16 aprile 2013

UNA FORTE O TANTE E DEBOLI..?

A cura di Antonio Gigliotti

Cari amici e colleghi, la governance è assente, nonostante ANCHE i nostri accorati appelli a giungere comunque a una via risolutiva. Non si può negare infatti che stiamo sopportando (fino a quando?) dei disagi immani già da diversi mesi. E questo perché non solo non abbiamo potuto avere un Consiglio nazionale capace di rappresentarci e di tutelarci (sia prima del 15 ottobre che dopo), ma anche perché all’interno della categoria c’è molta divisione, dove per divisione non intendo scontro, bensì la separazione di obiettivi e interessi che fa della nostra professione una sorta di Italia dei comuni… Divisa e costantemente soggetta ad attacchi esterni.

In questi giorni dopo l’entusiasmo che avevamo avuto a seguito del senso di responsabilità dimostrato dai candidati di entrambe le liste nel fare un passo indietro, siamo ricaduti nella situazione stagnante e, consentitemi il termine, a dir poco vergognosa.

Ma perché parlavo di mancanza di unità all’interno della categoria? Ebbene, in primo luogo è necessario considerare che nel complesso siamo circa 114.000 iscritti all’Albo. Una tale cifra però si distribuisce a sua volta su DIECI sigle sindacali. Ora, lungi da me dal criticare o avanzare disappunto sull’operato di queste ultime, verso le quali nutro invece una grande stima, ma pur tuttavia non può negarsi che siano troppe se rapportate al numero totale di dottori commercialisti ed esperti contabili presenti sul territorio nazionale.

È capitato che in alcune circostanze esse percorrano vie diametralmente opposte, mentre in altre camminano in parallelo, anche se in ogni caso non vi sono mai stati scontri accesi e pericolosi per la categoria, ma inevitabilmente risultano deboli.

A questo punto mi chiedo e vi chiedo, cari colleghi, ma non sarebbe molto più proficuo e costruttivo pensare a una fusione delle stesse, farle convogliare in un’unica sigla sindacale forte e unitaria, capace davvero di far sentire la propria voce in difesa della categoria?

Si consideri, ad esempio, che per gli avvocati v’è la metà delle sigle sindacali che abbiamo noi e per i consulenti del lavoro sono addirittura due. Tenendo presente che l’Albo forense ha ben 247.040 iscritti (ultima stima di agosto 2012), mentre quello dei consulenti è un numero un po’ più esiguo pari a circa 28.000 iscritti.

È vero che alcune di esse hanno una maggiore rappresentatività, in termini di iscritti e con una presenza giornaliera nella vita di categoria, ma accanto a queste vi sono anche delle piccole sigle sindacali che non hanno analoga rappresentanza.

Ecco perché penso sia opportuno ridurre il numero delle sigle, solo con l’unione infatti si può sperare di accrescere la propria forza e il proprio peso nel momento in cui c’è da decidere. Già lo scorso anno avanzai una proposta analoga. Ora intendo riprenderla e ricordare, a quanti all’epoca la appoggiarono, che è giunto il momento di passare dalle parole ai fatti. ORA O MAI PIÙ... MEGLIO UNA O POCHE E FORTI, CHE TANTE E DEBOLI!

A tal proposito, vedo di buon grado le iniziative promosse da alcune sigle sindacali volte alla costituzione di un fronte unitario. E mi trovo parallelamente d’accordo col SiC quando, nei giorni scorsi, ha affermato l’esigenza di riscoprire una unità troppo spesso ignorata. L’unità che deve slegarsi da provincialismi, da appartenenze di formazione o di età. Se l’Albo è unico, se il Consiglio nazionale al quale facciamo riferimento è uno solo, allora che senso hanno i diversi sindacati divisi fra ragionieri commercialisti, dottori commercialisti, vecchi e giovani? A mio parere, tali divisioni non hanno ragion d’esistere. L’unione è la sola via di salvezza in una realtà ormai eccessivamente frammentata.

Un antico detto cinese afferma che “l’unità di un popolo sa trasformare l'argilla in oro”. Questa trasformazione della nostra categoria sta già avvenendo. Il 7 maggio a Roma, accanto ai presidenti e ai vicepresidenti che si confronteranno per dar vita alla nuova governance, ci sarà la ‘base’ che pretenderà a gran voce di esser tirata fuori dalle pesanti coltri di argilla in cui è sepolta, per risplendere finalmente come oro.
 © Informati S.r.l. – Riproduzione Riservata
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