Malgrado l’ecosistema italiano dell’innovazioni continui a mostrare una discreta solidità e vivacità, il 2023 sarà ricordato come l’anno nero per le startup italiane. A raccontare la difficile situazione in cui versano le imprese emergenti è il report “That’s Round” realizzato da “StartupItalia”, secondo cui il mercato italiano si attesta su una confortante quota di 1,140 miliardi di euro di investimenti, nonostante il vistoso calo del -51% rispetto al 2022, anno record chiuso con oltre 2 miliardi di euro.
In calo del 17,8% anche il numero dei deal, che ha toccato quota 166, di cui l’8,4% riferiti al comparto medtech, seguiti dal biotech (6,62%), cleantech/HR (6,02%), food (4,8%), sviluppo software e aerospazio (3,6%), IA, delibery e agritech (2,4%), e-commerce e insurtech (1,8%) e deeptech e automotive ferme all’1,2%. Nel 2023 l’Italia ha contato circa 16.500 fra startup e Pmi innovative, il 3,2% in meno del 2022, capaci di raggiungere un fatturato complessivo di 10,3 miliardi di euro.
Un crollo improvviso e verticale ma tutto sommato atteso, ancora una volta figlio di un tris di voci negative come l’inflazione, l’aumento dei tassi di interesse e le delicate tensioni internazionali, che secondo gli esperti rappresenta il giro di boa dei venture capital dopo una crescita esponenziale che durava da almeno un decennio.
È la Lombardia a confermarsi regione guida nell’ecosistema italiano delle startup per numero di operazioni, con un 39% che stacca nettamente il Piemonte (12,6%), la Toscana (7,8%) e l’Emilia-Romagna (7,2%). Al sud svetta la Campania con il 3%, parimerito con Veneto e Friuli Venezia-Giulia.
E l’Italia, per una volta, non è un caso isolato, ma si accoda ai dati 2023 dell’intera UE, dove il mercato dei venture capital è calato del 49% nei primi nove mesi dell’anno scorso. Peggio dell’Italia fa la Spagna, che ha chiuso il 2023 registrando un rallentamento del -56%, mentre il Regno Unito, nonostante la flessione del 38%, si mantiene al primo posto della classifica delle nazioni con la spesa pro-capite più alta.
Dati che confermano la tendenza italiana ad una limitata propensione alla crescita economica dovuta al basso volume di investimenti privati, in particolare nella R&S che, secondo Marco Daviddi – a commento dell’EY Venture Capital Barometer – “Sta generando grandi difficoltà nel nostro tessuto produttivo nell’adozione di tecnologie e trasformazioni necessarie a garantire competitività, produttività, crescita dei salari e valorizzazione delle competenze. È urgente indirizzare le risorse disponibili verso progetti e iniziative legate a obiettivi di innovazione a breve e medio termine, anche attraverso l’ecosistema delle startup e scaleup. Nonostante alcuni elementi di fragilità, peraltro non solo in Italia, per il terzo anno consecutivo gli investimenti hanno superato la soglia di euro 1 miliardo. Guardiamo con positività agli indicatori macroeconomici futuri e alle opportunità offerte dalla trasformazione digitale, settore nel quale in Italia le competenze sono molto valide”.
Secondo Gianluca Dettori, presidente di Primo Venture, la bolla degli unicorni – le startup che raggiungono valutazioni oltre il miliardo - si è sgonfiata: “Il settore del venture capital è in forte calo da due anni. Stiamo assistendo a un riaggiustamento delle valutazioni delle aziende innovative cominciato lo scorso anno al Nasdaq, ed ora esteso ovunque. Spesso si sono fatti investimenti miliardari in aziende che raggiungevano valutazioni non realistiche. Come è avvenuto con Gorillas”. Nel 2023 sono emersi soltanto 7 unicorni, rispetto ai 48 dello scorso anno.
A primeggiare è Bending Spoons, la startup che sviluppa e commercializza app per dispositivi mobili, con 170 milioni messi insieme in due round. Cento milioni per D-Orbit, specializzata nella logistica spaziale e 61 milioni per AAvantgarde bio, biotech sullo sviluppo di terapie per le malattie ereditarie della retina. A seguire Energy Dome (55 milioni), specializzata sulla riduzione del consumo energetico, e Alps Blockchain /40 milioni), che si occupa di R&S in ambito mining.