Beh, dai, non lamentiamoci: in Europa siamo fra i migliori per il numero di colonnine di ricarica pubbliche. Ma in compenso, per quelle congiunture strane che mescolano un po’ a caso incentivi & obiettivi, restiamo uno dei Paesi europei dove le auto elettriche si vendono meno.
Partendo dal primo dato, al 30 giugno scorso, da nord a sud si contano ben 56.992 colonnine di ricarica, quasi il doppio rispetto a due anni fa, 12mila in più guardando all’anno precedente e 6.300 se il conto parte dall’inizio di quest’anno.
Vista nel dettaglio, la situazione – fotografata dal rapporto “Motus-E” – racconta che lungo i 7.318 km della rete autostradale il 41% delle aree di servizio sono dotate di nuove infrastrutture per la ricarica con 963 colonnine già in funzione, di cui l’85% veloci in corrente continua e il 62% che supera i 150 kW. A livello regionale la Lombardia batte tutti (10.902 punti di ricarica), seguita dal Piemonte (5.775), Lazio (5.641), Veneto (5.508) ed Emilia-Romagna (4.720). Una situazione che cambia calandosi nelle provincie, con Roma in cima alla classifica (4.451 punti di ricarica), tallonata da Milano (3.618), Napoli (2.839), Torino (2.641) e Brescia (1.681).
In realtà, la fotografia scattata dal report mostra un leggero rallentamento nella crescita delle infrastrutture, più che altro dovuto al fatto che gli operatori si stanno attrezzando alla sfida del Pnrr, con il nuovo bando lanciato a fine luglio dal Ministero dell’Ambiente e della sicurezza energetica per lo sviluppo delle infrastrutture nei centri urbani e su strade extraurbane. Obiettivi che non si limitano all’installazione di oltre 41.000 nuovi punti di ricarica ad alta e altissima potenza, ma puntano anche alla connessione con i distributori locali e l’attivazione entro fine 2025.
“Con questo secondo bando ci avviciniamo alla metà del percorso che prevede al 2030 un fabbisogno stimato in circa 110mila colonnine installate – commenta Fabio Pressi, presidente di Motus-E - le 18mila nuove stazioni previste, in aggiunta alle 3mila già aggiudicate con il primo bando Pnrr e alle oltre 40mila installate, rappresentano un’ulteriore tappa importante che ci porta verso la realizzazione, nel nostro Paese, di una capillare rete di infrastruttura di ricarica, requisito indispensabile per costruire una nuova mobilità nel segno di uno sviluppo sempre più sostenibile”.
A guastare un quadretto più che accettabile, come accennato, è il mercato dell’auto elettrica, che se da una parte mostra timidi segnali positivi, rappresentati da un mese di luglio che si è chiuso con un +4,7% di immatricolazioni, dall’altra non nasconde una forte contrazione delle vendite di veicoli elettrici puri (BEV) e plug-in hybrid, che si attestano rispettivamente al 3,4 e 3,9% del mercato totale. Un brusco risveglio dopo l’euforia degli incentivi che soltanto un mese prima, a giugno, aveva illuso il mercato.
Un sintomo fin troppo chiaro della necessità di ridisegnare gli ecobonus per spalmare lo stimolo alla domanda su periodi più lunghi. Lo dice a chiare lettere l’Unrae (Unione Nazionale Rappresentanti Autoveicoli Esteri), che ha chiesto al Governo la disponibilità di utilizzare i 240 milioni di euro rimanenti degli incentivi 2024, il ripristino di altri 250 milioni previsti per il prossimo anno, la definizione di un piano strategico triennale e la riforma della fiscalità per le auto aziendali.
Una debolezza che si fa sentire in tutta l’Europa, dove a giugno le auto elettriche rappresentavano il 14,4% del mercato, in calo rispetto al 15,1% dell’anno precedente. In compenso, gli ibridi-elettrici aumentano la quota di mercato passando dal 24,4 al 29,5%. “Cominciano a serpeggiare dubbi sul futuro dell’auto elettrica - interviene il presidente del Centro Studi Promotor, Gian Primo Quagliano - e appare quindi necessario e urgente che l'UE dica una parola chiara e definitiva sulla politica che intende condurre in materia di mobilità sostenibile”.