21 giugno 2021

Ci si laurea prima, ma entrare nel mondo del lavoro è difficile

I dati statistici dell’AlmaLaurea fotografano la situazione universitaria italiana nell’anno segnato dalla pandemia: si segnala un confortante ritorno agli studi a fronte alle difficoltà di trovare un’occupazione

Autore: Antonio Gigliotti
Se la pandemia ha avuto conseguenze pesanti sul popolo degli studenti, costretti alla famigerata “DAD” e ad esami rivisti & corretti, per contro sembra aver giovato agli universitari. È il dato controcorrente che emerge dal XXIII Rapporto “AlmaLaurea”, che come ogni anno fotografa il mondo universitario e dimostra come, nel nefasto panorama del 2020, si sia abbassato il tempo necessario per raggiungere l’agognato “pezzo di carta” sognato da generazioni di studenti, passaporto ormai più che necessario per il mondo del lavoro.

Mediamente ci si laurea a 25,8 anni, con un guadagno di un anno rispetto ad un decennio fa: più precisamente a 24,5 anni per la triennale e 27,2 per chi invece prosegue per altri due anni verso la magistrale. Dati che fanno ancora più effetto scoprendo un inedito ritardo sull’inizio delle iscrizioni, un tempo fermo a 19 anni - appena concluse le superiori - per gli iscritti alla laurea di primo livello, e 22 per le iscrizioni alla magistrale, e oggi invece saliti.

Ma la velocità nell’arrivare alla conclusione del ciclo di studi mostra anche la quasi totale scomparsa degli eterni “fuori corso”, un tempo neanche troppo lontano calcolati nel 14,8% del totale: se nel 2010 si laureavano “in orario” il 39% degli universitari, dieci anni dopo si è passati al 58,4%. Visto ancora più in dettaglio significa il 64,3% dei magistrali biennali, il 57,7% dei laureati di primo livello e il 48,6% trai magistrali.

Non cambia di molto, al contrario, nel voto finale, che lo scorso anno si è assestato su una media di 103,2 su 110, con l’aumento più vistoso per i laureati nel triennio (100,1), 105,6 per i magistrali a ciclo unico e 108,0 per i magistrali biennali. A laurearsi di più, dice ancora il rapporto AlmaLaurea, sono le donne con il 58,7%, provenienti per lo più da liceo scientifico e classico (41,3 e 14,7%), ma soprattutto giovani con un background socio-culturale medio-alto che influenza il percorso di studi in base alla futura professione.

Visto nel complesso, il quadro universitario italiano attraversa un momento confortante, con un aumento di 14mila matricole nel biennio 2019/2020 che significa un deciso arresto dell’emorragia di iscrizioni perfino più visibile negli atenei al centro-sud.

Le note più dolenti arrivano dopo, con le possibilità occupazionali e l’ingresso nel complicato mondo del lavoro: il 69,2% dei laureati di primo livello e il 68,1 di coloro che completano la magistrale (soprattutto maschi) trova un’occupazione entro un anno dalla laurea, con una retribuzione mensile media compresa fra 1.469 e 1.556 euro. Dati che migliorano entro i cinque anni, con l’88,1% di occupati se si considera il periodo pre-pandemia: quella, come sempre, ha fatto da spartiacque con la chiusura di molte aziende, spingendo verso il 19,8% dei laureati di primo livello e il 37 di quelli di secondo verso lo smart working.
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