Non è un segreto che gli italiani siano considerati le “formichine” del Vecchio continente, uno dei popoli più attenti al risparmio, ma comunque circondati da “cugini” europei altrettanto attenti e poco abituati a scialacquare. Secondo una ricerca “Eurostat”, l’ufficio statistico della UE, nel solo 2022 le famiglie europee avevano messo da parte il 12,7% del loro reddito.
Dati confermati da un’analisi ancora più recente, questa volta realizzata dalla “Fabi” (Federazione Autonoma Bancari Italiani), che ha fotografato la propensione al risparmio di nostri connazionali nel corso dei 9 mesi finali del 2023. Un periodo fra l’altro per nulla semplice, martellato a dovere dall’inflazione, dal caro prezzi e da tassi d’interesse che hanno raggiunto il 4,5%. Motivi che per gli italiani non sono mai un freno, anzi, una spinta in più a mettere via i soldini perché i tempi si fanno bui.
Lo dimostra il dato forse più eclatante della ricerca della Fabi, secondo cui la ricchezza complessiva degli italiani ha raggiunto i 5.216 miliardi, ben 80 in più nel giro di 12 mesi appena e del +12% rispetto al 2019, ultimo anno di normalità prima della sfuriata del Covid. Sforzi che l’inflazione ha in parte vanificato, aspirando dai conti correnti 61 miliardi di euro: dai 1.663 miliardi di fine 2022, si è passati ai 1.572 del settembre dello scorso anno. Eppure, ricorda Lando Maria Sileoni, segretario generale della Fabi, “La ricchezza finanziaria delle famiglie equivale a due volte e mezzo il Pil italiano e quasi il doppio rispetto al nostro debito pubblico”.
Ma come si spiega l’aumento del risparmio degli italiani? Semplice: in un arco di appena 9 mesi del 2023, anno su cui si è concentrata l’analisi della Fabi, agli abitanti del Bel paese hanno messo da parte 144 miliardi di euro facendo ricorso al +1,35% di azioni, +45% titoli obbligazionari e +1,69% di fondi comuni. Un’oculatezza che dimostra una visione attenta delle opportunità offerte dai mercati, sintetizzate in un aumento dei titoli obbligazionari del 44,3%, percentuale resa ancora più chiara se tradotta in 115,2 miliardi di euro, con un totale degli investimenti che raggiunge quota 375,2 miliardi nel 2023, ben 115,2 in più rispetto al 2022.
Ma non hanno riservato meno soddisfazioni gli investimenti in titoli azionari, che negli ultimi mesi del 2023 hanno vissuto un’impennata dei mercati facendo fruttare di conseguenza i 20 miliardi di euro investiti dagli italiani, con un guadagno netto di 1.339 miliardi di euro.
Nel leggere i dati, emerge con chiarezza quanto sui risparmi degli italiani influiscano i timori legati al susseguirsi di crisi e guerre che rende sempre più instabili gli equilibri geopolitici mondiali. Timori che gli italiani tentano di arginare facendo ricorso a polizze assicurative che nel 2023 hanno raggiunto un investimento pari a 1.065 miliardi.
Per chiudere in bellezza con il debito pubblico, sottoforma di Bot e Btp saldamente nelle mani di aziende e piccoli risparmiatori. Una quota di possesso letteralmente raddoppiata nel giro di due anni, passando dal dicembre 2021, con il debito che aveva toccato i 2.572 miliardi e il mercato “retail” deteneva il 6,4% delle obbligazioni emesse dal Tesoro, ben 142 su 2.234 miliardi complessivi di titoli e 2.678 miliardi di debito totale. A fine 2022, quando il debito aveva toccato quota 2.757 miliardi, la percentuale di titoli statali in mano alle famiglie era salita all’8,7%, ovvero 199 miliardi su 2.280 miliardi di titoli.
Ma il clou è arrivato nei primi 11 mesi dello scorso anno quando la corsa di famiglie e imprese ad acquistare debito pubblico tra Btp Italia e Btp Valore si è fatta ancora più decisa: lo scorso novembre i privati avevano il 13,5% di Bot e Btp, l’equivalente di 320 miliardi sui 2.378 totali delle emissioni statali. Nello stesso biennio, il debito italiano finito nei portafogli degli investitori esteri è passato da 685 miliardi del 2021 ai 658 miliardi del 2023, con una quota calata in modo vistoso dal 30,7% al 27,3%.