27 agosto 2012

Contante: panacea della lotta all’evasione fiscale?

a cura di Antonio Gigliotti

La calura estiva che ha arso col sole cocente città e spiagge italiane dovrebbe abbandonare presto il Belpaese, cedendo il posto a giornate più fresche. In attesa di poter riprendere a respirare senza la canicola alle calcagna, nei salotti buoni dell’Italia, al rientro delle ferie, torna a farsi spazio l’annosa questione della lotta all’evasione, peraltro ritenuta la principale causa della crisi che ormai da qualche anno caratterizza l’economia nostrana.

Così riemergono, dopo settimane di assopimento in riva al mare, i coscienziosi rimedi propinati da personaggi più o meno competenti, in merito alle strategie da adottare per arginare e poi sopprimere il delicato fenomeno.
Finora gli evasori li abbiamo chiamati “furbi”, ma da qualche tempo il nostro Presidente del Consiglio ha invitato i giornalisti a definirli “ladri”. Se ne deduce che l’evasione tributaria debba essere giudicata alla stregua di un furto.

Ma Mario Monti non è il solo, negli ultimi giorni, ad essere intervenuto sul fronte della lotta all’evasione. Tant’è che anche il mondo dell’informazione d’inchiesta s’è interrogato sulla questione, scovando non pochi possibili rimedi. Esempio ne è l’intervento della giornalista Milena Gabanelli, secondo la quale una parte significativa dell'evasione fiscale si nasconde in scambi economici che hanno luogo con il semplice trasferimento di banconote. Ne consegue che eliminando il contante si otterrebbero grandi risultati nella battaglia ai parassiti fiscali.

La Gabanelli propone altresì di applicare una tassa fissa (ancora una tassa!) del 33% su tutti i prelievi e i depositi in contanti. Tale imposta verrebbe poi restituita (??) come sgravio fiscale per i primi 150 euro prelevati in un mese, ossia la restituzione avverrebbe sull’ammontare che in genere serve a coprire le piccole spese quotidiane come l'autobus, il giornale o il parcheggio.
Fin qui nulla di strano. Proporre non costa nulla né a chi lo fa né a chi ascolta. Ma è mio dovere, essendo un discreto conoscitore di Fisco, ricordare che nel nostro Paese esiste già una norma che vieta la circolazione del contante per importi pari o superiori ai mille euro. In ragione di ciò, tenterò di spiegare perché penso che la proposta della giornalista non sia una buona idea.

Mi preme sottolineare la mia naturale avversione all’evasione fiscale, e quindi sono ampiamente favorevole a provvedimenti seri che vanno nella direzione di una definitiva vittoria su siffatta piaga sociale ed economica. Ciò detto, risulta ora opportuno cercare di capire cosa potrebbe accadere qualora una proposta affine a quella della Gabanelli dovesse seriamente prender piede.

Intanto, alla stregua di quanto giustamente affermato dal Prof. Lippi, una simile opzione produrrebbe dei costi legati alle modalità di contrazione della circolazione del contante. In sostanza, i cittadini, a seguito del divieto della circolazione del contante (addirittura senza alcuna soglia minima), sarebbero costretti a perdere del tempo (utile), per liberarsi del denaro in loro possesso, con la conseguenza che anche la più semplice transazione che prima si svolgeva per mezzo del contante avrebbe una durata maggiore a causa dell’intervento dei nuovi strumenti tracciabili quali carte di credito, assegni bancari, ecc...

A questo punto quello che mi chiedoè: se si appoggiasse la proposta della Gabanelli, eliminando l’uso del cash, gli italiani onesti come farebbero a svolgere tutte quelle attività di carattere quotidiano come l’acquisto della spesa, di un caffè al bar o del giornale?

Ma la giornalista previdente ha già trovato risposta alla mia domanda. Secondo lei, sarà sufficiente usare un iPhone o la carta di credito. Peccato però che il 15% della popolazione non è in possesso di alcun conto corrente bancario. Questa gente non potrà pagare? Non si tratterà di un ulteriore peso burocratico che andrà ad aggiungersi al carico già esistente? E, in aggiunta, non possiamo dimenticare che in Italia l’uso massiccio del contante è dovuto anche al fatto che esiste un’economia sommersa che, a parere di alcuni, è l’unico fenomeno che finora ha tenuto ben saldo il tessuto economico e imprenditoriale delle piccole imprese.

Inoltre, l’uso del contante in Italia è anche la conseguenza di una minore diffusione, rispetto ad altri Paesi, di strumenti finanziari evoluti (carte di credito, carte di debito, ecc.) che di certo le banche (in Italia poi…) non regalano. Fra l’altro, soprattutto per gli anziani, oltre a esserci una certa difficoltà ad utilizzare tali strumenti, non meno importante è il relativo costo che si dovrebbe sopportare dal momento che le banche non fanno sconti. Pertanto per molte persone oneste, non evasori, che non hanno accesso agli iPhone o alle carte di credito, il contante rimane l’unico strumento per effettuare transazioni semplici.

Infine, non penso che l’eccessivo uso del contante sia bacino di un progredire del fenomeno evasivo, come si cerca di affermare. Si consideri, infatti, che i pagamenti cash sono molto utilizzati anche in Paesi dove l’evasione è molto bassa, come ad esempio Svezia, Germania (dove non esiste nessun limite al contante), Austria e Giappone.

E per concludere, consentitemelo, qui si tratta di discutere circa la libertà individuale! Se una siffatta proposta dovesse piacere a chi ci governa, a farne le spese saranno tutti i cittadini, con la conseguenza che finiremmo tutti con l’essere costantemente spiati ed osservati (come se già non lo fossimo abbastanza!), dal momento che in ogni attimo della nostra vita dovremmo render conto di ogni piccola spesa.

E anche sforzandomi per un attimo di pensare che quella dell’eliminazione del contante possa essere una delle soluzioni al problema dell’evasione, comunque prima bisognerebbe prendere in considerazione l’ipotesi di cambiare tutto il sistema, e fare in modo che tutti siano dotati di strumenti capaci di accettare pagamenti con moneta elettronica (dal barista al fruttivendolo) e che il tutto, (affinché oltre al danno non ci sia anche la beffa) non si risolva in un nuovo grosso affare per le banche, cosa non improbabile visti i tempi.

Mi si perdoni, ma ora non posso non pensare a Giulio Andreotti, il quale in simili circostanze avrebbe detto "A pensar male si fa peccato ma spesso si indovina".
 © Informati S.r.l. – Riproduzione Riservata
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