Premessa - Il lavoratore intermittente, che sommando i vari periodi lavorativi in orario full time può vantare i due anni richiesti dalla norma (tenendo conto ovviamente degli altri requisiti stabiliti dal D.Lgs. n. 59/2010, integrato e corretto dal D.Lgs. n. 147/2012), può considerarsi in possesso della qualificazione richiesta ai fini dell'esercizio di un'attività di commercio al dettaglio relativa al settore merceologico alimentare o di somministrazione di alimenti e bevande. Tuttavia, ai fini dei due anni richiesti dalla norma possono entrare nel conteggio esclusivamente i contributi previdenziali versati a seguito di retribuzione effettiva e non quelli versati sull'indennità di disponibilità. A chiarirlo è il parere n. 203064/2012 emesso dal Ministero dello Sviluppo Economico direzione generale per il mercato divisione IV promozione della concorrenza.
Il quesito – Il Ministero dello Sviluppo Economico è stato interrogato in merito alla possibilità di riconoscere la qualificazione professionale, ai fini dell’esercizio di un’attività di commercio al dettaglio relativa al settore merceologico alimentare o di somministrazione di alimenti e bevande (art. 71, c. 6, lett. b] del D.Lgs. n. 59/2010, integrato e corretto dal D.Lgs. n. 147/2012), ad alcuni soggetti dipendenti assunti con contratto di lavoro intermittente o a chiamata. In particolare, viene chiesto come può essere computata la prestazione svolta tenendo presente che con il contratto di lavoro intermittente il datore di lavoro è tenuto a versare i contributi, oltre che sull’importo della retribuzione corrisposta, anche sull’effettivo ammontare della indennità di disponibilità con la conseguenza che l’accertamento tramite INPS non sarebbe sufficiente a documentare l’effettiva prestazione lavorativa svolta.
Chiarimenti preliminari – Presa visione del quesito su esposto, il Ministero dello Sviluppo Economico ha preliminarmente precisato che il decreto su citato riconosce il possesso del requisito a chi ha “[…] per almeno due anni, anche non continuativi, nel quinquennio precedente esercitato in proprio attività d’impresa nel settore alimentare o nel settore della somministrazione di alimenti e bevande o avere prestato la propria opera, presso tali imprese, in qualità di dipendente qualificato, addetto alla vendita o all’amministrazione o alla preparazione degli alimenti, o in qualità di socio lavoratore o in altre posizioni equivalenti o, se trattasi di coniuge, parente o affine, entro il terzo gradi, dell’imprenditore, in qualità di coadiutore familiare, comprovata dalla iscrizione all’INPS”.
La risposta del MISE – Nel caso di specie, il MISE afferma che se il soggetto in questione, sommando i vari periodi lavorativi in orario full time, poteva vantare i due anni richiesti e qualora ricorrevano ovviamente gli altri requisiti stabiliti dal dettato normativo, poteva considerarsi in possesso della qualificazione richiesta. Mentre per le prestazioni a tempo parziale, ai fini del raggiungimento dell’obiettivo perseguito dalla ratio della norma, ha sostenuto che nel caso in cui il monte ore lavorato con contratto part-time è pari al 50% di quello con contratto a tempo pieno, è consentito valutare positivamente la richiesta di riconoscimento. Tuttavia, se dal contratto non si potranno dedurre le informazioni necessarie, sarà possibile acquisirle tramite attestazione del datore di lavoro. Per concludere, il MISE ritiene che nel caso di lavoro intermittente o a chiamata, per poter vantare i due anni richiesti del dettato normativo, possono entrare a far parte del conteggio esclusivamente i contributi previdenziali versati a seguito di retribuzione corrisposta per effettiva prestazione e non quelli versati sull’indennità di disponibilità.
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