Anno nuovo, stangate nuove. Per via degli effetti nefasti dell’inflazione, dal 1° gennaio - secondo quanto previsto dal “Decreto Milleproroghe” - sono scattati gli aumenti dei pedaggi autostradali, che si aggiungono al consueto salasso a carico di automobilisti e autotrasportatori.
Aumenti che almeno al momento non sono accompagnati da piani di investimenti per via della nota di palazzo Chigi che sposta al 30 marzo prossimo il termine per presentare proposte di ammodernamento e messa in sicurezza della rete autostradale.
Si parla di una forbice di aumenti per 19 tratte autostradali compresa fra l’1,51% e un massimo del 2,3% in più, con un picco del 15,1% per attraversare i trafori del Frejus e del Monte Bianco, a cui si aggiunge il già citato +2,3% delle autostrade che portano ai rispettivi valichi: la A35 Torino-Bardonecchia e la A5 in Valle d’Aosta. Per attraversare il tunnel, la spesa per un’auto è di 55 euro per la tratta unica o 68,60 per l’andata e ritorno. Ma va ancora peggio per Tir e autoarticolati, costretti a una spesa di 401,30 per una corsa semplice verso la Francia, che diventano 630,40 per la tariffa andata e ritorno e schizzano addirittura a 1.106 euro per i trasporti eccezionali. Fra la Francia verso l’Italia, al contrario, le tariffe sono più basse: 394,80 euro per la corsa semplice, 620,10 la A/R.
L’incremento maggiore, secondo un monitoraggio di “Altroconsumo” realizzato su 38 tratte conferma la media di aumento del 2,3%, anche se 21 delle tratte analizzate non hanno subito aumenti e altre 17 dal luglio scorso hanno fatto registrare aumenti compresi fra 10 e 40 centesimi.
Fanno eccezione tratte come la Cavenago-Milano Est, una delle strade più trafficate della periferia milanese, dove l’aumento ha raggiunto il +5,3%, la Civitavecchia-Roma Sud (+4,7%), la Pavia-Milano Ovest (+3,7%) e il tratto fra Venezia Mestre e Padova Est (+3,3%).
In compenso, a restare fuori dalla tornata di aumenti dei pedaggi sono le tratte della “Autostrade Alto Adriatico” e quelle della “Strada per i Parchi”, ovvero le autostrade A24 e A25, fra Lazio e Abruzzo, tornate alla società dopo 18 mesi di gestione provvisoria dell’Anas. Nessun aumento anche per i tratti Milano Serravalle; autostrada A15 della Cisa; Autostrada dei Fiori-Tronco A6; Traforo autostradale del Frejus; Autostrada Tirrenica; Concessioni autostradali venete; Brebemi (Brescia-Milano) e Consorzio delle autostrade siciliane.
Va detto che gli ultimi aumenti delle tariffe autostradali risalgono al 2018, anno del tristemente celebre crollo del ponte Morandi di Genova, quando il governo decise di congelarli fino al 1° gennaio dello scorso anno, ma questo non ha evitato la protesta delle associazioni dei consumatori, anche in vista di un ulteriore rincaro già previsto dal prossimo 1° luglio, che porterà l’aumento annuale al 3,34% in più.
Fra le proteste più vive quella di Assoutenti, secondo cui “I rincari, apparentemente finalizzati a finanziare i lavori sulla rete, in realtà contribuiscono ai profitti delle società autostradali”. Sullo stesso tono il Codacons, secondo cui il governo avrebbe dovuto aggiornare i prezzi al ribasso piuttosto che alzarli, per compensare "i gravi disservizi autostradali a cui abbiamo assistito nel 2023”. Entrambe le associazioni hanno richiesto l’intervento del Garante dei prezzi, “poiché l’aumento dei pedaggi, dopo le assicurazioni per le auto (+8%), i costi telefonici e la fine del mercato tutelato del gas, aumenteranno la stangata che si è abbattuta sui cittadini con l’inizio del nuovo anno”.
L’Aspi (Autostrade per l’Italia), operatore leader italiano, prevede per quest’anno 1,4 miliardi di investimenti per ammodernare gallerie, viadotti e barriere di sicurezza, interventi che sono parte di un piano decennale (21,5 miliardi l’investimento globale), necessario per ammodernare una rete autostradale nata più di mezzo secolo fa e ormai fatiscente, obsoleta e non adeguata ai volumi di traffico.