28 novembre 2012

STRUMENTI INUTILI PER GRANDI SPERANZE

A cura di Antonio Gigliotti

Ci eravamo già soffermati nelle scorse settimane sulle misure attivate dal nostro governo al fine di arginare la piaga dell’evasione fiscale. All’epoca avevamo chiarito che piuttosto che dimostrare rigore e severità per la piccola evasione quotidiana (che è comunque da tenere a bada), il team esecutivo avrebbe dovuto tirare fuori i denti sul versante delle multinazionali e delle grandi aziende la cui evasione o elusione tributaria ammonta a decine di miliardi senza che ciò abbia provocato (purtroppo!) grosse conseguenze in termini di accertamento.

Ora, è del tutto condivisibile la crociata imbastita dal governo, convinto più che mai che dichiarare guerra all’evasione di stampo fiscale possa far guadagnare alle casse statali entrate che finora sono state convogliate verso siti oscuri. Non è dubitabile che sia un cammino necessario, tenuto conto altresì dell’ormai cresciuto livello di irregolarità nei confronti degli obblighi fiscali ai quali ogni contribuente, grande o piccolo, è chiamato. “Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Il sistema tributario è informato a criteri di progressività”, cita l’articolo 53 della nostra Costituzione e tale disposizione dovrebbe essere a fondamento del rapporto tra cittadini e Fisco. Pertanto ben si comprende la smania governativa di ripristinare il giusto equilibrio in materia di entrate tributarie. Il punto che destabilizza l’ago della bilancia è che pare si stia tentando, di volta in volta, di prendere dove oramai è rimasto davvero poco, chiudendo tutti e due gli occhi su altri comparti, quali l’alta finanza o le grandi società, alcove che nascondono il grosso dell’evasione… Quella studiata a tavolino, per intenderci! Quella che riceve colpi, mai troppo duri, solo sporadicamente, giusto per non perdere l’abitudine.

Ciò su cui vorrei soffermarmi oggi, che ovviamente si riferisce a questo grande problema dell’evasione, è la norma sul “CONFLITTO D’INTERESSI”, provvedimento in discussione e che, qualora dovesse diventare ufficiale, permetterebbe la detraibilità totale/parziale (vedremo) degli scontrini e delle ricevute su ogni singola spesa (vedremo anche qui quali spese) effettuata dai contribuenti. Si tratta di un provvedimento che alcuni (ma non tutti) dal fronte governativo interpretano alla stregua della chiave di volta nella battaglia all’ultimo sangue contro l’economia sommersa. In sostanza, stabilendo la completa detraibilità, il contribuente/acquirente otterrebbe un vantaggio in termini economici ogniqualvolta presentasse in dichiarazione uno scontrino o una ricevuta… Pertanto una siffatta conseguenza porterebbe il contribuente a pretendere, a ogni acquisto, il rilascio dello scontrino!

Perché si parla di “conflitto d’interessi”? Ebbene, gli interessi in contrasto sarebbero quelli del venditore/contribuente e del compratore/contribuente. In sostanza, la convenienza a evadere dell'uno troverebbe un ostacolo nella convenienza a rendere nota la transazione al Fisco da parte dell'altro. La lotta all’evasione, dunque, si delinea nel fatto che l’acquirente, potendo detrarre praticamente tutto, ha un maggior interesse nel richiedere la ricevuta fiscale sia per fruizione di servizi che per transazione di beni. In termini spiccioli, qualora ci troveremmo ad aver bisogno dell’elettricista, ogni prestazione da questi erogataci dovrebbe essere fatturata, al fine da consentirci di presentarla in dichiarazione e ottenere, quindi, la detrazione.

E fin qui, nulla da obiettare. Il venditore o prestatore di servizio presenta scontrino o fattura, il beneficiario la porta al proprio commercialista e questi provvede a inserirla in dichiarazione ai fini della detraibilità. Una siffatta catena virtuosa permetterebbe di arginare una piccola parte di evasione o elusione fiscale. Perfetto! Ma la catena virtuosa attecchisce in un terreno altrettanto virtuoso. Nel senso che coloro che, ad oggi, hanno sempre prodotto scontrino o ricevuta, continueranno sicuramente a farlo anche in vigenza di una siffatta disposizione. Quanti invece non sono stati mai avvezzi al rispetto delle norme fiscali, troveranno certamente scappatoie più semplici per evadere dai propri obblighi tributari.

Ipotizziamo il caso di un contribuente che spende 1.000 euro. Su questa spesa certificata si riconosce una detrazione del 20%, quindi uno sconto di circa 200 euro che il contribuente potrà sottrarre dall'Irpef dovuta al Fisco. Da un tal punto di vista, l’operazione risulta molto vantaggiosa per il contribuente, il quale non accetterebbe mai di pagare senza ricevuta fiscale.

Ma se a fronte della medesima spesa, il commerciante, l’artigiano o il professionista dovessero proporre al contribuente l’alternativa di una spesa con “sconto immediato”, però senza fattura, quindi senza Iva, come si comporterebbe lo stesso virtuoso contribuente?

È ovvio che l’auspicio di noi tutti è che, nonostante quello che banalmente indichiamo col termine di “sconto immediato”, il contribuente decida di procedere comunque lungo la via della regolarità. Ciò detto, non si può nascondere che i dubbi sarebbero davvero molti e tutti avallati dalla difficile congiuntura economica che stiamo vivendo. Un contribuente medio che, a fonte di un risparmio futuro, vede contrapporsi un risparmio immediato e certo, potrebbe non essere tanto forte al punto di decidere d’attendere la presentazione della dichiarazione. Potrebbe quindi essere preferibile un risparmio immediato, piuttosto che quello diluito nel tempo.

Altro problema non di poco conto sarebbe quello della copertura, ossia delle risorse statali volte a fronteggiare l’erogazione di un siffatto bonus. Lo Stato è certo di poter garantire quanto promette o dovremo nuovamente assistere a una perdita di gettito, magari giustificata dal recupero dell’evasione? Siamo sicuri delle previsioni o ci stiamo giocando il problema sul tavolo delle scommesse?

I Paesi che hanno adottato un tale sistema hanno conseguito un vero e proprio fallimento. Si veda la situazione in Bolivia, a Cipro Nord e in Turchia, dove i costi per gli adempimenti fiscali e la burocrazia in capo ai contribuenti sono stati superiori ai vantaggi fiscali ottenuti. E piuttosto che aumentare le entrate erariali, sono cresciute le uscite, in quanto v'è stata un’esplosione di fatture e ricevute relative ad acquisti effettuati da soggetti diversi dal richiedente o addirittura completamente false.

In definitiva, è lodevole impegnarsi nel tentativo di combattere l'evasione, ma penso che sia ormai giunta l’ora di spostare gli obiettivi decidendo finalmente di colpire quella grossa evasione o elusione fiscale praticata dalle grandi aziende.

Il saggio Svetonio, attento e preciso scrittore della Roma imperiale, riferendosi al sistema impositivo sosteneva che “il buon pastore deve tosare le pecore, non scorticarle”. Considerando fatti e proposte attuali, direi che dalla tosatura allo scorticamento il passo è breve!
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