È un quadro a tinte fosche, quello che emerge dall’Osservatorio del Consiglio e della Fondazione Nazionale dei Commercialisti, secondo cui la pressione fiscale in Italia è cresciuta di 46 miliardi di euro nel giro di 10 anni, a fronte di un aumento del Pil di 2,8 miliardi di euro.
Neanche la pandemia, si legge sul documento, ha rallentato la stretta delle tasse che gravano sulle famiglie (a cominciare da Iperf e Imu), spingendone 333mila verso la povertà assoluta. Il 20% in più rispetto al 2019, l’ultimo anno senza la compagnia del virus, arrivato come il fiocco finale di un decennio di crisi economica dagli effetti devastanti.
“L’emergenza Covid-19 ha inciso profondamente sui redditi e sui consumi delle famiglie con effetti inattesi anche sulla pressione fiscale. A livello aggregato, le famiglie hanno contenuto il calo del reddito grazie agli ingenti aiuti pubblici ma questo non è stato sufficiente ad impedire l’aumento delle famiglie povere, mentre molte altre famiglie hanno sperimentato un incremento di ricchezza a causa, soprattutto, del crollo dei consumi imposto dal lockdown”.
È proprio la lunga scia della crisi economica ad aver depresso i guadagni, passati “ad un reddito medio che ha perso l’8,3% del suo valore nel periodo fra il 2003 e il 2018”, ma con il peso maggiore toccato al lavoro autonomo, che accusa “una perdita reale pari al 28,4%”.
“Nel dettaglio, mentre il Pil è calato del 7,8%, le entrate fiscali delle famiglie sono diminuite del 3,2%, mentre tutte le altre entrate fiscali si sono ridotte dell’8,7%. Di conseguenza, la pressione fiscale generale è salita, ma quella delle famiglie, costituita in massima parte dalle imposte dirette e dall’Imu, è aumentata in misura maggiore. Ad aver inciso in modo particolare su tale tendenza è stato il gettito erariale dell’Irpef che nel 2020 si è ridotto solo del 2,2%”.
Una perdita a cui non sono bastati gli aiuti statali, con una riduzione del reddito delle famiglia calato di 32 miliardi di euro, cifra che tradotta in consumi significa l’11% in meno. Per contro, registra l’osservatorio, il risparmio è aumentato raggiungendo l’88,3%, pari a 83,4 miliardi di euro. “L’analisi fa emergere il paradosso di un aumento della povertà e allo stesso tempo di un aumento del risparmio reso evidente anche dall’incremento dei depositi bancari delle famiglie unito ad un aumento della pressione fiscale.”
Fra gli effetti l’aumento ancora più marcato della forbice fra il Nord e il Sud del Paese, con una perdita secca per chi vive nel meridione di -478 euro al mese. “Il divario Nord-Sud è forte anche nella spesa media mensile dei consumi delle famiglie anche se, in questo caso, il Covid-19 ha giocato all’inverso. Colpendo maggiormente il Nord e riducendo, anche se solo leggermente, il gap. Nel 2020 la spesa mensile media di una famiglia meridionale è pari al 75,2% rispetto ad una che vive al Nord: 1.898 contro 2.525 euro”.
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