“Forse ci siamo sbagliati. Pensavamo che in questi ultimi 15 anni fossero state le banche a chiudere i rubinetti del credito alle aziende italiane, invece pare sia avvenuto l’esatto contrario. Sono gli imprenditori che avrebbero deciso di non rivolgersi più agli istituti di credito, risolvendo lo storico problema della mancanza di liquidità attraverso il ricorso all’autofinanziamento”.
È l’inizio, velato di sottile ironia, di una ricerca dell’Ufficio Studi della Cgia di Mestre, interamente dedicata a un curioso e recentissimo fenomeno che sta attraversando il mondo dell’imprenditoria italiana: la ritrosia sempre più marcata a rivolgersi a banche e istituti di credito in caso di difficoltà.
Stanche di sentirsi ripetere la storia della contrazione dei prestiti, numerose aziende hanno pensato di risolvere i problemi provando a immaginare percorsi più vicini alla propria realtà, come l’autofinanziamento, chiedendo uno sforzo a soci e imprenditori, o ancora seguendo la strada del mercato dei capitali e dell’azionariato.
“A sostegno di questa chiave di lettura segnaliamo anche la decisa diminuzione della domanda di credito avvenuta in questi anni da parte delle imprese, poiché, a seguito anche dei buoni risultati economici ottenuti – prosegue il documento della Cgia di Mestre – molte attività rimaste sul mercato hanno aumentato i risparmi e conseguentemente il loro utilizzo per far fronte alle spese correnti e agli investimenti”.
Un segnale di cambio di tendenza che, per quanto importante, al momento non ha ancora coinvolto l’universo delle microimprese, che, di fronte alla contrazione dei debiti e alle difficoltà nel ricorrere all’autofinanziamento, sono piombate nella zona grigia dell’economia, quella dell’insolvenza, facendo spesso ricorso al mercato illegale del credito, con tutte le conseguenze del caso.
Alla fine del 2011, quando è iniziata l’ormai celebre crisi dei debiti sovrani, i prestiti bancari alle imprese italiane oscillavano intorno ai 995 miliardi di euro, ma alla fine dello scorso anno la quota era scesa a 666 miliardi, con una riduzione di 329 miliardi, pari al -33%.
Nello stesso arco di tempo, tuttavia, i depositi bancari delle aziende sono aumentati da 219 a 519 miliardi, con un incremento di 300 miliardi, pari al +137%.
Sempre prendendo a riferimento il periodo tra il 2011 e il 2024, la maggiore contrazione dei prestiti alle imprese si è verificata nel Centro (-42,6%) e nel Sud (-42,4%).
“In termini assoluti, la riduzione più importante ha interessato il Sud, con un calo di 118,1 miliardi. A livello provinciale, le flessioni più significative si sono verificate a Siena (-59,1%), Savona (-58,9%), Siracusa (-56,8%), Novara (-53,8%) e Rovigo (-52,4%). Le uniche province che hanno registrato un incremento sono Trieste (+1,4%) e Bolzano (+1,5%). Il dato medio nazionale è stato del -34,9%”.
Sul fronte dei depositi, sempre negli anni analizzati, il Nord-Est è l’area che ha subito l'incremento più significativo (+178%), con Cremona diventata idealmente la provincia italiana con più depositi (+298,3%), seguita da Bolzano (+281,6%), Enna (+278,9%), Salerno (+270%) e Potenza (+257,7%).
L'unica provincia italiana in controtendenza sui risparmi è Siena, con un -20,1%.
“Secondo i dati della BCE, tra il 2011 e il 2023 (ultimo anno in cui i dati sono disponibili per un confronto europeo), non tutti i Paesi monitorati hanno subito una contrazione dei prestiti bancari alle imprese. Anzi. Il dato medio dell’Area dell’Euro è stato pari al +4,3% (+188,6 miliardi), con picchi positivi, tra i Paesi più importanti, del +61,4% in Francia e del +46% in Germania. In valore assoluto, l’esposizione degli istituti di credito verso le attività economiche è, rispetto all’Italia, più che doppia a Parigi e leggermente inferiore al doppio a Berlino. Tra le nazioni economicamente più rilevanti, solo la Spagna ha registrato una flessione superiore alla nostra. Se in Italia la riduzione è stata del -30,9%, a Madrid i prestiti sono scesi del -46,7%. In difficoltà anche le aziende dei Paesi Bassi, che hanno subito una riduzione dell’8,1%”, conclude la Cgia di Mestre.