In un Paese come il nostro, dove a mesi di distanza da qualsiasi tragedia si scopre che qualcuno si strofinava le mani pensando a come rimpolpare il proprio conto corrente, stupisce perfino poco la denuncia di Bankitalia, che parla di un vero e proprio “business della pandemia” di cui tutti, chi più chi meno, aveva avuto sentore.
Per lunghi mesi, soprattutto all’inizio del periodo più buio, trovare mascherine e gel disinfettanti era diventato difficile, se non impossibile. Un vuoto che oltre a cozzare con le raccomandazioni continue delle autorità sanitarie, ha spalancato intere praterie ai “soliti ignoti”, che a mani basse ne hanno approfittato immettendo sul mercato a prezzi spesso esorbitanti paccottaglia cinese contraffatta venduta come dispositivi medici testati e con tanto di certificazione di conformità europea.
Un mercato, denuncia la Banca d’Italia, stimato in 8 miliardi di euro e accompagnato da oltre duemila segnalazioni, come riporta “Il Messaggero”, con almeno l’80% rappresentato dalla compravendita di dispositivi medici individuali, poco dopo sostituito da qualcosa ancora più ghiotto, rappresentato da finanziamenti e contributi a fondo perduto elargiti dallo Stato in un momento di grave crisi sanitaria.
E attenzione, ammonisce Bankitalia, perché l’arrivo dei 248 miliardi di euro del Recovery Plan ha già acceso le antenne della malavita organizzata: “"Le attività criminali innescate dalla pandemia non si esauriranno con il riassorbimento dell'emergenza sanitaria ma, se non adeguatamente fronteggiate, continueranno a gravare sul nostro futuro, trovando ulteriori importanti opportunità anche nei nuovi interventi pubblici”.
Un allarme che era già stato lanciato lo scorso febbraio dalla direzione investigativa antimafia, che nella relazione semestrale aveva parlato di un aumento impressionante di infiltrazioni mafiose durante il lockdown, con il raddoppio delle denunce e l’aumento dei casi di riciclaggio e corruzione.
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