Le cause di ineleggibilità si distinguono da quelli derivanti dalle cause di incompatibilità: mentre le prime innescano immediatamente il procedimento di decadenza, le seconde comportano, preventivamente, l’esercizio dell’opzione o l’eliminazione della causa stessa. Solo la mancata opzione o la mancata eliminazione della causa entro il termine assegnato al Revisore comporta la dichiarazione di decadenza.
Le cause di ineleggibilità e d’incompatibilità dei Revisori degli Enti Locali sono disciplinate nell’art. 236 del Tuel (Dlgs. n. 267/2000).
Al pari di ogni altra disposizione limitativa di diritti individuali, l’art. 236 del Tuel non può essere oggetto di interpretazione estensiva, ragion per cui, per ben capire l’esatta portata di quanto in esso disposto, non si può non partire che dalla sua formulazione testuale.
Il comma 1 dell’art. 236 del Tuel stabilisce che, per i Revisori degli Enti Locali, valgono le ipotesi di incompatibilità previste dal comma 1 dell’art. 2399 del Codice civile per i Sindaci di Società, con l’avvertenza che per Amministratori devono intendersi i componenti dell’Organo esecutivo dell’Ente Locale.
A seguito di questo richiamo recettizio, non possono essere nominati membri dell’Organo di revisione dell’Ente Locale e, se nominati, decadono dall’ufficio:
- a) coloro che si trovano nelle condizioni previste dall’art. 2382 del C.c. (ossia “l’interdetto, l’inabilitato, il fallito, o chi è stato condannato ad una pena che importa l’interdizione, anche temporanea, dai pubblici uffici o l’incapacità ad esercitare uffici direttivi”);
- b) il coniuge, i parenti e gli affini entro il quarto grado dei membri dell’Organo esecutivo dell’Ente Locale, gli Amministratori, il coniuge, i parenti e gli affini entro il quarto grado degli Amministratori delle Società da questo controllate;
- c) coloro che sono legati all’Ente Locale o alle Società da questo controllate da un rapporto di lavoro o da un rapporto continuativo di consulenza o di prestazione d’opera retribuita, ovvero da altri rapporti di natura patrimoniale che ne compromettano l’indipendenza.
Ai sensi del comma 2, dell’art. 236, Tuel, non possono esercitare l’incarico di Revisione economico-finanziaria i soggetti che sono membri degli Organi dell’Ente Locale, oppure che lo sono stati nel biennio precedente alla nomina.
Inoltre, l’espletamento dell’incarico de quo è precluso:
- i) al segretario e ai dipendenti dell’Ente locale dove l’Organo di revisione deve essere nominato;
- ii) “[ai] … dipendenti delle Regioni, delle Province, delle Città metropolitane, delle Comunità montane e delle Unioni di comuni relativamente agli enti locali compresi nella circoscrizione territoriale di competenza”.
Invece, il comma 3 dell’art. 236 non consente ai componenti dell’Organo di revisione la possibilità di assumere “incarichi e consulenze presso l’ente locale o presso organismi o istituzioni dipendenti o comunque sottoposti al controllo o vigilanza dello stesso”.
Per il Documento n. 1 dei Principi di vigilanza e controllo dell’Organo di revisione degli Enti Locali (già richiamati nel precedente Capitolo), quelle elencate nell’art. 236 del Tuel sono ipotesi di incompatibilità e ineleggibilità “tipiche e nominate”, che, in quanto tali:
- non sono soggette a deroghe;
- “non possono essere … estese per analogia ad altri casi non espressamente previsti nella legge”.
Gli estensori del Documento - richiamandosi alle posizioni esegetiche prevalenti e consolidate della giurisprudenza, che attribuiscono una interpretazione sostanziale al concetto di controllo e vigilanza - specificano (riferendosi al comma 3 dell’art. 236 citato, almeno così è dato arguire) che:
- “il concetto di vigilanza comprende “ogni forma di ingerenza o di controllo del Comune nell’attività dell’ente controllato, senza la necessità che la vigilanza medesima si esplichi nelle forme più penetranti dell’annullamento o dell’approvazione degli atti del medesimo”;
- [a titolo esemplificativo] “il revisore non può assumere incarichi o consulenze presso [:]le aziende speciali dell’ente locale, in quanto sottoposte a vigilanza dello stesso come disposto dall’art. 114, comma 6, del Tuel [;] … presso i consorzi a cui partecipa l’ente per l’assimilazione alle aziende speciali stabilita dall’art. 31 … [; le] società “in house”, soggette a controllo analogo, cui partecipa l’ente locale; le società nelle quali lo Statuto o i patti parasociali prevedono la vigilanza e/o il controllo dell’ente locale anche con partecipazioni minoritarie”[“L’accettazione di incarichi negli organismi di cui sopra costituisce causa di incompatibilità”].
Con particolare riguardo alla delimitazione della latitudine oggettiva del comma 1 dell’art. 236 del Tuel, laddove rileva il rapporto tra Ente Locale e Società controllata per stabilire le causa di ineleggibilità ivi riferite, il concetto di controllo va “nel senso indicato dall’art. 2359, comma 1, Cc. (partecipazione totalitaria o di controllo, ovvero sussistenza di controllo c.d. contrattuale …[, integrato] con riferimento alla particolare fattispecie della società pubblica in house pluripartecipata” (Cfr. Sezione regionale di controllo per il Piemonte della Corte dei conti, Delibera n. 53/2015/SRCPIE/PAR).
Il Dlgs. n. 39/2013, ha ampliato il complesso quadro delle incompatibilità e delle inconferibilità nelle nomine presso gli organi di indirizzo delle Società in controllo pubblico locale. Si ritiene che le fattispecie ivi considerate non abbiano rilevanza ai fini della nomina dell’Organo di revisione dell’Ente locale, per il quale si deve fare riferimento al quadro normativo sopra delineato di cui all’art. 236 Tuel.
I Regolamenti dell’Ente non possono aggiungere altre ipotesi di ineleggibilità e incompatibilità oltre quelle previste dall’art. 236 citato.
Il comma 3 dell’art. 236 del Tuel prevede l’impossibilità, da parte dei membri degli Organi di revisione dell’Ente Locale, di “assumere incarichi o consulenze presso l’Ente o presso Organismi o Istituzioni dipendenti o comunque sottoposti al controllo o vigilanza dello stesso”.
In dottrina è dibattuto se l’esercizio della funzione di Sindaco ai sensi dell’art. 2403 Cc. in una Società controllata dall’Ente Locale, oppure l’esercizio della revisione legale ai sensi del codice civile e delle disposizioni del Dlgs n. 39/2010 nei confronti della Società medesima, sia da ricomprendere fra gli incarichi cui si riferisce il comma 3 dell’art. 236 citato.
Comunque, pure se così fosse, la fattispecie dovrebbe rilevare come causa di incompatibilità per il Revisore dell’Ente Locale (vedi il Documento n. 1 dei Principi di vigilanza e controllo dell’Organo di revisione degli Enti Locali già citato) e non di ineleggibilità.
Vale far notare che l’art. 114, comma 7, del Tuel, trattando di "Istituzioni comunale", ovvero di Organismi sicuramente dipendenti, oltre ché controllati e vigilati, da un Ente Locale, statuisce che "il Collegio dei revisori dei conti dell’Ente Locale esercita le sue funzioni anche nei confronti delle Istituzioni". Ebbene, se tra gli incarichi cui si riferisce il comma 3 dell’art. 236 fossero da comprendersi anche quelli riguardanti la revisione degli “Organismi … dipendenti” (come appunto lo sono le Istituzioni), bisognerebbe ammettere che tale disposizione viene a vietare ciò che il precedente art. 114 rende invece obbligatorio.
Il Tar Marche (Sezione Prima), con la Sentenza n. 242/2016, ha respinto il ricorso del Revisore di un Comune che aveva impugnato gli atti attraverso i quali era stata dichiarata la sua decadenza, perché Presidente del Collegio sindacale di una Società partecipata dallo stesso Comune.
Per i Magistrati la decisione del Comune è legittima (anche) avendo riguardo (al solo) art. 236 del Tuel.
Il Tar, oltre a respingere il primo motivo del ricorso, del secondo motivo non condivide la parte in cui “… il ricorrente contesta la presenza dei presupposti di cui al comma 3 dell’articolo [236], confutando in particolare la presenza di poteri di vigilanza e di controllo del Comune sulla società partecipata. A parere del Collegio, per evitare la presenza di conflitti di interesse nell’organo di revisione, deve essere adottata una definizione sostanziale dei concetti di vigilanza e controllo espressi dall’art. 236, comma 3, del Dlgs n. 267/2000”.
Per i Giudici amministrativi, in virtù del fatto che il Comune ha un sostanziale potere di veto su alcune delle più importanti decisioni della Società in cui il Revisore dello stesso Ente è Presidente del Collegio sindacale, “il bene primario dell’indipendenza del revisore deve essere salvaguardato, evitando il doppio ruolo di controllante e di controllato, dato che si concretizza, nel caso in esame, un’influenza dominante del Comune sul complesso dell’attività gestionale stante la possibilità di esercitare il diritto di veto su una serie di atti fondamentali per l’indirizzo ed il governo della società partecipata”.
Ciò posto,
“riguardo all’affermata configurazione dell’incarico quale causa di incompatibilità e non di decadenza, il Collegio condivide la tesi per cui prevale il richiamo - contenuto nell’art. 236 del Dlgs. n. 267/2000 - all’art. 2399 Cc. che riguarda, appunto, le cause di ineleggibilità e di decadenza (ancora, Tar Emilia Romagna 308/2013 cit.)”.
La Sezione Regionale di Controllo per il Veneto, in sede di “consulenza giuridica” ex art. 7, comma 8, della Legge n. 131/2003, con la Deliberazione n. 176/2013/Par, rispetto alla disposizione di cui al comma 3 dell’art. 236, ha avuto modo di precisare, quanto segue:
“(t)ale… disposizione, in particolare - in considerazione della crucialità del ruolo del revisore dei conti rispetto all’andamento della finanza locale e della necessità che l’attività di questi risulti assolutamente obiettiva ed indipendente - vieta categoricamente l’assunzione di qualsivoglia incarico, anche di semplice consulenza, da parte degli organi di revisione finanziaria e contabile per conto di organismi “controllati” dall’Ente locale, escludendo, in radice, ogni possibilità di “cumulo” e non lasciando spazio a valutazioni circa la natura e la tipologia dell’incarico conferito e la configurabilità di una effettiva coesistenza dei ruoli di controllore e controllato.
Il divieto in esame, tuttavia, vige solo per gli incarichi assunti in organismi legati all’Ente Locale da un rapporto di “dipendenza”, “controllo” o “vigilanza””.
Inoltre, la stessa Sezione ha ritenuto che “(l)a mera coesistenza dei due ruoli o, meglio, la nomina, quale revisore contabile dell’ente, di un soggetto che abbia già in essere, in qualità di Presidente del Collegio sindacale, un rapporto, anche se non di dipendenza, a contenuto patrimoniale ed a carattere continuativo con una società controllata dall’ente (nel senso dianzi precisato), in forza delle previsioni contenute nei commi 1 e 3 dell’art. 236 del Tuel, produce la “decadenza” automatica, ex lege, dall’incarico di Revisore, alla quale gli organi competenti del Comune devono semplicemente dare seguito, fermo restando, comunque, che, in caso di perdurante inerzia di questi, la rinuncia da parte del soggetto beneficiario costituisce un atto dovuto”.
La Direzione centrale per la Finanza Locale del Ministero dell’Interno, in data 28 settembre 2021, ha rilasciato il Parere “Revisore del Comune e dipendente Consorzio di comuni - Profili di incompatibilità” che indica che un Ente Locale, al fine di valutare eventuali situazioni concrete, se non di incompatibilità, di inopportunità della nomina a revisore di un dipendente di un consorzio partecipato, deve valutare preventivamente le varie funzioni pubbliche ed attività amministrative svolte dal Comune nell’ambito consortile.
La Finanza locale, ritiene utile invitare l’Ente Locale a verificare se anche ragioni di opportunità, dettate dalla ratio delle disposizioni in tema di conflitto d’interessi, possano portare ad una causa di impedimento all’incarico di revisore nel caso di specie. Il revisore dei conti, al fine di garantire l’autonomia di giudizio e l’indipendenza della sua attività, dovrebbe evitare tutte le ipotesi in cui potrebbe confliggere il ruolo di controllore con quello di controllato.