4 giugno 2013

Redditometro: il flop è confermato!

A cura di Antonio Gigliotti

Ne avevamo già parlato, allarmati e stupiti che nessuno, dalle sedi giuste, ci avesse dato ascolto. Ora però è intervenuta la Corte dei Conti che, dopo non poche esternazioni da parte di vari organi giurisdizionali, ha definitivamente chiarito la scarsa incisività del redditometro e dello spesometro (registrazione delle operazioni di importo pari o superiore a 3.600 euro) nei confronti della lotta all’evasione. La magistratura contabile, proprio in questi giorni, ha sottolineato come entrambi gli strumenti siano a tutti gli effetti rischiosi e non pongano alcun argine ai comportamenti evasivi. Nello specifico, lo spesometro avrebbe incentivato la tendenza agli acquisti in nero sia di beni che di servizi.

Non c’è che dire, davvero un pessimo risultato!! Per nulla distante dalle nostre previsioni.
Infatti nelle scorse settimane avevamo sottolineato simili pericoli che, di fronte alle vane speranze di legislatori che non conoscono la realtà, risultavano molto più concreti. L’introduzione del redditometro e dello spesometro, oltre a non aver avuto alcun impatto d’argine né sull’evasione né sull’elusione fiscale, ha anche dato una frenata d’arresto ai consumi… Almeno a quelli registrati alla luce del sole, perché come la stessa Corte dei Conti ha posto in evidenza, le transazioni in nero risultano aumentate.
Eppure notizie di tal natura non sono nuove. Nel senso che, come avevamo visto, anche il Tribunale di Napoli (Sezione civile distaccata di Pozzuoli) il 21 febbraio 2013 si era espresso sull’illegittimità del redditometro. Nella sentenza il giudice partenopeo aveva infatti segnalato come il nuovo strumento accertativo violasse la privacy della persona. A sostegno di tale tesi, a poco meno di due mesi dopo la pronuncia del Tribunale di Napoli, si espresse la Ctp di Reggio Emilia, seconda Sezione (Presidente e relatore Crotti), con la sentenza n. 74.02.13 i giudici emiliani, recependo in maniera completa le precedenti disposizioni partenopee, avevano finito con il ritenere illegittimo e radicalmente nullo il D.M. del 24/12/2013.

Ma sappiamo bene che il giudizio attuale della Corte dei Conti non è neanche estraneo alle collisioni tra analisi statistiche e principi di legalità costituzionale e comunitaria, nonché il diritto di difesa. In altri termini, il redditometro andrebbe a pregiudicare quest’ultimo diritto riconosciuto dall’articolo 24 della Costituzione e dall’art.38 del D.P.R. 600/73, in quanto non si darebbe modo ai contribuenti di provare d’aver sostenuto spese inferiori a quelle risultanti dalle medie Istat. Ciò significa che qualora le medie Istat prevedessero che un soggetto debba spendere 100 euro per alimenti e abbigliamento, mentre in realtà questi andrebbe a spenderne la metà, non gli è concessa la possibilità di dimostrare la spesa effettiva inferiore a quella stimata.

È chiaro quindi che quando la magistratura contabile dichiara che “il clamore mediatico suscitato dal nuovo meccanismo di ricostruzione sintetica dei redditi appare francamente sproporzionato alle limitate potenzialità dello strumento e alla presumibile efficacia dello stesso”, non fa altro che ufficializzare una realtà che noi commercialisti, anche da queste pagine, ripetiamo da mesi.

Il redditometro e lo spesometro non sono strumenti precisi e non servono a nulla contro il fenomeno dell’evasione, piaga che quindi non può essere combattuta avvalendosi di metodi accertativi che mostrano così tante carenze. Ovviamente la consapevolezza che il redditometro sia stato definitivamente messo appunto da un governo di tecnici lascia un po’ basiti. È infatti una situazione rappresentativa della totale ignoranza e non conoscenza diretta e concreta delle dinamiche reali che quotidianamente coinvolgono i contribuenti quali parti attive di transazioni più o meno dispendiose. Transazioni che per nessuna ragione possono rientrare in stime statistiche.

Lo avevamo segnalato, abbiamo continuato a farlo mentre nessuno prestava orecchio ai nostri allarmi. Ora è intervenuta la Corte dei Conti. La speranza è che neanche i giudici contabili rimangano inascoltati! Purtroppo i devastanti risultati sono sotto gli occhi di tutti. Si dice che ‘non c’è peggio sordo di chi non vuol sentire’, possiamo ben dire che allo stesso tempo ‘non c’è peggior cieco di chi non vuol vedere’!
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