L'art. 375 del Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (
D.lgs. n. 14/2019) ha integrato l’art. 2086 del Codice Civile con l’introduzione del comma 2, stabilendo che
“l’imprenditore che operi in forma societaria o collettiva, ha il dovere di istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa, anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi dell’impresa e della perdita della continuità aziendale, nonché di attivarsi senza indugio per l’adozione e l’attuazione di uno degli strumenti previsti dall’ordinamento per il superamento della crisi e il recupero della continuità aziendale”.
Il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili nel documento “Norme di comportamento del collegio sindacale di società quotate” definisce l’assetto organizzativo “il complesso delle direttive e delle procedure stabilite per garantire che il potere decisionale sia assegnato ed effettivamente esercitato a un appropriato livello di competenza e responsabilità” - l'assetto amministrativo “l’insieme delle procedure dirette a garantire l’ordinato svolgimento delle attività aziendali e delle singole fasi nelle quali le stesse si articolano” e l'assetto contabile “il sistema di rilevazione (contabile) dei fatti di gestione”.
Con la prossima entrata del Codice d’impresa e dell’insolvenza (D.lgs. 14/2019) prevista in parte per il 15 Luglio 2022, si inizierà ad avviare un percorso che poi vedrà successivamente l’introduzione (al 31 dicembre 2023) degli “indici di allerta”, ossia quegli indici “premonitori” di situazioni di allarme che sommariamente possono essere identificati come indicatori: di situazioni di squilibri di carattere reddituale, patrimoniale o finanziario; di sostenibilità dei debiti per i sei mesi successivi alla data rispetto alla quale si dispone la verifica; di prospettive di continuità aziendale per l’esercizio in corso o i sei mesi successivi; di sostenibilità oneri di indebitamento con flussi di cassa; di adeguatezza dei mezzi propri rispetto a quelli di terzi, ritardi nei pagamenti reiterati e significativi. Situazioni che, al loro verificarsi e, soprattutto, al loro persistere, identificherebbero senza dubbio alcuno, condizioni di crisi dell’impresa e difficoltose aspettative di ordinario funzionamento, almeno nel breve periodo (6 mesi). In tale scenario non emergono dubbi in merito all’associazione tra adeguati assetti organizzativi e indicatori di allerta. Gli Amministratori sono, come noto, responsabili della redazione del bilancio ma altresì anche della verifica degli assetti cui la società è dotata. Nel merito e prima di estendere il concetto di responsabilità ai soggetti coinvolti nell’attività del controllo anche legale dei conti della società, preme però richiamare il concetto di “crisi”; certamente le condizioni di squilibrio e di difficoltà operativa sopra richiamate cui potrebbe un’impresa trovarsi a dover affrontate, sono ben rappresentative di una situazione di crisi; ma in via generale, la crisi di impresa va inteso come quello stato di difficoltà economico – finanziaria che rende probabile l’insolvenza del debitore (art.2 del D.lgs. n.14/2019).
Sarebbe pertanto più corretto parlare di pre-crisi se ci si rifà al dettato dell’art.2 appena richiamato. Parrebbe chiaro che il legislatore intenda favorire il funzionamento ordinario delle imprese che possano trovarsi in situazioni di pre-crisi o di crisi prevalentemente a causa delle difficoltà vissute in questi due anni con la pandemia (si richiama il decreto Liquidità – art. 7 DL 23/2020 che ha sterilizzato il tema della continuità aziendale per i bilanci in chiusura al 31.12.2020 per le imprese fortemente condizionate dalla pandemia da COVID-19) e, non ultimo, a causa delle conseguenze (dirette ed indirette) riconducibili al conflitto in essere ancora oggi tra la Russia e l’Ucraina che sta allarmando un sistema economico internazionale, impattando in modo sempre più significativo sul costo delle materie prime in generale e dell’energia e il gas in particolare.
Al di là delle oggettive difficoltà che molte imprese oggi si trovano a dover fronteggiare per le motivazioni appena accennate, la logica sottostante al concetto di crisi di impresa è senza dubbio da inquadrare nel voler cercare di evitare l’insorgere di situazioni di insolvenza (situazione di crisi irreversibile). Gli amministratori (e ovviamente i loro consulenti) sono chiamati ad intercettare situazioni di difficoltà e di squilibrio (già sopra richiamate) e intervenire tempestivamente per cercare di evitare per quanto possibile che l’impresa possa dirottare in condizioni di insolvenza, rispetto alle quali le procedure di liquidazione potrebbero poi essere una valida considerazione di adozione.
E ciò pone in una situazione di responsabilità gli Amministratori. A tal proposito, l’articolo 2475 C.C., primo comma, stabilisce che “l’istituzione degli assetti di cui all’articolo 2086, secondo comma, spetta esclusivamente agli amministratori” che quindi devono informarsi in proprio e affidarsi a consulenti specializzati per comprendere e attuare le disposizioni normative, adottando o implementando gli adeguati assetti in azienda secondo le migliori best practice. In aggiunta, L’articolo 378 del D.lgs. 14/2019 ha aggiunto inoltre un sesto comma all’art. 2476 del Codice civile che, nella sua prima parte, recita testualmente:
“Gli amministratori rispondono verso i creditori sociali per l’inosservanza degli obblighi inerenti alla conservazione dell’integrità del patrimonio sociale … (omissis)”.
Gli amministratori, inoltre, sono solidalmente responsabili verso la società dei danni derivanti dall’inosservanza dei doveri ad essi imposti dalla legge e dall’atto costitutivo per l’amministrazione della società (art. 2476 primo comma). Quindi, all’obbligo di istituire gli adeguati assetti si accompagna la responsabilità personale patrimoniale degli amministratori nei confronti dei terzi danneggiati dal loro comportamento omissivo o comunque in qualche misura superficiale, negligente. E a questo proposito, declinare la responsabilità degli amministratori nel merito di quanto in discussione, non può non coinvolgere i professionisti consulenti (ad esempio amministrativo e fiscali) dell’imprenditore amministratore e di sindaci e revisori ove presenti.
La verifica degli adeguati assetti organizzativi con, ad esempio, il potenziamento (o in alcuni casi l’adozione di procedure ad hoc) dei sistemi di controllo interno deve avere come intento quello di prevenire il recepimento delle difficoltà economiche-finanziarie prima che queste sfocino in un vero e proprio stato di insolvenza; parimenti, istituire e/o potenziare la funzione del controllo di gestione rappresenterebbe un importante strumento di monitoraggio. Aspetti ed attenzioni che assumono rilevanza non solo per gli amministratori, ma anche, come già sopra anticipato, per gli organi di controllo (e revisori), a cui spetta il compito di vigilanza sull’adempimento di quanto sopra e del controllo legale ove in carica.
Ad esempio, i soggetti deputati all’attività di controllo sono chiamati anche essi ad adottare specifiche procedure idonee a intercettare e segnalare poi possibili condizionamenti dell’impresa in merito a scelte imprenditoriali o anche a dirette conseguenze di momenti di difficoltà, tali da impattare su redditività e struttura finanziaria. Ad esempio, organizzare e gestire verifiche periodiche su situazioni infrannuali redatte nel rispetto del principio OIC 30 (bilanci intermedi), implementare procedure di analytical review anche per la verifica delle assunzioni sottostanti i budget redatti dagli amministratori ed il confronto rispetto al periodo di riferimento per il tramite anche di forecast, calcolo degli indici anche di allerta (e della verifica periodica del , una più strutturata Debt Service Coverage Ratio (DSCR, indicatore finanziario finalizzato a comprendere prevalentemente se la società produce liquidità in un ambito prospettico, assumendo come orizzonte i successivi 6 mesi, stando all’art. 13, comma 1, CCII), ecc.
In tema di continuità aziendale, con specifico riferimento all’attività di revisione legale si richiama l’ISA Italia 570 in relazione al quale vengono inquadrate specifiche attività di verifica da porre in essere (sia in ambito finanziario che gestionale e non solo) oltre alle responsabilità dei revisori che nella fattispecie sono quelle di: “Acquisire elementi probativi sufficienti ed appropriati sull’utilizzo da parte della Direzione del presupposto della continuità aziendale nella redazione del bilancio e giungere a una conclusione a tale riguardo; concludere, sulla base degli elementi probativi acquisiti, se esista un’incertezza significativa sulla capacità dell’impresa di continuare ad operare come un’entità in funzionamento.”
A parere di chi scrive, verifica fondamentale è circoscritta alle assunzioni alla base della redazione del budget economico e soprattutto all’attendibilità dei flussi di cassa per quanto riguarda il budget di tesoreria. Gli Amministratori non potranno e non dovranno esimersi dal non elaborare e redigere il budget economico e di tesoreria mentre spetta al revisore la verifica delle assunzioni e l’attendibilità delle stesse in un periodo temporale definito di breve periodo. Non volendo generare alcun tipo di confusione, per breve periodo, nell’ambito della verifica del presupposto della continuità aziendale, il riferimento è il principio contabile OIC11 oggi in vigore, dove ai par. 22-24, disciplina in modo attento quelli che devono essere i presupposti civilistici che gli amministratori devono tenere in considerazione per quanto riguarda il presupposto della continuità aziendale, fissando in 12 mesi, dalla data di riferimento del bilancio, l’arco temporale futuro per l’analisi predittiva del presupposto del
going concern.
In conclusione, in tema di responsabilità dei revisori si richiama il Principio di revisione ISA Italia 701, che relativamente alla comunicazione degli aspetti chiave della revisione contabile nella Relazione di revisione, stabilisce che gli aspetti relativi alla continuità aziendale possono essere identificati come aspetti chiave della revisione e un’incertezza significativa relativa ad eventi o circostanze che possono far sorgere dubbi significativi sulla capacità dell’impresa di continuare ad operare come un’entità in funzionamento è, per sua natura, un aspetto chiave della revisione.