1 luglio 2020

Fallimento. Relazione di attestazione senza compenso

Se manca il requisito dell’indipendenza, l’atto di nomina è nullo e non si ha diritto al compenso

Autore: Paola Mauro
Il professionista che attesta la fattibilità del piano concordatario per la Società poi fallita non ha diritto al compenso per tale attività, quando manca il requisito dell’indipendenza, perché in precedenza ha prestato attività di consulenza in favore della stessa Società.
È quanto emerge dalla lettura dell’ordinanza n. 12171/2020 della Corte di Cassazione (Sez. 1 civ.), depositata il 22 giugno.

Il caso - Il Tribunale ha accolto l'impugnazione di terzo, proposta ex art. 98 L. fall. avente a oggetto il provvedimento con il quale il Giudice delegato ha disposto l’ammissione in prededuzione al passivo del fallimento del credito derivato dall’attestazione del piano concordatario a norma dell'art. 161 comma 3, L. fall.

Il Tribunale ha osservato che la professionista-creditrice non aveva documentato di aver ricevuto incarico per la redazione della relazione di attestazione di cui all'art. 161, comma 3, L. fall., essendo stato prodotta solamente la lettera d’incarico per l'elaborazione di un piano di ristrutturazione della Società.

In ogni caso, anche superando tale questione, l'incarico doveva ritenersi viziato, difettando il requisito dell'indipendenza previsto dall'art. 161, comma 3, L. fall., per avere la ricorrente, prima di redigere la relazione di attestazione, precedentemente svolto attività di consulente per il piano di ristrutturazione aziendale.

Ne conseguiva, a detta del Tribunale, la nullità dell'incarico di attestazione per mancanza dei requisiti di liceità e/o possibilità del suo oggetto ex art. 1346 cod. civ.

La Suprema Corte ha condiviso questa valutazione del Giudice di merito.

I rilievi della S.C. - Per quanto è qui d’interesse, nel respingere il ricorso per cassazione proposto dalla professionista, gli Ermellini hanno osservato: «il professionista cui è conferito, a norma dell'art. 67 comma 3° lett. d) legge fall., l'incarico di attestare la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità del piano (e quindi, attraverso il richiamo di cui all'art. 161 comma 3° legge fall. anche l'attestatore nel concordato preventivo) deve essere indipendente, e per essere tale non deve essere legato all'impresa e a coloro che hanno interesse all'operazione di risanamento da rapporti di natura personale o professionale tali da compromettere l'indipendenza di giudizio o, in ogni caso, non deve avere prestato negli ultimi cinque anni attività di lavoro subordinato o autonomo in favore del debitore.
Nel caso di specie, è pacifico in causa che alla ricorrente, cui l'impresa poi ammessa al concordato aveva conferito in data 19 maggio 19.05.2012 l'incarico per l'elaborazione di un piano di ristrutturazione della società, sia stato successivamente affidato l'ulteriore incarico di redigere la relazione ex art. 161 comma 3° legge fall.
Avendo quindi la ricorrente prestato attività professionale a favore della stessa impresa poi proponente solo qualche mese prima di redigere la relazione di attestazione, è evidente che non è stato osservato il requisito dell'indipendenza del professionista prescritto dalle norme sopra citate.
La circostanza che la ricorrente possa aver partecipato o meno alla redazione del piano è del tutto irrilevante, rientrando l'incarico precedentemente affidatogli ampiamente nell'intervallo temporale previsto dall'art. 67 comma 3° lett. d) legge fall.».

I Massimi giudici hanno pure osservato che: «In ordine alle conseguenze giuridiche che derivano dall'aver svolto l'incarico di attestatore senza il necessario requisito dell'indipendenza, questo Collegio condivide l'impostazione del decreto impugnato.
La norma che prescrive l'indipendenza dell'attestatore di un piano di un concordato preventivo ha, infatti, natura imperativa, o comunque di ordine pubblico economico, essendo finalizzata ad assicurare la massima trasparenza ed obiettività delle informazioni riguardanti la società proponente, e ciò non solo nell'interesse dei soggetti direttamente interessati alla procedura di concordato preventivo (organi fallimentari, creditori), ma anche ai fini della tutela, in generale, degli interessi pubblicistici sottesi alla procedura fallimentare e della stessa economia (essendo un interesse di carattere generale che non rimangano sul mercato delle imprese insolventi).
Pertanto, dalla violazione della norma in esame deriva la nullità dell'atto di nomina dell'attestatore, a norma dell'art. 1418 cod. civ., con conseguente venir meno del diritto del professionista al compenso».

Di conseguenza, il ricorso è stato rigettato ma senza la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali, non essendosi le controparti costituite in giudizio.
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