6 luglio 2016

Omesso versamento ritenute: le indicazioni dell’INPS

La Circolare n. 121 di ieri ha fornito indicazioni e istruzioni per quanto concerne la depenalizzazione dell’omissione dal versamento delle ritenute previdenziali

Autore: REDAZIONE FISCAL FOCUS
La depenalizzazione dell’omissione del versamento ritenute - Con il D.Lgs. n. 8 del 15 gennaio 2016, e precisamente con il sesto comma dell’art. 3, è stata prevista la sostituzione dell’articolo 2, comma 1-bis, del Decreto Legge 12 settembre 1983, n. 463, convertito, con modificazioni, dalla Legge 11 novembre 1983, n. 638, prevedendo che “1-bis. L’omesso versamento delle ritenute di cui al comma 1, per un importo superiore a euro 10.000 annui, è punito con la reclusione fino a tre anni e con la multa fino a euro 1.032. Se l’importo omesso non è superiore a euro 10.000 annui, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 10.000 a euro 50.000. Il datore di lavoro non è punibile, né assoggettabile alla sanzione amministrativa, quando provvede al versamento delle ritenute entro tre mesi dalla contestazione o dalla notifica dell’avvenuto accertamento della violazione”.

Il vecchio disposto normativo - In particolare, mentre il precedente dettato prevedeva che “L'omesso versamento delle ritenute di cui al comma 1 è punito con la reclusione fino a tre anni e con la multa fino a lire due milioni. Il datore di lavoro non è punibile se provvede al versamento entro il termine di tre mesi dalla contestazione o dalla notifica dell'avvenuto accertamento della violazione”, con la modifica apportata è stata prevista una sostanziale depenalizzazione di quanto previsto al comma 1 del Decreto-Legge 12 settembre 1983, n. 463, e cioè che “Le ritenute previdenziali ed assistenziali operate dal datore di lavoro sulle retribuzioni dei lavoratori dipendenti, ivi comprese le trattenute effettuate ai sensi degli articoli 20, 21 e 22 della Legge 30 aprile 1969, n. 153, debbono essere comunque versate e non possono essere portate a conguaglio con le somme anticipate, nelle forme e nei termini di legge, dal datore di lavoro ai lavoratori per conto delle gestioni previdenziali ed assistenziali, e regolarmente denunciate alle gestioni stesse, tranne che a seguito di conguaglio tra gli importi contributivi a carico del datore di lavoro e le somme anticipate, risulti un saldo attivo a favore del datore di lavoro”.

La Circolare n. 121/2016 INPS - Con la Circolare 121 dell’INPS del 5 luglio 2016 sono state illustrate dall’Istituto le modifiche apportate, già peraltro oggetto del messaggio del 22 febbraio 2016 n. 804, in modo da rendere chiaro e agevole comprendere le varie casistiche prospettate dalla depenalizzazione in esame.
Con la precedente formulazione infatti era prevista la reclusione fino a tre anni e una multa fino a 1.032 euro in qualsiasi caso di omissione di versamento di ritenute da parte del datore di lavoro, aggravando in tal modo, anche per somme esigue, l’attività degli organi ispettivi e giudiziari.
Tale norma infatti, ha provveduto a una sostanziale depenalizzazione dell’omesso versamento delle ritenute previdenziali, introducendo due diverse fattispecie sanzionatorie, legate al valore dell’omissione che il datore di lavoro commette, che possono portare a:
  • sanzione penale della reclusione fino a tre anni congiunta alla multa fino a euro 1.032 qualora la violazione superi i 10mila euro annui;
  • sanzione amministrativa pecuniaria da euro 10.000 a euro 50.000 per gli importi omessi inferiori a 10mila euro.

Necessario il versamento delle ritenute - Tenuto conto delle indicazioni fornite dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali - Direzione Generale per l’Attività Ispettiva, tale Circolare ha avuto il ruolo di illustrare il nuovo quadro normativo venutosi a delineare. In particolar modo, le ritenute previdenziali ed assistenziali operate dal datore di lavoro sulle retribuzioni dei lavoratori dipendenti devono essere sempre versate, e non possono essere portate a conguaglio con quelle anticipate ai lavoratori per conto delle gestioni previdenziali ed assistenziali. Unica eccezione, si ha nel caso in cui “a seguito di conguaglio tra gli importi contributivi a carico del datore di lavoro e le somme anticipate, risulti un saldo attivo a favore del datore di lavoro”.
Gli illeciti e il comportamento attivo del datore - Premesso che per irrogare le sanzioni per illeciti commessi dal 6 febbraio 2016 (data di entrata in vigore della depenalizzazione) la competenza è del personale ispettivo del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, dell’Inps e dell’Inail, si segnala un’attenuazione della sanzione da parte del Legislatore nel caso in cui ci sia un comportamento attivo del datore di lavoro a voler porre rimedio a quanto da egli compiuto: infatti, qualora il versamento delle ritenute omesse venga effettuato entro tre mesi dalla contestazione o dalla notifica dell’accertamento della violazione, non si avrà la punibilità con sanzione penale per le violazioni superiori a 10mila euro, e nemmeno l’assoggettabilità alla sanzione amministrativa per le omissioni inferiori a 10mila euro.

Regime ante-depenalizzazione - Ma cosa succede nel caso di violazione commessa prima della data di entrata in vigore del D.Lgs. n. 8/2016? Il D.Lgs. n. 8/2016, non si limita solamente a fissare una depenalizzazione, ma procede anche a fissare, all’art. 8, la disciplina intertemporale prevedendo l’applicazione retroattiva delle sanzioni amministrative con riguardo alle violazioni commesse anteriormente al 6 febbraio 2016, “sempre che il procedimento penale non sia stato definito con sentenza o con decreto divenuti irrevocabili”.
Determinazione del limite di 10mila euro – La Circolare procede comunque anche all’individuazione dei criteri da utilizzare per la determinazione dell’importo di 10mila euro che sancisce il confine tra la sanzione penale e la sanzione amministrativa: infatti, ai fini della determinazione dell’importo di euro 10.000 annui “si precisa che l’arco temporale da considerare per il controllo sul corretto adempimento degli obblighi contributivi è quello che intercorre tra il 1° gennaio ed il 31 dicembre di ciascun anno civile”.
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