Da fiero esemplare anagraficamente appartenente ad una generazione un tantino datata, - quella nostalgica che ancora bisticcia con i trionfi della modernità (specie quando indossa gli abiti della tecnologia) e dei suoi lessici - confesso di aver impiegato qualche buona manciata di minuti prima di realizzare l’equivalenza “graphic novel = romanzo a fumetti”.
Da lì in avanti, però, il seguito si è fatto chiaro, come altrettanto limpide mi sono apparse le considerazioni riguardo alla pretesa di voler reclamare la paternità di prodotti che di creatività e sforzo intellettivo umano hanno ben poco.
Ma vale poco recriminare, giacché nel mutato contesto di questa nuova era ed al cospetto di pratiche e impieghi che all’azione e all’intelletto umano lasciano soltanto le finiture poiché il grosso d’ogni impresa spetta ad intelligenze artificiali, è inevitabile che finisca col mutare anche il quadro delle tutele e dei criteri di protezione di ciò che un tempo, senza ombra di dubbio o ambiguità, si sarebbe definito “diritto d’autore”.
La vicenda da cui muove questa riflessione è quella di una nota autrice di graphic novel – appunto - tale Kris Kashtanova (che probabilmente si fregerà di un attributo più moderno – che ignoro - rispetto all’antiquato “fumettista”) che di recente ha avuto una ‘divergenza di opinioni’ con l’ufficio Copyright americano riguardo alla sua ultima opera, "Zarya of the Dawn".
l’U.S. Copyright Office, difatti, con una decisione di fine febbraio, ha negato all’autrice la registrazione delle immagini del suo libro poiché generate con un apposito software (AI Midjourney), senza averlo dichiarato nella relativa richiesta.
In sostanza, l’ufficio – che in un primo momento aveva concesso all’artista la registrazione del suo graphic novel - ha successivamente chiesto che gli venissero forniti ulteriori chiarimenti circa l’entità dell’intervento umano nel processo di creazione delle immagini di cui si componeva. E, alla luce della giurisprudenza e della vigente normativa sul copyright - che ammette la registrazione di un’opera originale solo se questa sia stata creata da un essere umano e, dunque sia il “frutto del lavoro intellettuale” e si basi “sui poteri creativi della mente” - ha ritenuto di non poterla concedere laddove l’opera (o le immagini, nella specie) non sia stata creata da un essere umano ma da una Intelligenza Artificiale.
Non sono infatti ritenute “opere dell’ingegno” (come le definirebbe il nostro diritto) quelle che siano state realizzate da una macchina o da un processo meccanico che funziona in modo casuale o automatico, senza che vi sia un rilevante apporto creativo o un intervento umano.
La protezione del copyright è stata viceversa riconosciuta al testo – scritto dall’autrice - ed alla disposizione di immagini e testo su ciascuna delle pagine dell’opera.
Insomma, come dire – dal momento che si tratta pur sempre di un fumetto – che è stata accordata tutela all’ordine delle strisce ed al contenuto delle nuvolette ma non ai disegni!
Ferme restando le considerazioni già espresse riguardo all’idea stessa di “paternità” di un’opera, che, evidentemente può giustamente rivendicarsi ove il prodotto realizzato sia realmente l’espressione di un’idea, di un sentimento, di una intuizione e di quell’intelligenza creativa che ha persino una ben precisa collocazione in uno dei due emisferi del cervello umano, forse però è questo uno di quei casi in cui prima o poi l’evidenza prevarrà sul buon senso e, in finale, anche sulle norme.
Se il futuro delle tecniche e degli strumenti di realizzazione di qualunque prodotto che prima generava l’intelletto umano è ormai destinato ad essere soppiantato da un’intelligenza artificiale sempre più invasiva, sarà inevitabile arrendersi alla sua prevalenza, al punto di dover perfino riconcepire mezzi di tutela che saranno inevitabilmente solo ed esclusivamente economica, giacché del tutto nullo sarà divenuto il vanto di creazioni autentiche e genuinamente frutto di applicazione umana.
Così come inesorabile è stato il processo che ha affidato ad una tastiera il passaggio dalla “calligrafia” alla scrittura arida e sincopata, in un giorno non troppo lontano dominerà soltanto l’A.I.
Dove la “A” dell’acronimo potrà significare indifferentemente “Artificiale” o “Atrofica”.
Sarà solo una questione di punti di riferimento.
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