5 giugno 2024

Tari: in soli cinque anni è salita del 10%

Uno studio della UIL dimostra la crescita esponenziale, ma anche la grande diversità regionale legata alla tassa sui rifiuti. Rincari che pesano di più sulle famiglie meno abbienti

Autore: Germano Longo
“Abbiamo condotto uno studio sulla Tari che mette in luce un aumento del carico fiscale sulle famiglie italiane, a seguito di un incremento medio del 9,69% della Tari nell’ultimo quinquennio.

Ancora una volta sono le famiglie meno abbienti a sopportare un peso fiscale maggiore. È evidente che il sistema attuale non solo fallisce nel garantire equità e giustizia sociale, ma acuisce le diseguaglianze, creando disparità tra le diverse aree geografiche del Paese. Infatti, l'impatto della Tari sul bilancio familiare, nel 2022, è stato dello 0,64% nelle Regioni del Nord Est, ed è salito all’1,34% in quelle del Mezzogiorno. Un aumento non giustificato soprattutto per la carenza dei servizi resi, che in alcune grandi città risultano spesso inefficienti a causa delle limitate risorse disponibili”. Inizia con parole che dicono già tutto, il nuovo consueto studio realizzato dalla UIL e dedicato alla Tari, l’odiatissima tassa sulla raccolta dei rifiuti.

Un’impennata di costi che tra il 2018 ed il 2023 ha sfiorato mediamente il 10%, ma con le solite differenze geografiche frutto di un paradosso tutto italiano: dove la raccolta dei rifiuti funziona peggio, il costo è maggiore. E per di più, la Tari è destinata ad aumentare in modo significativo in tutti i Comuni dove, nel 2023, non è stata massa a punto la revisione del piano tariffario.

Passano gli anni, ma i motivi degli aumenti – bollati come “immotivati” dal Codacons - non cambiano: dall’inflazione che ha fatto lievitare i costi fissi alle conseguenze di guerre e costi dell’energia, per arrivare alla piaga numero uno, quella dell’evasione. Sono ancora troppo pochi gli italiani i 6 italiani su 10 che pagano regolarmente la Tari, lasciando circa il 40% dei Comuni senza alcuna possibilità di incassare 7,6 miliardi di euro praticamente persi.

L’analisi della UIL prende come esempio pratico i 331 euro pagati lo scorso anno – rispetto ai 302 del 2018 - da una famiglia tipo di quattro persone che risiede in un appartamento di 80 mq, con reddito Isee di 25mila euro. L’aumento, precisa la ricerca, “è stato più evidente nelle regioni del Sud, dove la spesa media è salita a 395 euro rispetto ai 363 del 2018. Nel Nord Est invece, l’importo medio è passato dai 248 euro del 2018 ai 272 del 2023. Nel Nord Ovest la media è di 287 euro, con un calo dell’1,23%, mentre al centro l’aumento del +3,2% ha portato la spesa a quota 347”.

Scendendo nel dettaglio, la tassa che ha lo scopo di sostenere economicamente il servizio territoriale di raccolta e smaltimento dei rifiuti, si fa più pesante a Pisa (545 euro in media), Brindisi (518), Genova (508), Latina (495) e Napoli (495), mentre risulta più bassa a Belluno (178 euro), Novara (183), Pordenone (185), Brescia e Ascoli (187).

Fra le grandi città primeggiano Bari (401 euro) e Cagliari (394), seguite da Torino e Firenze (334), e scendono anche se di poco a Palermo (323 euro), Roma (313), Milano (305) e Bologna (228). Considerando invece l’aumento medio nazionale dell’1,6% registrato nel 2023, a fare peggio sono state Rovigo (+ 61%) e Latina (+ 29%), seguite a distanza da Firenze (+ 14,7%) e Napoli (+ 11,8%). Confortante, per chi ci vive, la discesa del 24% registrata a Imperia, quella del 15,6% a Mantova e del 9,5% a Milano.

Lo studio si conclude con un interessante calcolo sull’incidenza della Tari sul reddito familiare medio, che nel Nord Est si aggira sullo 0,64% e nel Nord Ovest allo 0,74%, ma al Centro sale dello 0,9% e nel Mezzogiorno schizza deciso all’1,34%.

Sacrifici che, almeno, hanno un senso se si sposta l’obiettivo dal portafoglio all’ambiente. Secondo gli ultimi dati “Eurostat” disponibili, relativi al 2022, in tutta l’Europa i rifiuti urbani sono calati del 4% rispetto al 2021, anche se a fronte di un aumento pro capite del 10%. A fare peggio per quantità di rifiuti urbani prodotti sono gli austriaci, con 827 kg a persona all’anno, seguiti dai danesi (787) e lussemburghesi (720), mentre fra i Paesi virtuosi spiccano Romania (301 kg), Polonia (364) ed Estonia (373). L’Italia si assesta con un onorevole 495 kg pro capite, circa 20 in meno della media UE, e ancora meglio di noi fanno gli spagnoli, con 467 kg.
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