12 maggio 2015

VEDO VOTO PAGO... QUANTE BALLE CI RACCONTANO

A cura di Antonio Gigliotti

Cari amici,
negli ultimi anni il leitmotiv nella vita professionale di noi commercialisti è stato anche quello del federalismo fiscale.

Lo strumento, pubblicizzato da più parti, si dovrebbe basare sul principio “VEDO, VOTO, PAGO”. In sostanza, a parità di tassazione per il contribuente, il federalismo fiscale avrebbe dovuto permettere che parte delle tasse pagate dai contribuenti rimanesse sul territorio di appartenenza, consentendo al cittadino di controllare in maniera diretta la gestione del gettito ricavato dalle tasse locali.

In aggiunta a questa apprezzabile premessa v’era anche un ulteriore effetto sancito da una norma, non da uno spot elettorale: in base a tale disposizione, nel caso di eventuale aumento delle tasse locali (come sta avvenendo praticamente ogni anno) si sarebbe dovuto applicare un contestuale alleggerimento sulle tasse centrali, in modo che il carico tributario complessivo a carico del cittadino non subiva alcun mutamento.

Purtroppo quanto fin qui esposto è mera utopia. Alla luce anche dei dati più recenti, appare chiaro che le imposte locali risultano in costante aumento ascrivibile anche alla riduzione dei fondi elargiti dal governo centrale ai comuni e alle regioni; ma la cosa più grave, a fronte di questo aumento, è che le tasse a livello centrale invece non sono state ridotte!

Altro punto debole dell’Italia degli sprechi riguarda il taglio alla spesa pubblica. Non c’è governo che non sia entrato in scena col cavallo di battaglia della spending review, termine che incute anche un certo timore. A ben vedere, sia le ultime manovre, siano state esse, Finanziarie o le diverse leggi di stabilità hanno tentato di correggere i conti pubblici agendo su due versanti: quello delle entrate e quello delle uscite.

Per quel che concerne le entrate, tenendo conto dell’alto livello di pressione fiscale al quale siamo giunti, direi proprio che tutti i governi ci sono riusciti a pieni voti. In riferimento invece alle uscite (ossia allo sperpero), non sono stati molto bravi: se consideriamo infatti che nel 1999 vi era un totale di uscite al netto di interessi e investimenti pari al 36% del PIL, mentre nel 2014 secondo i dati diffusi dall'Istat siamo passati al 43%, appare chiaro che qualcosa non quadra! Un passo in avanti nelle uscite di 7 punti, nonostante l'introduzione della spending review! A dir poco geniale!
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