14 luglio 2021

Dieselgate, FCA sotto inchiesta in Francia

Il gruppo italo-americano è il quinto produttore di automobili ad essere indagato nell’ambito dello scandalo sulle emissioni dei motori diesel. In caso di condanna scatterebbero sanzioni pesantissime e diverse class action

Autore: Antonio Gigliotti
Secondo quanto dichiarato dall’agenzia “France-Presse”, l’ex gruppo FCA (Fiat Chrysler Automobiles) – oggi confluito nella holding “Stellantis” - è finito sotto inchiesta per un presunto coinvolgimento nell’infinito scandalo del “Dieselgate”. Dopo Volkswagen, Renault, Peugeot e Citroën, FCA diventa la quinta casa automobilistica ad essere perseguita nella vicenda sulla manipolazione dei controlli antinquinamento nei motori diesel, “per aver alterato le qualità sostanziali di un prodotto che comporta un pericolo per la salute pubblica”.

Ad annunciarlo sarebbe stato Alexis Gublin, legale del gruppo italiano, secondo cui il gruppo sarebbe citato anche come “témoin assisté” (testimone) per aver tentato di “ostacolare” l’indagine di un ispettore della “DGCCRF” (Direction générale de la Concurrence, de la Consommation et de la Répression des Fradues). Come da prassi per le leggi transalpine, FCA è tenuta a versare una cauzione di 150.000 euro e fornire una garanzia bancaria di altri 200.000.

“FCA Italia contesta i fatti di cui è accusata, crede fermamente che i veicoli in questione fossero conformi alle norme in vigore e si sforzerà di dimostrarlo - ha commentato l’avvocato Gublin - il gruppo ha finalmente la possibilità di presentare una difesa precisa ed esauriente contro i sospetti, ciò che finora non ha avuto la possibilità di contestare nel contesto di una procedura contraddittoria”.

Volkswagen, Renault, Citroen, Peugeot e FCA sono accusate di aver equipaggiato, a partire dal 2009 e per diversi anni, veicoli diesel con un software in grado di nascondere emissioni talvolta superiori 40 volte gli standard autorizzati.
In Francia, dopo cinque anni di indagini, le cause aprono la strada a un possibile processo, con il rischio di multe miliardarie per i produttori e di diverse class action lanciate dai proprietari dei veicoli.

“Questi rinvii a giudizio confermano i fatti gravi riscontrati nel 2015 - ha aggiunto François Lafforgue, avvocato delle associazioni “Ecology Without Borders” e “Respire”, che rappresenta anche un centinaio di automobilisti - mi auguro vivamente che sia fatta chiarezza e che proprietari di veicoli vittime dell’inganno possano vedere riconosciute le loro ragioni davanti ad un tribunale”.
 © Informati S.r.l. – Riproduzione Riservata
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