8 luglio 2024

I commercialisti saltano la barricata: in centinaia passano all’Agenzia delle Entrate

L’abilitazione alla professione non era un requisito richiesto, ma l’esperienza maturata sul campo ha aiutato circa 400 professionisti a superare il concorso per funzionari dell’AdE. La ricerca del posto sicuro è anche un sintomo della crisi della professione

Autore: Germano Longo
“Io da grande voglio fare il posto fisso”: così raccontava un Checco Zalone bambino nelle prime scene di “Quo Vado”, film campione d’incassi nel 2015. Usando l’ironia, il comico pugliese svelava quella che per decenni è stata la più grande aspirazione di qualsiasi genitore italiano: vedere il proprio figlio/a entrare nella Pubblica Amministrazione, dove un posto di lavoro è come i diamanti. Per sempre.

Più o meno così, inizia un’inchiesta di “ItaliaOggi” che, scavando nei risultati del primo maxi concorso per funzionari dell’Agenzia delle Entrate dello scorso novembre, ha notato un numero notevole di dottori commercialisti ed esperti contabili fra i vincitori.

Si parla di circa 400 professionisti, il 10% dei 3970 posti messi a concorso, gente che ha scelto di abbandonare la carriera solista per saltare la barricata: quelli che una volta erano i “nemici” – si fa per dire – adesso diventano colleghi. “Si tratta di un segnale chiaro dei tempi che testimonia, se ancora ce ne fosse bisogno, la perdita di appeal della professione di commercialista soprattutto da parte dei soggetti più giovani o con meno anni di iscrizione”.

Anzi, a dirla tutta si tratta addirittura del sintomo di un ribaltamento delle priorità: mentre prima fuggire dalla Pubblica Amministrazione era il sogno proibito e un po’ “fantozziano”, ora l’oggetto del desiderio è diventato entrarci e fare pace con il proprio futuro, che probabilmente sarà un po’ meno romantico ma di sicuro più concreto, stabile e in grado di mettere la pace nella “life-balance”, la bilancia in cui da una parte trova posto la propria vita, fatta di famiglia e tempo libero, e dall’altra il lavoro.

Proprio in queste settimane, i vincitori del concorso sono impegnati nei colloqui di assunzione, ultimo passaggio prima dell’entrata in servizio negli uffici periferici, accompagnata dalla richiesta di cancellazione dall’ordine o quella di trasferimento all’elenco speciale.

Di per sé, ricorda il quotidiano, l’abilitazione alla professione di dottore commercialista non rappresentava un requisito richiesto dal concorso, ma è fuori dubbio che l’esperienza maturata sul campo si è rivelata un’arma in più, adesso pronta a diventare anche una dotazione supplementare per fare la propria parte di 007 del fisco lanciati contro l’evasione. Ma vale lo stesso discorso anche se visto dal lato opposto: lavorare per l’AdE significa accrescere la propria esperienza professionale imparando a dare del tu alle tante norme, procedure e regolamenti che rendono il fisco italiano una giungla inestricabile. La conoscenza fatta sul campo e le diverse esperienze messe da parte dagli ex professionisti potrebbero davvero fare la differenza rendendo ancora più efficaci e mirati i controlli fiscali, così come aiutare l’Agenzia a comprendere le difficoltà oggettive dei contribuenti, passando anche attraverso il contributo concreto per lo sviluppo di nuovi servizi.

Per i commercialisti ed esperti contabili che al contrario hanno deciso di resistere con la propria professione, la buona notizia è un probabile calo della concorrenza, ma dall’altra l’impegno di dover acquisire nuove competenze magari attraverso collaborazioni e sinergie con altri studi o colleghi con specializzazioni diverse.

I risultati del concorso, che promette scenari ancora tutti da esplorare, è in realtà la punta dell’iceberg di una professione in crisi, che dopo aver pagato il duro scotto di crisi economiche e pandemiche, si trova a dover fare i conti con un mercato del lavoro che ha cambiato pelle. Quello che accade a commercialisti ed esperti contabili è di per sé assai simile alla situazione che vivono molti ordini professionali, che di anno in anno registrano un’emorragia di iscrizioni non per mancanza di vocazioni, ma per penuria di occasioni di lavoro.

Secondo il Rapporto 2024, l’Albo dei dottori commercialisti ed esperti contabili ha segnato un nuovo calo degli iscritti al Registro dei praticanti tenuto dai 132 Ordini territoriali. Nel biennio 2022-2023, i praticanti sono diminuiti del 17%, scendendo a 11.522 rispetto al record del 2021, chiuso con 13.954 iscritti. Bei tempi.
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