27 settembre 2012

LA SCONFITTA DELLA DEMOCRAZIA

A cura di Antonio Gigliotti

È di ieri sera la notizia della conferma della condanna per il direttore del Giornale Alessandro Sallusti. Almeno per il momento – perché in questo Paese non si sa mai – non corre l'imminente rischio della galera. La procura, infatti, attraverso un comunicato del capo Bruti Liberati, ha fatto sapere che l'esecuzione della pena è sospesa. Una pena detentiva di 14 mesi di reclusione che la Corte d’Appello di Milano ha appena confermato, proprio mentre vi scrivo.

Resto fortemente colpito da quanto accaduto sia come direttore di un modesto quotidiano che conosce le gioie e i dolori di questo meraviglioso mestiere, che come cittadino che vede condannato un giornalista vittima di regole rigide e anacronistiche, che mettono in difficoltà un sistema democratico.

Ma andiamo ai fatti: Sallusti è accusato di diffamazione per un articolo apparso su Libero, giornale che all'epoca dirigeva, nel febbraio 2007 a firma Dreyfus. Nell'articolo si commentava la vicenda di un aborto di una ragazzina di 13 anni, che non volendo rivolgersi al padre per l'autorizzazione, d'accordo con la madre, aveva chiesto al giudice di tutelare il permesso di interrompere la gravidanza. L'autore, nascostosi dietro uno pseudonimo, attaccava il magistrato e i genitori, parlando di aborto coattivo. E aggiungendo una serie di falsità a proposito del consenso della ragazza, che per l'articolista era ferocemente contraria.

Sallusti, responsabile dell'articolo e dei titoli in quanto direttore del giornale, in primo grado aveva ricevuto una condanna a cinquemila euro di risarcimento. In Appello i giudici avevano modificato la pena in un anno e due mesi di detenzione.

Ora si possono condividere o meno le idee espresse in questo articolo, si possono condividere o meno i metodi utilizzati ma non si può nel 2012 sbattere un direttore di un giornale in galera. È vero, il codice lo prevede, ma è ridicola una tale rigidità del sistema quando i veri delinquenti che mettono a repentaglio la nostra sicurezza personale o i veri truffatori se ne vanno in giro liberi, ignorati dalla giustizia.

Tutto è opinabile, si possono scrivere fiumi di parole su questa vicenda. Ma io mi appello al buon senso, quel caro vecchio buon senso che oramai pare essersi smarrito. Siamo in Italia, il Paese dove tutto è possibile, dove le regole esistono per non essere applicate, dove l’illegalità purtroppo – è parte di una certa cultura. Io dico, azzeriamo tutto. Pensiamo a ciò che è giusto e ciò che non lo è e andiamo avanti per una strada comune. Mandare in galera un direttore, seppur con delle responsabilità dimostrate, non ci migliora come Paese. Al contrario aggiunge anomalie ad anomalie. Continua a farci distinguere in peggio. Andiamo a colpire chi davvero nuoce alla nostra economia, alla nostra politica, alla nostra morale.
 © Informati S.r.l. – Riproduzione Riservata
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