15 gennaio 2025

Come cambiano i costi del Bancomat nel 2025

La società, appena passata nella mani di un fondo, ha annunciato una rivoluzione delle tariffe, scatenando le ire di negozianti di consumatori

Autore: Germano Longo
Non è un segreto: all’UE e al fisco di ogni Paese i pagamenti cashless piacciono sempre di più. All’interno dell’Eurozona hanno ormai raggiunto il 48% del totale, lasciando il restante 52% al vecchio e caro contante. Far scomparire lentamente quest’ultimo, favorendo la crescita delle carte, significa poter tracciare con precisione ogni singolo pagamento, riducendo sempre di più lo spazio di manovra in cui sguazzano l’illecito e si annidano le truffe.

I dati dimostrano che la battaglia procede spedita: al 31 dicembre scorso, le carte Bancomat e PagoBancomat circolanti in Italia erano oltre 36 milioni, con 1,7 milioni di POS (Point of Sale) e 53,3 mila sportelli ATM da cui gli italiani hanno prelevato 840 milioni di volte, per un giro totale di pagamenti elettronici che ormai supera 1,3 miliardi di euro, il 50% in più rispetto a cinque anni fa.

Ma tutto ha un costo, è chiaro. Bancomat, la società per azioni proprietaria dell’omonimo circuito di pagamento, di cui gli operatori bancari sono azionisti, ha chiuso il 2023 con 52,5 milioni di ricavi e ha appena comunicato un nuovo aggiornamento del listino delle commissioni, rivedendone il modello.

Il nuovo prezziario, inviato nei giorni scorsi a banche e intermediari, diventerà operativo dal prossimo 1° luglio, scatenando polemiche per il timore che le tariffe di prelievi e pagamenti aumentino. Al momento, le commissioni del circuito per l’esercente incidono per lo 0,2-0,3% sul costo della transazione, comunque meno dell’1,2% delle carte di credito, ma l’impatto può diventare significativo per banche e intermediari che collegano un negoziante al circuito, consentendo di accettare pagamenti tramite POS. Considerando che in ballo ci sono miliardi di transazioni, bastano pochi decimali per fare una differenza enorme fra margini e ricavi. Il nodo cruciale, ancora avvolto nel mistero, sta nel capire se gli aumenti ricadranno sugli esercenti o se invece la società deciderà di sacrificare i propri margini, mantenendo inalterata la commissione.

Il listino, che arriverà insieme a una piccola rivoluzione del brand Bancomat e a breve distanza dagli accordi raggiunti con Apple Pay e Amazon, racchiude diverse novità, a cominciare da una che sicuramente farà discutere: differenziare il costo delle transazioni in base al bene acquistato. Un caffè al bar costerà meno dell’acquisto di un gioiello, un abito, una borsa o qualsiasi altro bene di lusso.

La rivoluzione accennata riguarda anche la scomparsa del logo PagoBancomat e l’ingresso nel capitale della società del fondo FSI, che, grazie all’acquisizione del 44%, supera due colossi come Intesa Sanpaolo e Unicredit.

Il fondo FSI, specializzato nella promozione delle eccellenze italiane con accesso al mercato dei capitali tramite private equity, ha spinto la società a dare il via a un sostanziale cambio nel modello industriale, passando da società di servizi per le banche azioniste a impresa che ora punta ad aumentare gli investimenti nell’innovazione e valuta una possibile espansione verso i mercati esteri.

Ma l’aumento del tariffario Bancomat non è l’unica brutta notizia che inaugura il nuovo anno: salgono anche i canoni per carte di credito, debito e prepagate.

Secondo un’indagine annuale dell’Osservatorio SOStariffe.it, anticipata da Plus24 del Sole 24 Ore, su 74 carte analizzate il costo del canone è salito, in alcuni casi arrivando a toccare il +58% rispetto al 2023.

Nel dettaglio, per le carte di credito la media del canone annuo è di 32,20 euro, ma con il conto abbinato la media generale sale a 38,21 euro.

Per le carte di debito, le più diffuse, i costi di emissione sono ridotti (0,77 euro di media) e il canone annuo è poco superiore ai 4 euro, ma considerando il conto corrente abbinato, il costo annuale raggiunge i 35 euro. Questo valore, secondo SOStariffe.it, è aumentato del 26% rispetto al 2023, a causa di quella che è definita una “tendenza di mercato”.

Infine, per le prepagate, il cui canone annuo medio è di 5,20 euro, si registrano variazioni rispetto al 2023 più contenute, pari a +8,7% su base generale.
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