Consapevole dello stato di arretratezza del patrimonio immobiliare italiano, con una percentuale di edifici storici, antichi ma soprattutto obsoleti che raggiunge cifre importanti, il Governo italiano si era schierato fin dall’inizio in modo compatto per rivedere al ribasso la direttiva “EPBD” (Energy Performance of Buildings Directive) sulle case green che a Bruxelles al contrario è sempre piaciuta tantissimo. Proteste e tentativi sfociati in un nulla di fatto sancito lo scorso 28 maggio, quando il decreto UE è entrato in vigore accompagnato dal conto alla rovescia dei 24 mesi concessi ai Paesi membri per recepirlo e adeguarsi di conseguenza.
L’Italia, in pratica, ha tempo fino al gennaio 2026, una manciata di mesi, per dettagliare un piano di rinnovamento degli edifici e presentarsi con i documenti in regola ai nastri di partenza della corsa verso il 2050, data spartiacque fra la “vecchia” Europa ed una tutta nuova a emissioni zero.
Del cronoprogramma al momento sui tavoli del Governo ha parlato il ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica Pichetto Fratin nel corso di un’intervista al quotidiano “La Repubblica”, anticipando l’idea di un nuovo sistema di detrazioni fiscali destinato a privilegiare l’efficientamento energetico, perché “con minori emissioni non solo si salvaguarda l’ambiente, ma avere edifici che consumano di meno significa anche risparmiare sulle bollette”. Una strategia concentrata su tre punti d’azione: finanziamenti per soggetti con basso reddito, mutui agevolati per favorire le comunità energetiche e i condomini, apertura alle partnership tra pubblico e privato. “Se pensiamo all’edilizia agevolata, viene in mente il piano Fanfani, che ha avuto molto peso nello sviluppo del Paese nel dopoguerra. Si può pensare a diverse forme di partenariato pubblico privato, con sostegni attraverso mutui agevolati sia per una quota del capitale che per gli interessi”.
Tutto questo con la consapevolezza che l’Italia è un Paese niente affatto semplice “in cui avviare interventi di questo tipo”, considerando che il 75% degli immobili ha più di 70 anni e più dell’80% delle famiglie possiede almeno una proprietà immobiliare, ma tenendo anche conto delle stime dell’Ance (Associazione Nazionale Costruttori Edili), secondo cui è possibile pensare a due milioni di edifici ristrutturati entro il 2035. “Ho istituito già alcuni mesi fa un gruppo di lavoro, con la rappresentanza dell’Ance e vari stakeholder, per fare un ragionamento complessivo partendo dai dati Enea, che costituiscono la classificazione più aggiornata sugli edifici. Su quella stiamo costruendo il modello di percorso, tenendo conto anche delle indicazioni della direttiva, che prevede l’esclusione dagli obblighi di efficientamento di alcune tipologie di edifici, dagli appartamenti al di sotto dei 50 mq a quelli classificati come storici”.
Dal 2028, i nuovi edifici non residenziali dovranno essere a emissioni zero, mentre per quelli residenziali l’obbligo scatterà dal 2030, un obiettivo relativamente semplice da raggiungere con le attuali tecniche costruttive, nonostante i costi superiori rispetto a quelle tradizionali. La vera sfida è un’altra e riguarda gli edifici già esistenti, con un 15% che sarà necessario ristrutturare in modo profondo.
Entrando nello specifico degli interventi, il Ministro spiega: “Per raggiungere gli obiettivi indicati dalla direttiva ci sono diverse possibilità, dalle pompe di calore ai doppi vetri al riscaldamento a pavimento, fino al teleriscaldamento”. Ma è indubbio che il punto dolente resta sempre e comunque uno soltanto: il capitolo finanziamenti. “Già con la prossima legge di Bilancio ribaltiamo il meccanismo della detrazione fiscale, che verrà maggiormente finalizzata agli interventi di efficientamento energetico: si tratta di una parte strutturale della riforma fiscale. Non abbiamo ancora definito però con che percentuali si intende intervenire: le misure devono essere compatibili con il bilancio dello Stato. L’obiettivo è di contribuire al numero più alto possibile di interventi. Per gli incapienti le detrazioni non funzionano, e quindi bisogna intervenire con le sovvenzioni”.
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