilancio di liquidazione, la società è cancellata d'ufficio dal registro delle imprese, non avendo egli depositato, in veste di liquidatore, alcun bilancio dall'anno 2014, il triennio in questione era scaduto, al più, il 31 dicembre 2017, ossia in data antecedente di oltre dieci mesi rispetto a quella della dichiarazione di fallimento della società. Con la conseguenza che, a tale data, non aveva alcun obbligo di tenuta delle scritture contabili.»
Ebbene, la Suprema Corte ha affermato l’irrilevanza del mancato deposito dei bilanci di liquidazione rispetto all'obbligo di tenuta delle scritture contabili imposto al ricorrente.
1Dispositivo dell'art. 217 R.D. n. 267/1942 (Legge fallimentare)
È punito con la reclusione da sei mesi a due anni, se è dichiarato fallito, l'imprenditore, che, fuori dai casi preveduti nell'articolo precedente: […]
1) ha fatto spese personali o per la famiglia eccessive rispetto alla sua condizione economica;
2) ha consumato una notevole parte del suo patrimonio in operazioni di pura sorte o manifestamente imprudenti;
3) ha compiuto operazioni di grave imprudenza per ritardare il fallimento;
4) ha aggravato il proprio dissesto, astenendosi dal richiedere la dichiarazione del proprio fallimento o con altra grave colpa;
5) non ha soddisfatto le obbligazioni assunte in un precedente concordato preventivo o fallimentare.
La stessa pena si applica al fallito che, durante i tre anni antecedenti alla dichiarazione di fallimento ovvero dall'inizio dell'impresa, se questa ha avuto una minore durata, non ha tenuto i libri e le altre scritture contabili prescritti dalla legge o li ha tenuti in maniera irregolare o incompleta.
Salve le altre pene accessorie di cui al capo III, titolo II, libro I del codice penale [28 ss. c.p.], la condanna importa l'inabilitazione all'esercizio di un'impresa commerciale e l'incapacità ad esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa fino a due anni.
L’orientamento che ha guidato la decisione della S.C.
In relazione alla fattispecie di bancarotta semplice documentale, la giurisprudenza di legittimità – spiega in motivazione la sentenza in esame – ha stabilito che l'obbligo di tenere le scritture contabili, la cui violazione integra il reato, viene meno solo quando la cessazione dell'attività commerciale sia formalizzata con la cancellazione dal registro delle imprese, indipendentemente dal fatto che manchino passività insolute, trattandosi di reato di pericolo presunto posto a tutela dell'esatta conoscenza della consistenza patrimoniale dell'impresa, a prescindere dal concreto pregiudizio per le ragioni creditorie (tra le molte: Sez. 5, n. 20514/2019; Sez. 5, n. 15516/2011; Sez. 5, n. 35168/2005).
L'obbligo di tenere le scritture contabili non viene meno anche nel caso in cui manchino passività insolute ovvero l'attività d’impresa della fallita sia cessata di fatto, dovendo ritenersi non più sussistente tale obbligo solo se l'azienda abbia cessato anche formalmente la propria attività con la cancellazione dal Registro delle imprese (v. Sez. 5, n. 4727/2000 e altre successive).
Neppure nel caso di liquidazione l'obbligo di tenere le scritture contabili viene meno, tant’è vero che il legislatore si preoccupa di disciplinare le sorti dei libri contabili all'esito del compimento delle attività di liquidazione, disponendo all'art. 2496 c. c. che i libri della società devono essere depositati presso il Registro delle imprese a cura del liquidatore e conservati per dieci anni per poter essere consultati da chiunque ne faccia richiesta.
Le scritture contabili nella procedura di liquidazione sono finalizzate alla redazione del rendiconto degli amministratori alla data di messa in liquidazione della società e risultano indispensabili per il passaggio dalle valutazioni di funzionamento alle valutazioni di liquidazione, risultando propedeutiche alla redazione dei bilanci annuali e del bilancio finale. Tanto a dimostrazione del fatto che anche in caso di liquidazione incombono sull'organo rappresentativo della società gli obblighi di tenuta della contabilità e dei libri sociali.
Da tutto quanto sopra esposto, la sentenza n. 3016/2025 giunge alla conclusione che «la disposizione espressa dall'art. 2490, ultimo comma, c. c. (relativa alla società in liquidazione che negli ultimi tre anni non ha svolto le attività connesse a tale fase, mancando di depositare i bilanci) non può essere sovrapposta, né appare significativa in relazione alla responsabilità dell'amministratore/liquidatore ai sensi dell'art. 217, comma 2, L.F. per l'omessa tenuta dei libri sociali e delle scritture contabili, ricadendo tale responsabilità su un oggetto materiale diverso, non essendo il bilancio una scrittura contabile.»
Come più volte evidenziato dalla giurisprudenza di legittimità, il reato di bancarotta documentale fraudolenta o semplice non può avere a oggetto il bilancio, non rientrando quest'ultimo nella nozione di "libri" e "scritture contabili" prevista dalla norma (Sez. 5, n. 42568/2018; Sez. 5, n. 47683/2016). Peraltro, il reato di inosservanza dell'obbligo di deposito del bilancio sociale alla data del fallimento, previsto dagli artt. 220 e 16 n. 3 L.F., concorre con il reato di bancarotta semplice documentale, consistito nell'avere omesso di tenere il libro giornale e il libro degli inventari, trattandosi di fatti di reato aventi oggetto materiale diverso.
La Suprema Corte, dunque, ha confermato l’impugnato giudizio di colpevolezza, posto che – scrive – «risulta irrilevante il mancato deposito dei bilanci di liquidazione rispetto all'obbligo di tenuta delle scritture contabili imposto al ricorrente.»
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