26 marzo 2013

POVERI NOI

A cura di Antonio Gigliotti

Cari amici e colleghi, responsabilità dovrebbe essere la parola d’ordine non solo per quel che concerne la categoria, attraversata da correnti contrastanti, ma anche in merito alla politica nazionale dove a uno spiraglio di chiarezza sono susseguite raffiche di incertezza. Una responsabilità che dovrebbe travalicare qualsiasi barlume di egoismo personale.

Per quanto la nostra categoria stia facendo del suo meglio per venirne fuori, la situazione non è ancora del tutto migliorata. Medesima tendenza è quella che sta vivendo l’Italia. Proprio la scorsa settimana, in occasione del meeting di Cernobbio, il presidente della Confcommercio Carlo Sangalli ha snocciolato dati per nulla rincuoranti. Le previsioni economiche per il 2013 hanno assunto una tendenza pessimista, tant’è che le stime preliminari sono state corrette al ribasso con un Pil che attualmente è al -1,7% dopo il -0,8% di cinque mesi fa. Per non parlare poi dei consumi, la cui flessione aumenta del 2,4%. La Confcommercio spiega un siffatto andamento con la maggiorazione dell’indice di povertà, nel 2013 infatti nel nostro Paese vi sono 4,2 milioni di poveri, quasi il doppio rispetto al 2006. È come se l’Italia avesse prodotto circa 615 nuovi poveri ogni giorno! Un fenomeno questo peggiorato dalla dilagante disoccupazione. Secondo l’Istat, trovare un lavoro diventa sempre più difficile, soprattutto per i giovani. L’anno scorso, ad esempio, tra gli under 35 laureati si contavano circa 200.000 disoccupati, percentuale in crescita del 43% rispetto al 2008.

Ecco perché un governo è indispensabile, almeno per traghettarci verso periodi più calmi. Purtroppo però, invece di assistere a un presa di posizione decisa, siamo costretti a sorbire continue indecisioni finalizzate quasi esclusivamente alla detenzione del potere. È questa la classica, solita, vecchia politica, interessata ai fini personali dei singoli più che al bene della collettività. E il mio giudizio non è campato per aria, ma giustificato dai comportamenti, privi di ogni senso di responsabilità, adottati negli ultimi giorni da chi è stato incaricato di formare il governo.

Non si può certo affermare che noi, come categoria, siamo estranei da questi giochi raccapriccianti. Solo la scorsa settimana guardavamo fiduciosi ai nuovi risvolti che stava assumendo la vicenda del rinnovo della governance, con propositi ammirevoli illustrati in lungo e in largo dai candidati di entrambe le liste. Questa settimana però ci siamo svegliati con nuove incertezze e dubbi, perché abbiamo visto che il ‘bene della categoria’ non è incondizionato (come dovrebbe), bensì legato a condizioni e premesse. Circola da qualche giorno un documento, redatto e sottoscritto dalle liste Longobardi – Di Russo, in base al quale tutti i firmatari si impegnano a ritirare candidature e ricorsi. Ora è emerso che la presente sottoscrizione, pur lasciando piena autonomia decisoria agli Ordini, nulla garantirebbe in merito a un’eventuale ricandidatura dei protagonisti attuali e passati né tanto meno in merito a un’eventuale lista unica. Un simile punto di incertezza ha messo sugli attenti la lista Miani-Marcello, che firmerà quel documento solo se esiste un’assicurazione circa la volontà di non ricandidare alla guida della categoria gli attuali soggetti coinvolti nelle competizioni elettorali, cercando quindi un ‘soggetto terzo’ estraneo all’attuale e alla precedente tornata elettorale. A tutto ciò si aggiunge l’incertezze determinata dal comportamento dell’ex presidente Claudio Siciliotti che, pur avendo ritirato la propria candidatura, ha in realtà bloccato il corso delle elezioni celando le sue reali intenzioni.

Quindi è chiaro che siamo ancora al punto di partenza, solo che questa volta abbiamo le valigie disfatte e i biglietti sono andati perduti, oltre al fatto di non saper proprio in quale direzione incamminarci. Mentre ai ‘vertici’ bisticciano a colpi d’inchiostro, alla ‘base’ si continua a lavorare con amarezza e molta indignazione. Lo si è ripetuto più volte: la professione non ha tutele se è priva di rappresentanza. Siamo scoperti, gettati nel generale disinteresse. Un esempio? Ebbene, il prossimo 2 aprile scade il termine per la comunicazione dei beni aziendali. Una scadenza troppo vicina a una miriade di altri adempimenti e per la quale solo ieri, a distanza di pochi giorni dalla scadenza, è giunta la proroga ufficiale.

Questo significa non avere una governance che avrebbe potuto mettere in risalto con un po’ più di anticipo, magari alzando anche la voce, tale situazione. Non è possibile che si arrivi ad avere la proroga quando mancano ormai pochi giorni alla scadenza. È questo lo spirito collaborativo che invoca l'Agenzia delle Entrate, promuovendolo solo a parole? Di questo tipo di collaborazione non ne abbiamo bisogno.

E tutto ciò accade, cari colleghi, nonostante il "salto" in politica di alcuni colleghi. È probabile tuttavia che costoro fossero abituati a trattare problemi "macroeconomici” e di ciò che in realtà avviene nei nostri studi non ne siano a conoscenza… o forse sono per loro già lontani ricordi.

Che sconforto! 114.000 colleghi costretti ad assistere a un’indecorosa soap opera fatta di egoismi personali e tatticismi vari, con il rischio costante di un’esplosione dietro l’angolo. Quello che leggo, più che preoccupazione per la categoria, è il disprezzo per i nostri sacrifici… ma attenzione perché, come scriveva l’inglese Thomas Fuller,molti possono sopportare l'avversità, ma pochi tollerano il disprezzo”.
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