14 ottobre 2011

ACCERTAMENTI ESECUTIVI. È questo il vero problema?

A cura di Antonio Gigliotti

Sono trascorse due settimane da quando è entrato in vigore il nuovo accertamento esecutivo. Accertamento che dovrebbe ridurre i tempi della riscossione. Infatti se si considera che una volta fatti gli accertamenti, per poter incassare, si devono formare i ruoli e trasmetterli ad Equitalia (tempo impiegato, mediamente un anno), quest’ultima poi da quando li riceve dispone all’incirca di nove mesi per stampare e notificare le cartelle, che non possono essere incassate prima di sessanta giorni dalla consegna all’interessato. (tempo trascorso un altro anno). La soluzione di cui si aveva bisogno era di rendere più immediati i frutti del contrasto all’evasione e quindi avvicinare sempre più l’accertamento alla riscossione. Con la nuova procedura in sostanza il Fisco guadagna circa un anno. A me, così come a tanti colleghi, non spaventa in sostanza questo nuovo avviso di accertamento, ma piuttosto ciò che sta dietro ad esso, e cioè gli atti precedenti alla sua emissione.

L’amara constatazione, purtroppo è che ci stiamo avviando sempre più verso un sistema che tende ad essere troppo fondato su delle presunzioni, secondo le quali ad esempio se nella media “costruita” 100 dovrebbero avere un reddito di 50, quasi certamente tutti gli altri devono avere lo stesso reddito. Ciò implica un’inversione dell’onere della prova in capo al contribuente, che lo impegna – e noi professionisti con lui - a delle estenuanti “lotte” con l’ufficio, nel tentativo di spiegare che se si tratta di una media, di conseguenza è anche possibile essere al di fuori di essa. Ed invece solitamente ci troviamo di fronte ad un ufficio, che non vuol sentire, obbligato a raggiungere spesso dei risultati in termini di accertamenti, ufficio che spesso ci liquida con la solita frase “ tanto poi potrà giustificare il tutto in CT”.

Ma pensate ancora a ciò che sta per arrivare per effetto dello spesometro, redditometro e accertamenti bancari, dove la capacità del fisco di ricostruire in modo indiretto i ricavi e compensi delle imprese e professionisti impone a tutti noi la necessità e l’urgenza di rivedere e ripensare la gestione delle nostre attività economiche.

Ciò è dovuto al ricorso sempre più ricorrente da parte del fisco a strumenti istruttori dotati di una specifica efficacia probatoria. Ed a tale proposito mi vengono in mente gli accertamenti bancari che impongono a professionisti e imprenditori di dimostrare, oltre alla provenienza delle somme versate, anche il destinatario delle somme prelevate. In queste situazioni ci troviamo di fronte a delle regole rigide che impongono a tutti noi di adeguare le nostre abitudini onde evitare che, nell’impossibilità di dimostrare fatti e vicende che ci riguardano, il fisco possa rettificare le nostre dichiarazioni presentate, emettendo degli avvisi di accertamenti divenuti esecutivi. Recuperando non quello che sarebbe giusto e cioè il frutto dell’evasione, ma gli effetti della scarsa attenzione che i contribuenti operatori economici, pongono nella gestione delle proprie attività.

Ed allora non è più pensabile ed accettabile di avere a che fare con un ufficio, che ci liquida con due parole, in quanto d’ora in avanti andare in Commissione Tributaria, vuol dire presentare un ricorso e quindi, aver sostenuto già dei costi, certamente più elevati per la sola presentazione, avendo dovuto pagare un contributo di solidarietà, agganciato al valore della lite e non più l’imposta di bollo, proporzionata ai fogli del ricorso. Poi naturalmente, c’è il professionista da pagare. Poi siamo, ancora, di fronte ad un accertamento, impugnato, che è già diventato esecutivo.

Allora mi chiedo e vi chiedo, il problema forse non è tanto l’avviso di accertamento esecutivo, ma piuttosto ciò che sta dietro di esso e quindi l’impossibilità, pur avendo a volte pienamente ragione, di prevenirlo o magari ridimensionarlo a seguito di un vero contraddittorio con l’ufficio.

Devono cambiare il metodo di fare le verifiche, non più agganciate all’esigenza di fare cassa, e responsabilizzando gli accertatori spingendoli a migliorare la qualità e la sostenibilità degli atti stessi, evitando sul nascere contestazioni di dubbia legittimità.
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